L’errata Concezione dello Spazio cosmico dell’Astronomia moderna

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…e come contenuto nel pensiero comprensibilmente limitato che incarna nelle concezioni sulla natura della parallasse e dello spostamento verso il rosso


Introduzione 

Prima di passare al corpo principale di questo saggio, dovremmo considerare brevemente la natura del pensiero e dell’immaginazione. In questo pamphlet ci sono diversi commenti sul pensiero e sull’immaginazione, provenienti da diverse fonti, ma qui voglio indicare alcuni fatti fondamentali come base per il lavoro che verrà.

Il primo è che gli esseri umani pensano e che non esiste scienza senza l’attività del pensiero umano.

Il pensiero determina quali domande lo scienziato si pone, quali esperimenti conduce e , in ultima analisi, come vengono interpretati i dati forniti dagli esperimenti – cioè che significato ha questa attività scientifica . 

In questo saggio ci confrontiamo con il significato scientifico creato dal pensiero umano in relazione ad alcune porzioni considerevoli dei dati accumulati dal lavoro scientifico incentrato su questioni riguardanti il mondo stellare. In questo saggio ci chiediamo se ciò che la scienza pensa oggi del significato e del senso delle stelle sia ciò che dovremmo continuare a pensare, in futuro, o anche solo supporre oggi sia ancora una comprensione ragionevole.

Cristo benedice il grigio, di themikehoffman

Come scienziati tutte le possibilità devono essere prese in considerazione … qualsiasi cosa di meno è una frode … tuttavia, se avete paura del buio, o del mistero, allora forse questo posto non fa per voi, … ma se volete avventurarvi, e comunque essere scientifici: The Fermi Paradox Resolved (Il paradosso di Fermi risolto ) discute delle generalità, qui si entra nel vivo . Tenete presente che gli astronomi esistono da quando esistono gli occhi per vedere le stelle.

Nel processo di esame delle questioni di fondo, utilizzeremo una particolare capacità della mente, che potremmo chiamare immaginazione o capacità di formare immagini. Nel corso del pensiero ordinario creiamo ogni sorta di immagini mentali, e nel pensiero scientifico svolgiamo questa attività in direzioni piuttosto specifiche.

Alcune idee astronomiche, per esempio l’idea di parallasse, sono specificamente fondate nel pensiero per immagini connesso alla geometria euclidea. Anche se a volte usiamo carta e penna per elaborare i dettagli di questo pensiero geometrico per immagini, il fatto che non dovrebbe essere ignorato (ma spesso lo è) è che è la mente dell’essere umano a contribuire all’attività fondamentale da cui nascono le nostre moderne concezioni astronomiche. Infatti, la nostra interpretazione del significato dei dati astronomici è interamente il risultato di processi mentali, alcuni dei quali nascono espressamente nell’immaginazione.

Sì, osserviamo attentamente il mondo stellare con ogni tipo di strumento e usiamo anche molta matematica per interpretare questo materiale, ma non dobbiamo mai dimenticare la centralità del pensiero e dell’immaginazione nell’intero processo di indagine scientifica del mondo stellare

Se togliamo il pensiero e l’immaginazione, non c’è scienza dell’astronomia. Il perché di questa importanza si spera diventi più chiaro nel corso di questo saggio.

Corpo principale

 

Padre nostro che sei nei cieli

sono le prime parole del Padre Nostro, tradotte da Andy Gaus nel suo libro The Unvarnished Gospels. Inizio qui per sottolineare il fatto che gli abitanti dell’antica Palestina, al tempo dell’Incarnazione di Cristo, avevano una coscienza diversa dalla nostra. Quando guardavano il cielo, capivano (e gli veniva insegnato dai loro saggi anziani) che il cielo era la dimora del Mistero Divino. In effetti, essi comprendevano che l’intera creazione era animata dall’Essere e dalla Coscienza. Da allora, per gran parte dell’umanità è nata una concezione diversa dei cieli e della terra. Come è cambiata la concezione originaria e cosa possiamo imparare osservando attentamente la natura di questo cambiamento ?
Tutti sanno che se commettiamo anche un minimo errore nella mira dell’arco e della freccia, quando la freccia arriva alla fine del suo viaggio, non ci vuole molto per far sì che la freccia abbia mancato completamente il bersaglio. Gli esseri umani sono imperfetti e la scienza è l’attività degli esseri umani. Nel seguente saggio mi occuperò di ricerche e riflessioni chiaramente amatoriali* sui problemi della parallasse e dello spostamento verso il rosso, in quanto queste idee vengono utilizzate per crearci una concezione del mondo delle stelle.

Johannes Kepler pensava che stessimo rischiando di buttare via il bambino con l’acqua sporca,
nel nostro rifiuto totale dell’antica comprensione/conoscenza del mondo stellare.

il meglio dell’antica tradizione sul mondo stellare è qui:
Astrologia pratica del Conte Cde Saint-Germain
nessun altro libro sull’antica saggezza stellare riunisce in un unico sistema:
astrologia, tarocchi e numerologia – volete sapere perché?Studiate quel libro…

 

*Sebbene non sia un membro del sacerdozio della religione delle Scienze Naturali, so osservare con attenzione e pensare con obiettività; quindi, solo perché l’astronomia non è la mia professione, il lettore non dovrebbe automaticamente pensare di essere fuorviato. Il lettore dovrebbe, tuttavia, testare i temi delineati di seguito con il proprio attento pensiero per immagini. La tendenza del pensiero scientifico è stata quella di un’eccessiva analisi e di una scarsa sintesi, mentre il ritorno dell’attenzione all’immaginazione ci aiuterà a progredire in futuro verso un necessario equilibrio tra questi due gesti fondamentali del pensiero.

La domanda fondamentale è la seguente: l‘idea correntemente diffusa dello spazio cosmico è che si tratti essenzialmente di un’infinità tridimensionale – una scatola molto grande che, sebbene debba avere alcune proprietà insolite come contenitore, è comunque organizzata in modo tale che ovunque al suo interno ci si possa aspettare che le stesse regole della fisica che osserviamo in laboratorio sulla Terra, siano valide anche là fuori… un tempo in una galassia molto lontana. 

Questa concezione di spazio tridimensionale infinito è vera?

Consideriamo un esperimento di pensiero geometrico piuttosto semplice, che chiunque (matematico o meno) può fare.

Raffiguratevi l’immagine di una piccola sfera perfetta nella vostra mente.

Ha un centro e una periferia.  Questa è la natura della bolla nello spazio fisico, dove esiste la coscienza individualizzante. Una macchina non può scrivere queste cose, dato che solo un essere umano legge nelle parole ciò che facciamo… anche individualmente.
Siamo centri di coscienza puntiformi, che vagano in mari agitati… Siamo amore&magia, … o non <smorfia> … Sens8 – tutte le menti connesse – la scala migliore è quella locale, e la musica – la danza …


Si possono usare i termini raggio, circonferenza e diametro in riferimento a questa sfera, ma in realtà non hanno alcun significato preciso a meno che non si definisca una di queste caratteristiche dandole prima una misura esatta. Per esempio, se dicessimo che il raggio della nostra sfera mentale è di un metro, le regole ben comprese della geometria di una sfera perfetta ci darebbero il diametro e la circonferenza (oltre ad altre caratteristiche correlate, come il grado di arco della curvatura della superficie, l’area della superficie, ecc.


La geometria interna del centro e della periferia – la mia esperienza! Ogni oggetto, inerte o meno, ha certamente un’esistenza. Perché negare/pretendere che anche tutte le cose abbiano coscienza e volontà? Lo “smartphone” ci toglie la capacità di ricordare, salvando tutti i tipi di dati riducibili a codice.La lampada di Aladino, con un pizzico di radio da polso di Dick Tracy: acque pericolose, mentre ci borghesizziamo e pretendiamo che la roba… beh, uno strumento è buono solo quanto chi lo usa. I migliori strumenti sono realizzati a mano da zero e sottoposti a riti cerimoniali: tutto è sacro, anche l’inferno. 

Ogni oggetto, ogni superficie, ogni luogo in cui vediamo, la luce è con il buio, o non c’è colore…

Teniamo presente che non dobbiamo concepire questa sfera in termini di misura: essa può esistere nella nostra mente come una forma geometrica perfetta e senza misura.

Poi immaginiamo che la linea del raggio, dal centro della sfera alla periferia, aumenti. Anche in questo caso non dobbiamo misurarla, ma solo immaginare questa sfera immaginaria come qualcosa che cresce lentamente attraverso una linea del raggio che si allunga. La linea del raggio cresce. Man mano che questa linea cresce, crescono anche tutte le altre caratteristiche della sfera.

Potremmo anche causare mentalmente lo stesso effetto cambiando qualsiasi altra proprietà. Per esempio, se con il nostro pensiero-immagine facciamo aumentare l’area della superficie, cambiamo allo stesso tempo tutte le altre relazioni.


Torniamo ora all’aumento della linea del raggio. Con la vostra immaginazione immaginate l’intersezione tra la linea del raggio e la periferia della sfera. In questa intersezione c’è un grado di curvatura dell’arco della sfera. Possiamo notare, facendo questo esperimento mentale, che man mano che la linea del raggio cresce, la stretta della curvatura della superficie diminuisce.

Per aiutarci, immaginiamo che la linea del raggio diminuisca. La rimpiccioliamo e, così facendo, la curvatura della periferia della sfera diventa sempre più stretta, fino a quando la linea del raggio diventa zero. Quando la linea del raggio diventa zero abbiamo perso la sfera, che è scomparsa in un punto senza dimensioni.

Tuttavia, poiché stiamo lavorando senza alcuna necessità di misura, una sfera di raggio zero è semplicemente un punto. Una volta data una misura di qualsiasi entità alla linea di raggio di una sfera di raggio zero (un punto), la sfera ritorna. Una linea di raggio di un nanometro prende un punto e lo rende una sfera.

Vedendo questo chiaramente con la nostra immaginazione geometrica (che è abbastanza esatta e precisa, tra l’altro), ora facciamo l’opposto e completiamo l’esercizio precedente aumentando la linea del raggio fino a una lunghezza infinita. Invece di una linea di raggio pari a zero, ora è infinita. Cosa succede alla curvatura della sfera quando il raggio diventa infinitamente lungo? [Per una deliziosa discussione sull’infinito, si veda il libro di David Foster WallaceEverything and More: A Compact History of Infinity].

Ebbene, se seguiamo con attenzione la nostra immaginazione geometrica precisa ed esatta, potremo osservare lo svolgersi di questo processo: man mano che la linea di raggio aumenta di lunghezza, la curvatura originaria della superficie della sfera si riduce, finché nel momento in cui la linea di raggio è infinita non ci sarà più alcuna curvatura. La sfera è scomparsa e ha subito una metamorfosi in un piano. Se riflettiamo attentamente su quanto abbiamo imparato qui, vedremo che qualsiasi sfera di qualsiasi misura di linea di raggio è sempre una forma geometrica intermedia che sorge tra un punto a-dimensionale e un piano all’infinito.

Questo fatto è già noto nella profonda scienza matematica della geometria proiettiva, e noi stessi abbiamo scoperto quello che lì viene chiamato: il piano all’infinito. La sfera si trova quindi geometricamente tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, o tra il piano all’infinito e un punto geometrico (che non ha alcuna misura, a meno che non lo si metta in relazione con qualcos’altro). Un punto di per sé è solo questo – nient’altro. Non occupa alcuno spazio.

Allora qual è lo scopo di questo esercizio?

Se si ha la fortuna di trovare una copia di Projective Geometry [1]di Olive Whicher:Projective Geometry: Creative Polarities in Space and Time [Geometria proiettiva: Polarità creative nello spazio e nel tempo, NdT], si ha la possibilità di studiare questa meravigliosa geometria usando solo una matita, una riga e della carta (per alcune costruzioni è più facile usare fogli grandi) . La misura è stata eliminata e i creatori (o scopritori) di questa matematica descrivono che è tutta una geometria – intendendo con questo che ogni altra geometria è un caso speciale di geometria proiettiva. Anche Physical and Ethereal Spaces di George Adam.

[1] controllare le scuole Waldorf o altre istituzioni steineriane per trovare copie di questo libro, che spesso è tragicamente fuori catalogo

La difficoltà per gli scienziati della natura è stata quella di applicare questa geometria meravigliosamente simmetrica e priva di misure al mondo naturale. La scienza è radicata nella misura e, sebbene le idee di questa geometria siano riconosciute come significative, cosa potrebbero significare in un mondo che è già irrimediabilmente invischiato in una scienza che deve usare la misura per tutto?


Con questo indovinello sullo sfondo, esaminiamo ora la storia delle idee con cui l’antica visione dei cieli come dimora del Mistero divino è stata soppiantata da una visione in cui lo spazio è concepito come un contenitore tridimensionale quasi infinito, punteggiato da curvature causate dalla massa (le idee sulla gravità spazio-temporale seguite da Einstein, utilizzando la geometria di Reinmann – ancora una volta un caso speciale della più generale geometria proiettiva).

A Giordano Bruno, che fu bruciato sul rogo come eretico nel 1600, si attribuisce il merito di aver suggerito per primo l’idea che una stella potesse essere come il sole. Se la nostra storia fosse più accurata, perché ciò che oggi pensiamo del sole e il modo in cui egli pensava a tali questioni – era, tra le altre discipline, un metafisico profondamente riflessivo [2] – non è del tutto comprensibile se si crede che la sua idea, che una stella e il nostro sole fossero parenti, rispecchi in ogni caso le nostre concezioni moderne. Per Bruno, l’idea che una stella e il nostro sole fossero parenti, era un’idea completamente diversa da quella che abbiamo oggi. I dettagli di questa idea, tuttavia, sono un’altra cosa.

[2] La metafisica, contrariamente alle opinioni moderne secondo cui non è affatto una scienza, in realtà è sempre stata vista come il prodotto di una sintesi della propria comprensione totale. La fisica moderna nasce dalla scomposizione delle cose, dall’analisi. La metafisica ha sempre avuto il compito di fare delle parti di tutta la conoscenza umana un unico insieme. Per un buon esempio di pensiero moderno “integrale”, per quanto riguarda l’astrofisica, si legga The Sun di Georg Blattmann: The Ancient Mysteries and a New Physics [Il Sole: gli antichi misteri e la nuova fisica, NdT].

Bruno era in parte d’accordo con Copernico, e così in quegli anni le idee prodotte dai filosofi naturali (i nonni della scienza naturale) vennero a trovarsi in contrasto con i dogmi della Chiesa cattolica romana. Mentre l’epoca precedente di pensatori attenti (la Scolastica), avrebbe capito (attenendosi ad Aristotele) che c’era una differenza tra quantità e qualità, l’impulso scientifico che stava emergendo in quegli anni riteneva sempre più di potersi occupare solo di ciò che poteva essere contato o misurato – cioè le quantitàLe varie qualità categoriali della metafisica aristotelica vennero sempre meno prese in considerazione (anche se questo fu un processo a lungo termine e molti pensatori (Keplero e Faraday, per esempio) ritennero che questo fosse un errore di pensiero.

In ogni caso, l’astronomia pura si è lentamente liberata dalla metafisica legata all’astrologia e alle discipline affini, attraverso un processo in cui i problemi qualitativi sono stati lasciati da parte e tutto è stato sempre più radicato solo su ciò che si poteva contare (e misurare). Keplero, si è dimenticato, era un astrologo oltre che lo scopritore delle tre leggi fondamentali del moto planetario [3] . Non solo, ma Newton era un alchimista. Si tende a inquadrare la storia di questi pensatori come se pensassero come noi oggi, mentre chi legge davvero ciò che hanno scritto scopre che non è così. (Per un esame completo di questa storia della scienza trascurata, leggete Man or Matter [Uomo o materia, NdT], di Ernst Lehrs: Introduction to a Spiritual Understanding of Nature on the Basis of Goethe’s Method of Training Observation and Thought [Introduzione a una comprensione spirituale della natura sulla base del metodo di Goethe per addestrare l’osservazione e il pensiero, NdT]. Leggete anche Catching the Light: the entwined history of Light and Mind [Catturare la luce: la storia intrecciata di Luce e Mente, NdT] del fisico Arthur Zajonc.

[3] Keplero riteneva, ad esempio, che la sua formula e le sue idee sulla terza legge del moto planetario fossero una riscoperta dell’idea antica dell’armonia delle sfere.

Nel corso della sua maturazione, questo processo raggiunge una sorta di apice nel XIX secolo, e nel contesto di questo abbandono del problema delle qualità, e del fatto che tutte le teorie del mondo stellare si basano solo su ciò che può essere contato e misurato, nascono due idee importanti : la parallasse e il redshift [lo spostamento verso il rosso NdT]. Questi concetti non emergono da soli, quindi dobbiamo lavorarci con attenzione, tenendo sempre presente la loro dipendenza dalla sola misura.

L’idea del redshift, ad esempio, non viene da sé, perché si basa in realtà sulla spettroscopia. Questa scienza non si basa inizialmente sull’osservazione stellare, ma sul lavoro in laboratorio dove vari elementi fondamentali vengono combinati (bruciati) in modo da produrre “luce”. Questa “luce” viene misurata secondo le idee quantitative dell’ottica newtoniana, e così si ottengono le linee “spettrali” di elementi fondamentali come l’idrogeno.

Di conseguenza, i fenomeni di luce stellare, compresi quelli provenienti dal nostro sole, vengono utilizzati in modo tale che si presume che questa luce proveniente dalle stelle e dal nostro sole sia prodotta in quei luoghi da un processo di combustione simile nel tipo (ma non nel grado) a quello effettuato in laboratorio. Se la luce di una stella, o del nostro sole, ha una certa vibrazione (frequenza) matematicamente accurata, che è simile o essenzialmente simile alla linea dell’idrogeno ottenuta in laboratorio, questa frequenza luminosa viene vista come se ci mostrasse che in quella stella, o nel nostro sole, l’idrogeno viene bruciato, e che il processo di combustione emette quella particolare frequenza luminosa.

Questo è un fatto così importante (in realtà assunto come universale) che nel film Contact, la frequenza utilizzata per inviare il messaggio alla Terra dalla civiltà stellare immaginaria è la frequenza della luce dell’idrogeno moltiplicata per pi greco, cioè una costante materiale moltiplicata per una costante geometrica.

Tuttavia, c’era un problema con la frequenza della luce dell’idrogeno, ad esempio, dalle stelle. La frequenza della luce osservata nell’intervallo normale per l’idrogeno (che si presume essere una costante universale esatta) non è in realtà così esatta all’osservazione. Si è scoperto che le linee dell’idrogeno di varie stelle sono per così dire un po’ fuori centro, tanto che possono essere descritte (secondo i presupposti dell’astronomia fisica) come spostate verso il rosso o verso il blu. Il maggior numero di oggetti stellari sono spostati verso il rosso (solo pochissimi sono spostati verso il blu).

Secondo Newton, il colore è uno spettro di frequenze luminose, con un punto finale rosso, oltre il quale la luce diventa invisibile all’occhio, o un punto finale blu (in realtà violetto, ma la convenzione chiama quell’estremità dello spettro l’estremità blu), oltre il quale la luce diventa anch’essa invisibile all’occhio. Noi vediamo con i nostri occhi un normale spettro newtoniano a colori (così si presume) e ai margini di questo spettro visibile la luce non è più visibile, anche se può ancora essere osservata e misurata con gli strumenti (l’estremità rossa diventa infrarosso o calore, e l’estremità blu diventa ultravioletto, portando poi ad esempio ai raggi X). La lunghezza d’onda della frequenza all’estremità rossa è sempre più lunga (allungamento), e la lunghezza d’onda della frequenza all’estremità blu è sempre più corta (compattazione).

Sorgono queste domande: che cosa significa che la luce delle stelle non ci mostra esattamente la linea dell’idrogeno che abbiamo imparato a conoscere in laboratorio, e che cosa ne facciamo del fatto che questo spostamento verso il rosso (il tipo di spostamento dominante) varia di per sé? Alcuni oggetti stellari mostrano un piccolo redshift e altri un redshift piuttosto grande.

L’idea originale che domina il significato del fenomeno del redshift (allungamento) della frequenza della linea dell’idrogeno è stata raggiunta creando un’analogia tra le onde luminose e le onde sonore, nel 1842. Tutti conosciamo (o almeno sperimentiamo) il cosiddetto effetto Doppler: lo spostamento del suono di una tromba del treno quando si avvicina o si allontana da noi. Questo movimento di avvicinamento o allontanamento produce una variazione dell’intonazione (frequenza uditiva), anche se sappiamo che l’intonazione effettiva del clacson non cambia mai. La variazione dell’intonazione viene percepita a causa del movimento della sorgente del suono (che compatta o allunga la frequenza, così come viene percepita dall’orecchio, che è relativamente fermo).

Per analogia, si pensava che il redshift desse prova del movimento dell’oggetto lontano dall’osservatore sulla Terra. Comunque sia, la maggior parte degli oggetti stellari presentava questo fenomeno di redshift (in varia misura) e da questa analogia è nata l’idea che l’Universo si stia espandendo (che poi si suppone ci sia logicamente il BigBang – un’esplosione che crea un Universo in espansione). Sottolineo quest’ultimo aspetto per esortare il lettore a notare quanto siano intrecciate tutte le idee che abbiamo oggi sull’universo fisico, tanto che se, ad esempio, il redshift non significa davvero quello che pensiamo, allora questa idea dell’espansione dell’Universo perde uno dei suoi principali supporti. (Si veda il link alla fine del saggio per le attuali riflessioni su questo problema nell’astronomia convenzionale).

Il primo problema che si presentò dopo l’accettazione più o meno universale di questa teoria fu il riconoscimento che, sebbene la luce fosse superficialmente un fenomeno ondulatorio (un movimento che si propaga in un mezzo), simile al suono, l’analogia non reggeva davvero, per cui si pensò molto a come rivisitare il fenomeno del redshift e apprezzarlo meglio. Sfortunatamente, mentre molti scienziati ritengono che alcuni vecchi tipi di idee debbano essere abbandonati da qualsiasi punto di vista attuale, alcune idee non sembrano disposte ad essere abbandonate, così l’analogia Doppler rimane, anche se la fisica contemporanea a volte vede la luce sia come particella che come onda simultaneamente (a seconda di quali domande si pongono e di quali esperimenti si fanno).

Una delle teorie più recenti sul redshift (che si allontana dall’analogia Doppler) è che esso sia in parte una conseguenza della temperatura della stella. Un’altra ritiene che alcuni fenomeni di redshift riflettano l’influenza dei pozzi gravitazionali.

Lo sottolineo solo per suggerire che le teorie stesse sono in costante movimento (una sorta di moto browniano sociale tra menti diverse). Non mi interessa tanto la teoria attuale, perché ritengo che la risoluzione della questione fondamentale vada in tutt’altra direzione.

Lasciamo ora il redshift e passiamo all’idea di parallasse, che è nata storicamente qualche anno prima del redshift (1838, così si legge in rete).

L’idea di base della parallasse è che ci permette di misurare (ricordate quanto detto sopra a proposito della misura) la distanza di una stella (o di altri fenomeni stellari) dalla Terra. Fondamentalmente questo viene fatto trovando un angolo di osservazione, che può essere misurato sulla Terra, ed è reso possibile in gran parte dall’orbita della Terra intorno al Sole. Dato che non posso inserire qui un disegno (il lettore può andare in rete se lo desidera) cercherò di farlo a parole.

Posizionate sull’erba di un campo da calcio, nella vostra immaginazione, due pali. Un palo si trova al centro della linea di porta e l’altro al centro della linea delle 10 yard più vicina alla linea di porta. Ora scendete fino alla linea di porta all’altra estremità del campo e installate un transito (uno strumento per misurare l’angolo di variazione di una linea visiva). Muovete il transito da un lato all’altro del campo, fermandovi ogni metro, e osservate l’angolo di osservazione tra i due pali ottenuto osservandoli dal transito in movimento.

In questo modo cambia l’angolo che stiamo misurando, che è più ampio da un lato del campo e poi si contrae, fino a quando non ci troviamo proprio di fronte ai due poli (in questo caso il polo vicino occulta l’altro, o gli sta di fronte), e poi l’angolo si espande di nuovo quando ci spostiamo verso il lato opposto del campo.

Immaginiamo ora che una simile attività abbia luogo rispetto ai fenomeni luminosi degli oggetti stellari. Il transito è in realtà la terra, che si muove costantemente, cambiando l'”angolo” di osservazione rispetto agli oggetti lontani. Mentre questo transito terrestre si muove, alcuni degli oggetti lontani sembrano occultarsi a vicenda, come se uno fosse davanti e l’altro dietro.

Tuttavia, poiché questi oggetti sono così lontani (apparentemente), gli angoli misurati sono molto molto piccoli (piccole frazioni di secondo di grado d’arco). Uno scrittore ha suggerito che se si prende un quarto di dollaro e lo si guarda da una distanza di tre miglia, misurando l’angolo tra un’osservazione di transito di un lato del quarto di dollaro e poi dell’altro lato – questa immagine suggerisce quanto piccolo sia l’angolo effettivamente misurato con questo metodo (parallasse) rispetto alla stella più vicina alla Terra (per le stelle ritenute più lontane, l'”angolo” è progressivamente più piccolo).

Utilizzando questi dati (le misure degli angoli e la conoscenza del diametro dell’orbita terrestre) possiamo usare le regole di base della geometria euclidea per determinare la lunghezza dei lati del triangolo risultante. Queste informazioni (insieme ad un paio di altre idee geometriche radicate nella misura) danno poi quella che riteniamo essere la distanza dell’oggetto stellare dalla Terra.

Ora, poiché si ritiene che il redshift ci dica che la maggior parte degli oggetti stellari si sta allontanando da noi, queste distanze cambiano nel tempo, il che sembra darci una sorta di conferma della parallasse. Il problema è che alcune di queste osservazioni sono entrate in conflitto (un’incongruenza tra redshift e parallasse). Una delle più evidenti è stata scoperta dall’astronomo Hal Arp, che per un certo periodo si è trovato a essere visto come un eretico dai suoi colleghi ed è stato temporaneamente bandito (non poteva ottenere il tempo al telescopio per continuare la sua ricerca (si veda il suo libro,  Quasars, Redshifts, and Controversies  [Quasar, Redshift e controversie, NdT].

In sostanza, ciò che osservò (utilizzando idee e metodi astronomici convenzionali) fu che i Quasar (oggetti quasi-stellari), pur avendo un redshift molto elevato (che suggeriva che stessero viaggiando molto velocemente lontano da noi, e poiché si pensava che lo stessero facendo da tempo – non si ipotizzava alcun cambiamento nel tasso di velocità e/o accelerazione – si pensava anche che fossero piuttosto lontani, mentre la misurazione della parallasse sembrava implicare che fossero molto più vicini. I quasar sembravano occultare (mettersi davanti a) oggetti stellari molto più lenti (meno spostati in rosso). I due fenomeni non potevano essere conciliati. I quasar erano vicini o lontani?

Non entrerò nel merito di quali siano stati gli aggiustamenti convenzionali apportati (è tutto molto complicato, e a mio avviso inutilmente) per preservare l’insieme delle idee di base dell’astronomia moderna, ma possiamo (a ragion veduta) semplicemente andare oltre queste idee. Perché?

Perché fondamentalmente il problema è dovuto al fatto che i fenomeni di redshift e parallasse sono organizzati in accordo con la geometria euclidea e con la necessità della scienza di misurare. In effetti, in ogni momento dello sviluppo di queste idee (attraverso il pensiero e l’immaginazione scientifica), abbiamo esportato nello Spazio Cosmico quelle concezioni che erano vere qui al centro (la Terra), e inoltre abbiamo assunto [4] che queste condizioni fossero una costante invariabile.


[4] Non c’è alcuna prova empirica di ciò – è teorica al 95%

In sostanza, esportiamo dalla nostra realtà terrestre il concetto di spazio euclideo tridimensionale verso i luoghi apparentemente più lontani del mondo stellare, ma allo stesso tempo non abbiamo modo di testare l’insieme di assunzioni che stanno alla base dell’attività di esportazione di tale idea. Non possiamo allontanarci da un lato del contenitore in cui si trovano tutte le stelle, e misurare da un altro quarto se effettivamente la distanza che la formulazione della parallasse ci fornisce è corretta.

Per fare un altro esempio, troviamo la linea di frequenza dell’idrogeno con un esperimento di laboratorio qui sulla superficie della Terra, e poi supponiamo che nulla della fisica cambi a distanze cosmiche, e che l’universo obbedisca alle stesse leggi là fuori che qui. Sotto l’influenza di queste ipotesi esportiamo la nostra immagine terrestre agli spazi cosmici, cosa che non è davvero giustificata se la scienza vuole rimanere propriamente empirica.

Tutte le nostre osservazioni sono fatte sulla Terra o dallo spazio vicino alla Terra. In realtà è solo nella nostra mente che ci spingiamo verso lo spazio cosmico. Se è così, allora dobbiamo stare molto attenti a come facciamo crescere un pensiero dall’altro. È chiaro che se c’è un errore nel pensiero (ricordate l’analogia della freccia verso il bersaglio all’inizio di questo saggio), più la nostra immaginazione, l’immagine del significato dei dati che raccogliamo qui va lontano nello spazio, più un piccolo errore nel nostro pensiero produrrà un errore abbastanza grande nella nostra comprensione della verità.

Sebbene siano stati commessi molti piccoli errori (come le ipotesi osservate sulla linea dell’idrogeno), c’è un’unica idea che, per così dire, salva la situazione. Accantoniamo la geometria euclidea e la sostituiamo con la geometria proiettiva, la geometria fondamentale di cui tutte le altre geometrie (compresa quella euclidea) sono un caso speciale. Cerchiamo poi di applicare questa geometria all’aspetto della creazione di immagini del nostro pensiero, perché in fondo è l’immagine che ci facciamo dello spazio cosmico che è importante. È la mente che viaggia nello spazio cosmico, cavalcando le idee che abbiamo creato dai dati osservati solo empiricamente qui. Noi, che viviamo oggi, abbiamo percorso un lungo cammino storico di un tipo di immagine creata dalla mente, e ora è forse giunto il momento di decostruirla e creare qualcosa di nuovo.

Ricordiamo innanzitutto l’immagine più vecchia (o attuale), ovvero quella di un vuoto tridimensionale, pieno di stelle simili al nostro sole, alcune circondate da pianeti come il nostro pianeta. È un’immagine potente. La fantascienza, i libri e i film, raccontano storie di ogni tipo. Se si suggerisse che questo potrebbe non essere corretto, la maggior parte delle persone penserebbe che si è pazzi.

Torniamo ora al nostro lavoro precedente in cui abbiamo espanso la linea del raggio della sfera all’infinito e abbiamo osservato come la sfera diventi un piano all’infinito (o l’inverso, dove se contraiamo la linea del raggio la sfera scompare in un punto senza dimensioni). Tenete anche presente che la forma geometrica non cambia mai la sua natura di base – si trasformasolo ai diversi estremi (l’aspetto del raggio infinitamente grande e quello infinitamente piccolo).

Molte persone dovrebbero avere qualche problema in questo senso, perché concepiscono l’infinito come qualcosa di molto più grande, ad esempio, dei multipli anni luce che abbiamo applicato alla distanza tra la Terra e gli oggetti stellari. A questo proposito, osserviamo alcuni fatti apparenti finora sviluppati con la vecchia metodologia.

Per esempio, la cosiddetta stella più vicina, Proxima Centuri, si pensa che sia a 4,2 anni luce di distanza (il suo grado d’arco in parallasse è di 0,77233 secondi d’arco – che tra l’altro è il grado d’arco più grande usando le misure di parallasse, perché ogni oggetto più distante avrà un grado d’arco minore). 4,2 anni luce (questo è un calcolo amatoriale) corrispondono a 24 miliardi di miglia (cioè 24.000.000.000, o 24 miliardi di milioni). Gli oggetti più lontani sono multipli di questa distanza. Torneremo su questo punto più avanti.

Ricordiamo che abbiamo esportato nello spazio cosmico un’idea che non possiamo verificare empiricamente. La scienza, legata all’idea del conteggio e della misura, ha esportato nello spazio cosmico una misura (enormi distanze di anni luce) che non può essere verificata con nessun altro mezzo. Di conseguenza, abbiamo ragione a mettere in discussione questa esportazione di misura per verificare se si tratta di un pensiero adeguatamente rigoroso. Poiché non possiamo verificare empiricamente la misura ipotizzata, ci resta la precisa necessità di sottoporre ancora più attentamente e rigorosamente questa idea alle prove della logica.

Se al centro della nostra sfera infinitamente piccola, il punto, non c’è spazio effettivo, una volta creata una qualsiasi misura di distanza del raggio (un nanometro, per esempio), abbiamo ora uno spazio tridimensionale, allora cosa succede al raggio infinito, quando la sfera scompare e diventa il piano all’infinito? Questa transizione è così apparentemente improvvisa come quella dal punto alla sfera molto molto piccola? [Ancora una volta, per una deliziosa discussione sull'”infinito” si veda: Everything and More: A Compact History of Infinity [Tutto e di più: Una storia compatta dell’infinito, NdT] di David Foster Wallace].

Se ci pensiamo bene, noteremo (usando la nostra immaginazione geometrica) che anche il passaggio al molto molto piccolo non è improvviso. C’è molto lavoro su questi temi in matematica, e si può cercare su Google partendo dai paradossi di Zenone. In ogni caso, all’estremità infinitamente piccola della transizione, dalla sfera al punto, il processo stesso è di natura sempre più piccola, mentre la transizione dalla sfera molto grande al piano all’infinito deve, in virtù delle leggi di simmetria comuni alla geometria proiettiva, essere di natura sempre più grande. Teniamo presente che qui stiamo pensando al processo di trasformazione, da uno stato o forma geometrica a un altro stato o forma.

Il piano all’infinito non appare all’improvviso, ma man mano che ci avviciniamo ad esso la natura dello spazio tridimensionale subisce una lenta metamorfosi. Lo spazio tridimensionale sta diventando simile al piano nella sua natura fondamentale, ma non all’improvviso. Lo spazio stesso sta cambiando e le regole della fisica applicabili a una sfera puramente tridimensionale (le condizioni della Terra) non saranno più valide, a queste distanze estremamente grandi.

Che cosa sono allora le misure immaginarie di enormi anni luce (come i 78 miliardi di anni luce ipotizzati per il diametro dell’universo visibile – si pensa che esista un universo più grande che non riusciamo ancora a vedere nemmeno con i nostri strumenti)? Sono semplicemente una fantasia o un mito, nato nelle ipotesi dell’immaginazione scientifica. Poiché non possiamo concepire nulla come conoscibile scientificamente, senza misurare e contare, attualmente non siamo nemmeno in grado di concepire l’universo senza misura. Anche in questo caso, si tratta di una supposizione che fa sì che la freccia manchi il bersaglio. La domanda da porsi è quindi se i limiti attuali della nostra immaginazione e del nostro pensiero riflettano i limiti effettivi della realtà. Confinati per un certo periodo nella scatola limitata della Geometria Euclidea, siamo sul punto di trascendere questi limiti applicando la più universale Geometria Proiettiva.

Questo non dovrebbe sorprendere nessuno, perché sappiamo già che nella fisica delle particelle, dove la transizione dello spazio dotato di materia diventa infinitamente piccola (ricordate la sfera che collassa nel punto – che ci ha portato a tutti i paradossi della fisica quantistica), le condizioni sono suggestive di tutti i tipi di alterazioni delle regole osservate a una scala più (relativamente) macro della materia. A dimensioni molto piccole, le regole della fisica cambiano, quindi perché dovremmo essere sorpresi che a dimensioni molto grandi, anche le regole della fisica cambieranno.

Infatti, nel bellissimo film Mindwalk, il personaggio del fisico descrive la materia come un enorme vuoto, punteggiato da punti geometrici, dove si intersecano campi di forza. In effetti, non c’è nulla in termini di sostanza (o di ciò che chiamiamo materia), ma questo organismo di intersezioni di campi di forza in vari tipi di punti geometrici puri (nessuno spazio). Non c’è spazio alla periferia infinita e non c’è spazio nel punto infinitesimale. In mezzo, la sfera geometrica perfetta fa da mediatrice tra il più grande e il più piccolo.

Riflettete su questo: come il punto diventa una sfera e tuttavia rimane se stesso. Avete compreso come la sfera infinita possa essere solo un punto, e poi tornare, perché allora l’Infinito risplenderà per voi nel finito?
(Rudolf Steiner)
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Se questo è vero, allora, man mano che lo spazio macrocosmico diventa più simile al piano e meno alle normali condizioni fisiche della Terra, dovremmo essere in grado di osservare fenomeni (proprio come avviene nelle piccolissime dimensioni rivelate dagli esperimenti quantistici) che ci rivelano che questa condizione dello spazio stesso è cambiata. Lo spazio, non essendo più tridimensionale nel piano all’infinito, deve diventare qualcos’altro.

Prima di credere che si tratti di una cattiva idea, ricordiamo che ci hanno già insegnato i cosiddetti pozzi gravitazionali (soprattutto in prossimità di oggetti come il nostro Sole). Molti di noi hanno visto immagini, in TV o in una pagina di una rivista, che suggeriscono che in prossimità di un oggetto massiccio, lo spazio stesso è distorto. La luce, ci viene detto, viaggiando in prossimità di questo stato immaginario di pozzo gravitazionale, non può viaggiare in linea retta. Si pensa che ciò sia stato dimostrato dalle previsioni di Einstein sulla luce proveniente da Mercurio mentre passa verso di noi dall’altra parte del Sole (quando l’orbita di Mercurio lo fa nascondere (occultare) dietro il Sole). Usando la geometria di Reinmann (un caso speciale di geometria proiettiva) Einstein è stato in grado di calcolare esattamente l’entità della curvatura della luce da parte del pozzo gravitazionale del nostro Sole.

Poiché sappiamo già come immaginare uno spazio vicino distorto intorno a un oggetto massiccio come il nostro Sole (ricordiamo che Bruno pensava che il nostro Sole e le stelle fossero di natura simile), non è un salto troppo grande immaginare uno spazio completamente trasformato nel passaggio dalla sfera molto grande al piano dell’infinito. In un certo senso, l’immagine dei pozzi gravitazionali è già una trasformazione della nostra idea di spazio, anche se non arriva a liberarsi completamente dalla necessità di misurare. Quello che suggerisco è di portare la nostra facoltà di immaginazione spaziale fino in fondo, e di mettere in gioco anche la stessa geometria proiettiva come descrittiva del mondo naturale.


Si tenga presente che nell’attuale astronomia teorica, gli scienziati non sono in grado di spiegare il moto stellare senza aggiungere alle loro ipotesi sulla massa totale visibile degli oggetti stellari, una massa 9 volte superiore sotto forma della cosiddetta Materia Oscura. Le stime della massa totale degli oggetti visibili non possono spiegare il moto stellare apparente (usando le idee convenzionali), quindi, per salvare la teoria, è stata inventata la massa invisibile – la Materia Oscura.

Ma questa invenzione non è necessaria se usiamo la geometria proiettiva invece di quella euclidea, che ovviamente è esattamente ciò che le nostre osservazioni della luce e di altri fenomeni del mondo stellare possono dirci se le lasciamo fare. Una volta superata la geometria euclidea unilaterale precedentemente applicata alla parallasse e sostituita con i principi della geometria proiettiva, allora tutti i problemi anomali del redshift e altri problemi incentrati sulla massa sono risolti.

La ragione per cui la linea dell’idrogeno degli oggetti stellari è diversa è che (la luce) ha origine in un tipo di spazio che è a sua volta diverso). Una stella non è un sole (a meno che non cambiamo la nostra idea di spazio vicino al sole – tornando a Bruno, il che è del tutto giustificato, ma è tutto un altro problema). Gli oggetti stellari con grandi caratteristiche di redshift (come i Quasar) sono più profondi (una scelta di parole al momento inadeguata, perché implica una continuazione delle tre dimensioni) all’interno dello spazio piano trasformato. In effetti, se facciamo un quadro solo dei fenomeni di redshift (trascurando la parallasse euclidea) di per sé (e degli altri fatti astronomici correlati di radiazione stellare e fenomeni di massa), emerge un nuovo tipo di quadro.

Pensate per un attimo a tutte le immagini del mondo stellare che ci sono state regalate dal telescopio Hubble. Tutti le hanno viste: colori ricchi, ma non empirici [vedi “Come fanno le immagini spaziali a essere così belle – naturalmente con Photoshop“]. Forme e forme meravigliose. Basta osservare le caratteristiche del redshift per farsi un’idea di un oggetto straordinariamente attivo: non è statico o fermo rispetto alla Terra, ma dinamico. Il suo rapporto con gli altri oggetti stellari è più fisso (forse musicalmente armonioso, perché c’è una danza di tali oggetti – compreso il nostro sistema solare – tutti basati sulla forma geometrica proiettata del vortice [5], ma i fenomeni luminosi, che i nostri strumenti osservano, suggeriscono (dal momento che osserviamo questa variazione di redshift, stelle a raggi X ecc.) che gli oggetti stellari hanno proprietà dinamiche. I vari tipi di radiazione, che si riversano verso la Terra dalla periferia cosmica, non sono costanti, ma piuttosto sempre mutevoli e dinamici.

[5] Un vortice è, in termini di geometria proiettiva, una forma dinamica, cioè è, nella sua natura, in movimento. Una nube a imbuto di un tornado è un vortice, e vediamo un vortice ogni volta che tiriamo lo sciacquone del bagno. Un vortice è anche un parente del cono di luce, che è il modo in cui pensiamo a ciò che fa la luce quando entra nell’occhio attraverso la lente. Questi coni di luce sono ben descritti in tutte le loro proprietà geometriche dalle regole della geometria proiettiva; e un vortice è semplicemente una forma dinamica (in movimento) simile a un cono in natura] [Guarda la sorprendente arte visiva di DjSadhu]

Molti oggetti stellari hanno immagini estremamente emozionanti (le stelle di raggi X e di neutroni, per esempio). Tenete presente che queste immagini sono create da un pensiero che ha eliminato tutte le qualità, rimanendo solo nelle quantità. Per apprezzare meglio questo aspetto facciamo una piccola analogia.

Consideriamo un giardino di fiori in piena fioritura di fine estate: colori vivaci, molta vita di insetti e uccelli che danzano e giocano, e una crescita quasi violenta (la velocità di crescita di un fiore del sole, che raggiunge un’altezza di 12-14 piedi in tre mesi). Naturalmente, per il giardiniere non ha senso ignorare il modo in cui un tale giardino ci fa sentire (le sue qualità), ma se il pensiero astronomico venisse applicato a un giardino di fiori, tutto ciò scomparirebbe. Ci ritroveremmo con un mucchio di numeri (quanti, di quali tipi, con quale frequenza di luce erano i colori, qual era la velocità di crescita ecc. ecc. ecc.). La nostra reale esperienza del giardino viene spazzata via dal processo di limitare il nostro pensiero solo al quantitativo.

Ora pensate (se riuscite a ricordarvelo) a una volta in cui eravate immersi nella natura, lontano dalle luci della città, e vi siete sdraiati supini in un prato a guardare il cielo notturno a mezzanotte. Migliaia e migliaia di stelle, e la vostra mente naturalmente vedeva modelli dappertutto. Inoltre, proviamo soggezione. La notte stellata tocca qualcosa di profondo dentro di noi, che può solo rispondere con meraviglia e stupore. Lo dimentichiamo vivendo nelle nostre città, e abbiamo dimenticato (e stiamo perdendo) anche la possibilità di avere una tale vista, perché l’atmosfera stessa sta diventando così inquinata che sempre meno luce stellare la attraversa fino al nostro occhio [Per una discussione più attenta della natura della coscienza per quanto riguarda qualità e quantità, vai qui: “Io non sono il mio cervello; la mappa non è il territorio”.

Quello che pensiamo – la nostra immagine mentale – formatasi con le moderne idee astronomiche, è che questo vuoto infinito sia pieno di oggetti come il nostro pianeta e il nostro sistema solare. Ma ora stiamo scoprendo in questo saggio la possibilità che lo spazio profondo non sia affatto tridimensionale. Lo spazio cosmico è un piano periferico di luce, vivo con processi dinamici che creano cosa? Che cos’è questo nuovo tipo di spazio – il piano all’infinito – da cui la luce stellare si riversa sulla Terra, per poi essere catturata dai nostri processi fotografici? La luce del mondo stellare è dinamica, e quando realizziamo un’immagine (Hubble fissa certe regioni dello spazio per 10 o 11 giorni alla volta), abbiamo eliminato quel dinamismo, rendendo l’immagine statica o fissa.

Il libro citato in precedenza, Catching the Light: the entwined history of light and mind, si sofferma in modo molto dettagliato e storico. Tenendo presente la nostra idea di geometria proiettiva, potremmo fare una relazione tra la sfera che è collassata in un punto e quelli che oggi sono chiamati quanti di luce o fotoni. Come già detto, questi quanti mostrano tutti i tipi di proprietà che normalmente gli oggetti spaziali (in senso tridimensionale) non hanno.

Per esempio, il mondo che vediamo degli alberi e delle nuvole non rivela il micro-mondo dei quanti di luce e delle altre tante strane particelle conosciute dalla moderna fisica delle alte energie. Anche lo scienziato non vede molto di tutto questo, se non con i suoi strumenti e con i poteri di creazione di immagini della sua mente.

Potremmo dire (dal nostro punto di vista più ingenuo – che ha una validità particolare) che è come se i quanti di luce fossero usciti dal tempo e dallo spazio (questo è un modo di vedere ciò che gli esperimenti con la luce ci mostrano oggi attraverso la fisica quantistica). Per aiutarvi, permettetemi di aggiungere un’altra idea dalla geometria proiettiva.

Nella geometria euclidea conosciamo questa regola generale: le rette parallele non si incontrano mai. Nella geometria proiettiva (di cui, ricordiamo, la geometria euclidea è un caso speciale) le rette parallele si incontrano all’infinito. Per apprezzarlo meglio dobbiamo esercitare un’altra immaginazione, perché con il nostro pensiero per immagini possiamo seguire abbastanza facilmente nel pensiero il meraviglioso paradosso qui espresso.

Immaginate due linee parallele (posso farlo qui):

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Immaginiamo ora la linea superiore, al centro della quale si trova un punto, che ruota intorno a quel punto. Immaginiamo, ad esempio, la linea superiore che attraversa la linea inferiore con un angolo di circa 45 gradi verso il lato sinistro della pagina. Man mano che ruotiamo questa linea più a sinistra, l’angolo di attraversamento diventa sempre più piccolo, finché all’infinito non attraversa più la linea. Tuttavia, se continuiamo a ruotare la linea nello stesso senso di rotazione, non appena si spinge alla minima distanza possibile, la linea superiore inizia a incrociare la linea inferiore alla massima distanza a destra.

Se abbiniamo questa idea al nostro apprezzamento del piano all’infinito, possiamo con la nostra immaginazione geometrica sentire (immaginarlo è difficile, ma logicamente possiamo sentire che è giusto – e tutte queste idee sono state dimostrate da coloro che lavorano con le regole della geometria proiettiva usando formule e calcoli di tipo algebrico) che queste due linee, che potrebbero essere viste come linee parallele contenute in una sfera, all’infinito arriveranno allo stesso punto sul piano all’infinito, perché, come abbiamo visto prima, quando la linea di raggio della sfera è infinita, non è più uno spazio tridimensionale. La sfera arrotondata è diventata un piano, un piano onnicomprensivo a dire il vero, che circonda dalla periferia infinita (l’universo invisibile immaginato dai cosmologi) tutto ciò che un tempo era interno. La qualità geometrica circostante rimane, ma poiché lo spazio stesso si trasforma, si compie una sorta di miracolo paradossale.

Viaggiare all’infinito in una direzione (in termini di natura sferica tridimensionale dello spazio ordinario) significa tornare dalla direzione opposta, perché una volta all’interno del piano all’infinito, la linea che intersecava l’arco sempre più piatto della sfera è ora contemporaneamente un punto che si trova ovunque. Il punto, al centro senza dimensione, si espande, diventando prima una sfera senza misura crescente, fino a diventare infine un piano. La nostra immaginazione geometrica non deve mai abbandonare il percorso logico e corretto del pensiero geometrico. Ancora una volta:

Riflettete: come il punto diventa una sfera e tuttavia rimane se stesso. Avete compreso come la sfera infinita possa essere solo un punto, e poi tornare, perché allora l’Infinito risplenderà per voi nel finito?” (Rudolf Steiner).

Se poi ci rendiamo conto che il cielo notturno è il piano all’infinito e che la misura esportata dalla nostra prospettiva terrestre non è valida là fuori, nello spazio cosmico, allora i quanti di luce, che esistono al di fuori del tempo e dello spazio, si irradiano verso di noi da questa periferia cosmica, diventando vincolati allo spazio solo quando si trovano nello spazio tridimensionale. Alla periferia, i quanti di luce non sono limitati dalla cosiddetta velocità della luce, ma sono ovunque allo stesso tempo, ma in qualche modo differenziati, perché è questo che vediamo, non solo con l’occhio, ma anche con tutti i nostri strumenti. Questa violazione della precedente idea limitante della velocità della luce è stata ora smentita da alcuni esperimenti di fisica quantistica (Google: Alain Aspect 1982).

La luce viene verso di noi dalla realtà stellare. Se questa realtà non è spaziale nel senso che abbiamo ipotizzato in precedenza (radicata in corpi tridimensionali basati sulla materia come soli e pianeti), allora cos’è? Cosa può esistere nello spazio di transizione tra una vera sfera tridimensionale e il piano puro all’infinito? Se là fuori non c’è uno spazio vuoto in cui sorge la materia tridimensionale, che cosa esiste in quello spazio che, come l’infinitamente piccolo, non si lascia conformare dalle leggi fisiche terrestri?

Queste sono le domande che si devono affrontare se applichiamo la geometria proiettiva alla relazione tra il nostro centro terrestre e il piano periferico all’infinito. Se guardiamo ai fenomeni stellari, come il redshift, allora che significato si può attribuire a quel tipo di esistenza che crea una luce che viola le regole che conosciamo al centro della Terra?

Forse sarebbe meglio (trascurando la parola “più profondo” di cui sopra) pensare a questi oggetti come più pieni di Vita. Il piano all’infinito, come spazio trasformato, rivela un alto livello di proprietà dinamiche in tutte le sue radiazioni luminose. Questo dinamismo potrebbe essere Vita? Perché potremmo pensarlo rimanendo nella ragione?

Là fuori accade qualcosa che arriva qui. La luce viene creata là fuori e arriva qui. La nostra scienza ci ha fatto ogni tipo di immagine di ciò che accade là fuori, eppure queste immagini non sono empiriche, ma del tutto teoriche. Inoltre, sono del tutto materiali e presuppongono che le leggi della fisica a distanze cosmiche siano le stesse della Terra, cosa che abbiamo già notato non essere giustificata per il molto molto piccolo.

Se partiamo dall’idea del piano all’infinito (per il quale la geometria proiettiva ci concede tutti i diritti), allora potremmo chiederci se lo spazio stesso viene creato là fuori. Vediamo la luce che viene verso di noi dal cosmo e notiamo le sue proprietà dinamiche (tutte le varie intensità di redshift, tra cui Quasar, stelle di neutroni, ecc. Se scartiamo la misura (di cui la geometria proiettiva non ha bisogno), allora il piano all’infinito, con la sua luce che irradia verso l’interno, sta forse creando lo spazio stesso, non da un punto centrale (come il Big Bang), ma dalla periferia cosmica.

Il piano all’infinito (trascendente la tridimensionalità orientata alla materia) crea spazio e tempo tridimensionali, irradiando la luce verso l’interno dalla periferia cosmica. Il redshift non è la vecchia luce che si allontana, ma il suo opposto – la nuova luce che diventa spazio e tempo. Questa è esattamente l’idea di un allievo di Rudolf Steiner, George Adams Kaufmann, nel suo saggio del 1933 sulla teoria cosmica (radicata nella geometria proiettiva): Space and the Light of the Creation, [Lo spazio e la luce della creazione NdT] , il cui primo capitolo è La radiazione dello spazio (il secondo capitolo è La musica del numero e il terzo e ultimo capitolo è Il peso della terra e il sacrificio del calore). 

Che tipo di potere potrebbe creare lo Spazio stesso? Le nostre ipotesi puntiformi, che lavorano solo sulle quantità, sono state in grado di pensare solo a un Universo pieno di materia senza spirito, nato in un Big Bang. Certamente, lavorando interiormente dalla periferia cosmica (il piano all’infinito), cosa che la nuova geometria ci dà tutto il diritto di fare, cos’è che può essere là fuori che raggira interiormente la creazione dello Spazio stesso?

“…e in esso c’era la vita e la vita era la luce del mondo…”.

La potenza (fiat lux – sia la luce) che circonda l’Universo è la Vita, e la Vita crea la Luce, e la Luce si irradia verso l’interno creando lo Spazio e il Tempo, al centro del quale sorge la Terra di materia e sostanza vivente, essa stessa una stretta fascia sferica, perché la vita terrestre è solo in superficie – se si va troppo in profondità è fuoco e non c’è vita, se si va troppo in alto è senza aria e di nuovo non c’è vita.

Dal piano all’infinito, attraverso le sfere di luce scolpite nel piano verso l’interno, che si fermano per un momento alla periferia della Terra, dove l’umanità compie la sua evoluzione, per poi collassare ancora in sfere sempre più piccole, scomparendo infine in pure intersezioni geometriche puntiformi di campi di forza e nei misteriosi quanti di luce che scopriamo nei nostri esperimenti di laboratorio di fisica quantistica. Ma sono forse i quanti di luce che nascono prima nella periferia cosmica e poi volano verso l’interno, morendo infine in piccolissimi punti dai quali si costruiscono la materia e la sostanza viventi?

Secondo le leggi di simmetria, così essenziali per la geometria proiettiva, non dovrebbero esserci sia una somiglianza che una differenza tra l’infinitamente grande e l’infinitesimamente piccolo? Se la vita viene creata alla periferia cosmica, muore nel molto molto piccolo, per poi rinascere istantaneamente ancora una volta nella periferia cosmica? Se le regole del tempo e dello spazio non si applicano ai quanti di luce (fotoni), ciò sarà vero sia nel loro punto di apparizione che in quello di scomparsa.

La sfera senza misura esiste tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Apparizione e scomparsa sono in un certo senso lo stesso processo. Ecco di nuovo Rudolf Steiner:

Riflettete su questo: come il punto diventa una sfera e tuttavia rimane se stesso. Avete compreso come la sfera infinita possa essere solo un punto, e poi tornare, perché allora l’Infinito risplenderà per voi nel finito” .

Creato dall’increato e dall’informe, generando spazio e tempo, cadendo poi dalla periferia verso il centro fino a collassare nuovamente nel nulla dei centri puntiformi senza tempo e senza spazio, prima di tornare istantaneamente al piano cosmico infinito della vita.

E, contemporaneamente, l’opposto: nascere dalla natura increata e informe dei misteriosi quanti di luce, irradiarsi verso l’esterno da un numero infinito di centri puntiformi, diffondersi verso la periferia cosmica, per poi scomparire nel notevole piano senza spazio e senza tempo all’infinito.

Un mistero che si coglie nell’immagine di un’immaginazione mobile del gesto nello spazio che crea la forma che conosciamo come lemniscata, simbolo dell’infinito.

Inoltre, di tutti i fatti misteriosi che la meccanica quantistica ha scoperto, sembra che sia la mente stessa a determinare la natura del collasso dal divenire potenziale (probabilità) alla manifestazione. La coscienza è cruciale: senza coscienza non c’è manifestazione, ma solo probabilità. Non potrebbe forse esistere una Coscienza più grande e infinita alla periferia, dove il tempo e lo spazio si manifestano per primi? E poi, se la Grande Mente può fare questo, che cosa è coinvolto nella piccola mente, quando pensa e agisce in modo da dispiegare la propria immaginazione creativa e la formazione di immagini esatte nell’apprendimento e nella pratica della bellezza senza misura della geometria proiettiva?

“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era ciò che il Verbo era. Era con Dio in principio. Tutte le cose sono avvenute per mezzo di esso, e nessuna cosa è avvenuta senza di esso. In esso c’era la vita, e la vita era la luce del mondo….[6]

Così Cristo ci consiglia di pregare: Padre nostro che sei nei cieli

[6] traduzione dal greco di una parte del prologo del Vangelo di Giovanni, dal libro The Unvarnished Gospels di Andy Gaus.

Naturalmente, attualmente la Scienza Naturale non ha la capacità di apprezzare un tale cambiamento nella comprensione del Cosmo. Ma questo saggio non è scritto per gli scienziati, è scritto per quei cristiani che vorrebbero avere la sensazione che si può ancora essere profondamente religiosi senza abbandonare la razionalità.

Quello che abbiamo fatto, tra l’altro, è stato guardare ai processi di costruzione di immagini delle menti raffinate al lavoro nelle scienze naturali, che hanno creato una sorta di mito del mondo stellare – un mito molto diverso da quello sostenuto da menti più antiche in epoche lontane. Non siamo tornati a quegli antichi miti, ma abbiamo ripreso, dal progresso della scienza naturale stessa, una disciplina particolare (la geometria proiettiva o sintetica – tutta la geometria) e l’abbiamo applicata per superare l’attuale mito astronomico e arrivare a quella che forse potrebbe essere il tipo di verità che il fisico insegue quando insegue il suo Santo Graal, la cosiddetta “Teoria del Tutto”: Teoria del Tutto (vedi il mio ultimo libro: L’arte di Dio: una vera teoria del Tutto)

La maggior parte delle versioni della Teoria del Tutto si basa su complessità matematiche molto astratte – una sorta di linguaggio simbolico quasi segreto, utile solo ai sacerdoti delle Scienze Naturali. Sarebbe possibile costruire una Teoria del Tutto usando il linguaggio ordinario? I simboli delle parole su una pagina e i concetti semplici, comprensibili dalla coscienza ordinaria, possono produrre una migliore Teoria del Tutto? Non sarebbe forse necessario reintrodurre le qualità e mescolarle con le quantità, se vogliamo avere una vera Teoria del Tutto? Una tale Teoria non deve forse spiegare non solo la coscienza, ma anche la nostra forma di coscienza – perché viviamo nel mondo tra il molto molto grande e il molto molto piccolo?

Abbiamo costruito questo saggio in modo da rendere possibile alla coscienza ingenua di vedere nella propria mente qualcosa che finora è stato presentato al mondo come un mistero segreto conoscibile solo dagli adepti matematici della religione della scienza naturale.

Viviamo in un’epoca in cui non ci saranno più sacerdoti, né religiosi né scientifici, e non si pretenderà più che la mente comune e ingenua debba dipendere da un altro per la comprensione del mondo e dell’universo.

L’Universo vuole essere conosciuto, proprio come noi vogliamo essere conosciuti.

Vedete, per ora guardiamo come in uno specchio, avvolti nel mistero; ma poi vedremo faccia a faccia. Ora discerno in parte; ma poi percepirò nello stesso modo in cui sono stato percepito da sempre. E così avremo fede, speranza e amore, questi tre: ma il più grande di questi è l’amore” [7]

[7] Andy Gaus, Unvarnished New Testament – fine del capitolo 13 della Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi.

Addendum

– Restano molte domande –

Nessun lettore deve pensare che quanto detto abbia esaurito tutte le notevoli possibilità della geometria proiettiva nel far progredire la nostra comprensione del mondo della natura così come appare ai nostri sensi e ai nostri strumenti scientifici. Tutto quello che ho fatto è stato cercare di portare alla luce aspetti del pensiero e dell’immaginazione che molti ancora non considerano.

Questo non deve impedirci di andare avanti e di porci tutte le domande che ancora dobbiamo porci.

[A margine: nelle mie considerazioni sulla natura dell’elettricità e sul suo rapporto con la Natura, parlo di come lo spazio stesso debba essere attentamente ripensato per capire che lo “spazio” stesso deve essere riconcepito anche per quanto riguarda i fenomeni elettrici e magnetici: “L’elettricità e lo spirito nella natura – un racconto di alcune considerazioni sullo stato attuale della scienza, alla luce di una moderna comprensione pratica della natura della mente”].


Per esempio, il piano all’infinito collassa in un punto o in tutti i punti? Possiamo pensare ai piccolissimi, così come li osserviamo nelle condizioni locali della Terra nei nostri esperimenti di laboratorio, come a un numero enorme di tali centri di punti. Tutta la materia e la sostanza sembrano essere costruite da quanti di luce e da altre particelle dai nomi strani.

Ora, un piano, che non ha misura, è infinito in tutte le direzioni e può anche essere costruito, secondo le ben note regole della geometria proiettiva, di punti. In questa geometria c’è un piano di punti, un piano di linee, un punto di linee, un punto di piani, e una linea di punti e una linea di piani. Se riconosciamo che il piano all’infinito è costituito da tutti i punti possibili, allora cosa gli impedisce di irradiare verso il nostro centro terrestre ciò che diventa tutti i numerosi centri di punti da cui nascono la materia e la sostanza. Una volta lì, in questo numero infinito di centri di punti, ciò che si è prima irradiato verso l’interno, ritorna ancora una volta alla periferia. Questo la nostra immaginazione geometrica può sperimentarlo.

Uno studio approfondito della geometria proiettiva rivela diversi tipi di processi che nascono in base alle relazioni di base tra piano, linea e punto; ovvero, la sorgente o l’origine della luce (il piano all’infinito), la luce che diventa spazio e tempo (irradiazione dello spazio) e la luce che muore di nuovo nella sorgente attraverso il suo collasso nel numero infinito di centri di punti che la fisica quantistica scopre. A ciò si aggiunge il processo di ciò che si irradia dai centri puntiformi verso la periferia. Alla luce della comprensione di ciò, possiamo giungere a concezioni del tutto nuove su come crescono i cristalli e su ciò che accade nel punto di crescita di una pianta. Un lavoro del genere è stato fatto, infatti, dagli scienziati goethiani indicati nei saggi sopra citati.

Oltre a queste domande, è giusto porne un’altra: qual è la natura dello spazio occupato dall’immaginazione stessa? Sappiamo che esista, e non solo che esista, ma che lo creiamo. Noi stessi creiamo consapevolmente lo spazio immaginativo. Che cosa siamo noi per poter fare qualcosa che ha una tale parentela con l’attività di creazione dello spazio e del tempo del Mistero sul piano dell’Infinito?

L‘immaginazione è più importante della conoscenza, perché la conoscenza è limitata a tutto ciò che ora conosciamo e comprendiamo, mentre l’immaginazione abbraccia il mondo intero, e tutto ciò che ci sarà mai da conoscere e comprendere” (Albert Einstein)

Guarire dal materialismo 

L’essere umano possiede un potere straordinario: è in grado di creare immagini e di condividerle con gli altri. Il significato fluisce da uno all’altro su questo prodotto dell’immaginazione che pensa per immagini. Da questa capacità di creare immagini ci viene insegnata la scienza, da questa stessa capacità di creare immagini raccontiamo le meravigliose storie dei nostri antenati. Quello che spesso non riusciamo a fare bene è trovare un modo per essere scientifici su questa stessa capacità di creare immagini.

Di tutte le discipline scientifiche che miglioreranno questa capacità di costruire immagini, in modo logicamente rigoroso, è la disciplina della geometria proiettiva (come insegnato da Whicher) che sarà la più fruttuosa. Allo stesso tempo, l’essere umano è più della razionalità – molto di più.

Il fatto che la cultura umana produca arte e religione, oltre che scienza, dovrebbe darci un indizio significativo. Il libro di Whicher ne tiene conto, in una certa misura, includendo una serie di immagini di arte, anche religiosa. Ciò che è meno apprezzato è il ruolo dell’intenzione umana, della volontà umana, in tutto questo (la volontà è il centro di significato della stessa coscienza che il fisico quantistico riconosce essere necessaria perché il potenziale collassi nel reale).

Alla fine del corpo principale del saggio precedente, ho cercato di ricordare al lettore che siamo parte della realtà. La meccanica quantistica lo ha visto, perché il potenziale degli eventi quantistici collassa nello spazio e nel tempo reali solo quando la nostra coscienza vi partecipa. Il genio di Owen Barfield discute la partecipazione in dettaglio, nel suo libro Saving the Appearances: a Study in Idolatry.

 

In questo libro, attraverso un meraviglioso esame di ciò che lo studio approfondito delle lingue umane può rivelare, Barfield ci mostra come ci sia un’evoluzione della coscienza, che si affianca all’evoluzione fisica finora scoperta. Per Barfield, i tempi abbastanza antichi potrebbero essere chiamati: partecipazione originaria. Si tratta di un’epoca in cui la coscienza umana era istintivamente un tutt’uno con la realtà, dando così vita a tutti gli antichi miti.

 

Questa partecipazione originaria alla fine è svanita, dandoci uno stato intermedio, chiamato da Barfield (e da altri): la separazione degli spettatori. L’umanità viene spinta fuori dalla condizione di partecipazione originaria dagli stessi dei, in modo che, grazie a questa indipendenza, possiamo imparare a sperimentare la nostra libertà e la coscienza del nostro ego. La separazione da chi guarda è segnata da particolari cambiamenti nel linguaggio, nell’arte e dà origine alla scienza naturale. È come spettatori (dimenticando il nostro ruolo di osservatori pensanti) che costruiamo le immagini del mondo naturale, sia terrestre che cosmico, come solo materia e mai spirito.

 

Ma il mondo naturale non si sottometterà a lungo a questa falsa visione, e così la meccanica quantistica si trova a dover reinserire la coscienza umana nei suoi concetti di fisica di base del mondo. Con questa conoscenza scientifica di base ormai consolidata, a cui si aggiunge la disciplina della geometria proiettiva (in particolare con la sua comprensione dei coni visivi della luce), viene tracciato il percorso dalla scienza stessa verso quella che Barfield chiamava allora: partecipazione finale.

 

La meccanica quantistica ci dice che la nostra coscienza è necessaria perché il potenziale possa collassare nel reale. La Geometria proiettiva non ci dice solo regole sul cono di luce dello spazio fisico, ma anche sul cono di luce dello spazio immaginativo interno. La scienza introspettiva di Rudolf Steiner (delineata in Una teoria della conoscenza implicita nella concezione del mondo di Goethe e in Filosofia della libertà) ci mostra come sperimentare il mondo della costruzione di immagini (forma organica) e della creazione di concetti (pensiero puro) in un modo partecipativo pienamente maturo.

 

Allo stesso tempo, non partecipo solo come essere razionale, ma come essere per il quale l’arte e il sacro hanno un significato. In un certo senso, data la natura spesso cruda delle emozioni, l’essere umano è spesso contemporaneamente: irrazionale (eccessivamente emotivo), razionale (mentalmente disciplinato) e transrazionale (capace di enormi salti di intuizione non logica). Se aggiungo queste dimensioni del mio essere alla mia costruzione di immagini e alle mie formulazioni concettuali, che tipo di immagine del mondo dipingerò? Alla luce di questa domanda, concluderò con un paio di storie come una sorta di dimostrazione.

 

A metà degli anni Settanta ero in viaggio con alcuni amici nella California settentrionale. Eravamo un gruppo di adulti e bambini, e durante il giorno alcuni degli adulti erano designati come genitori del campo, mentre gli altri erano liberi di andare in giro. Così mi ritrovai, la sera del solstizio d’estate, seduto su una spiaggia della California settentrionale a guardare il sole che tramontava sull’Oceano Pacifico.

 

Mentre il Sole tramontava, il cielo si oscurava lentamente e apparivano le stelle. Questo è ciò che ho osservato mentre continuavo a guardare il punto all’orizzonte in cui il Sole era tramontato. Insieme, come un gruppo, esattamente allo stesso grado d’arco del bordo dell’oceano, sono apparse tre stelle in una linea piuttosto verticale. Il Sole tramonta e subito dopo, dove è tramontato, appare una linea verticale di tre stelle.

 

Il lettore dovrebbe rendersi conto che a quel tempo ero abbastanza convinto della realtà spirituale delle cose, per esperienza diretta. Di conseguenza, quando osservavo il nostro mondo naturale lo percepivo come un insegnamento. Per esempio, possiamo osservare che tra tutti i numerosi esseri inorganici e organici che appaiono nello spazio visivo, c’è una varietà di forme. Di questa varietà di forme, solo una forma, una forma, ha le mani che sono state così creativamente liberate dalla nostra capacità di stare in piedi.

 

Inoltre, questo essere umano cambia il suo ambiente di vita in modo profondo. Agiamo sulla creazione, come se fosse dentro di noi che il potere creativo stesso si stesse lentamente incarnando. Per me, allora, esisteva una sorta di dialogo tra il mondo dei sensi e il mio essere interiore (l’insegnamento). Ero su una spiaggia a guardare il Sole, una forma molto speciale (da cui riceviamo la luce e il calore necessari alla vita – senza il Sole non viviamo). Mentre questa forma tramontava al solstizio d’estate, le prime stelle ad apparire (gli insegnanti notturni) erano tre.

 

Ecco dunque cosa mi ha cantato l’insegnamento su quella spiaggia: uno diventa tre. Così il Mistero della Trinità era scritto proprio lì, negli eventi più semplici del mondo dei sensi. Uno diventa Tre.

 

La luce ambientale divenne leggermente più fioca e, non troppo presto, sopra il tre apparve il quattro, a forma di scatola, che si ergeva su uno dei suoi angoli sopra l’ultima stella del tre. L’Uno diventa Tre e poi il Quattro viene aggiunto per diventare Sette. Coloro che conoscono quello che a volte viene chiamato il significato occulto dei numeri riconosceranno qui ogni sorta di analogie, sulle quali non c’è bisogno di dire altro. (per i più tradizionalmente fissati con la mente, il Sole tramontò e nell’ordine descritto emerse la costellazione dell’Orsa Maggiore, che si ergeva sulla sua coda sopra lo stesso punto dell’orizzonte in cui il Sole era tramontato la notte di quel particolare Solstizio d’Estate – tuttavia questa costellazione non apparve tutta in una volta, ma in una sequenza ben precisa, man mano che la luce del giorno si affievoliva e le luci della notte si manifestavano).

In questo modo sono stata iniziata più profondamente al Mistero dei Maestri della Notte e, se da un lato avrei voluto che la mia vita mi permettesse di studiare per molti decenni questo insegnamento con il quale si notava non solo il cielo stellato, ma anche quando e in quale ordine le stelle emergevano, dall’altro mi sono reso conto che coloro che osservavano da luoghi come Stonehenge vedevano un mondo di meraviglie che dobbiamo ancora apprezzare appieno.

Se la forma del mondo sensoriale proviene da un Creatore, e questo Creatore è un Mistero così profondo che non abbiamo ancora cominciato ad apprezzare tutto ciò che ha fatto e sta facendo, dovremmo sorprenderci del modo e della profondità dell’insegnamento che ci attende sia all’interno che all’esterno? Consideriamo l’alba e il tramonto: qualcosa che accade in tutto il mondo ogni giorno, e da eoni.

Se, come aspetto della partecipazione finale, ripensiamo il mondo dei sensi con l’essere e la coscienza, non potremmo allora cominciare a vedere che quando il Sole tramonta, quando la forma che rappresenta (nel suo parlare-insegnare) l’Altissimo del Mistero, si ritira dalla nostra vista, in quel momento le stelle, una per una e poi a gruppi, emergono lentamente, appaiono lentamente nell’oscurità e, per il loro ordine di apparizione e per le forme che così rendono, possono essere viste come un canto di lode a questo Altissimo. Egli tramonta, ed esse si alzano e cantano.

Poi la notte finisce, il regolare canto notturno è passato, e mentre il Sole ricomincia a diffondere la sua luce, il suo calore e la sua vita sull’umanità, le stelle si ritirano e, inginocchiandosi, a gruppi e poi una per una, cedono il posto a ciò che onorano sopra ogni altra cosa. Ma questo non è tutto.

Perché anche la forma del tempo e dello spazio, delle stelle e dei soli e del mondo umano, è un insegnamento. Ci siamo anche noi, e cosa siamo, noi esseri umani, che l’Altissimo e tutti gli Angeli ci guardano dall’alto, ci circondano e ci regalano un Amore così grande che difficilmente riusciamo ad apprezzarlo. Non solo, ma anche di più, perché non solo siamo guardati dall’Alto, ma siamo anche trasportati nello spazio cosmico dalla Terra – Padre Cielo e Madre Terra – come ben sanno i popoli e le culture più antiche del mondo.

La terra scura e umida è la Madre, da cui scaturisce tutto ciò che cresce e si nutre. Le acque che danno la vita, l’aria stessa di cui abbiamo bisogno per respirare. Lì al centro di tutto, guardato da Padre Cielo, sostenuto e nutrito nel grembo di Madre Terra, siede l’essere umano, la forma eretta con le mani e la mente creativa e curiosa. Questa è la vera domanda della partecipazione finale: Chi siamo?


Notizie recenti sul Redshift

12 settembre 2008


Port Angeles, Wa. Questa settimana, decine di astronomi, ricercatori e altri scienziati di tutto il mondo si sono incontrati per una conferenza sulla cosmologia.[1] La conferenza prevedeva otto panel composti da esperti in ogni aspetto della cosmologia, tra cui la realtà dell’espansione, i quasar, la materia oscura, l’energia oscura, i buchi neri e la vera natura della radiazione a microonde proveniente dallo spazio. Un astronomo ha fatto la sua presentazione in diretta dalla Germania utilizzando la tecnologia del collegamento video.


L’organizzatore Tom Van Flandern ha dichiarato:

“È stato un successo entusiasmante. Abbiamo ascoltato e discusso tre nuovi meccanismi che spiegano il redshift e una nuova equazione che modifica la nostra comprensione della gravità. Se una delle proposte di redshift dovesse superare i test sperimentali, significherebbe che non abbiamo un Universo in espansione e che la teoria del Big Bang sarebbe priva del suo fondamento più solido”.


Il fisico John Hartnett dell’Università dell’Australia Occidentale ha detto:

“È divertente che la nostra conferenza si sia svolta proprio mentre in Europa si accendeva l’Hadron Collider. La maggior parte dei nostri relatori ha mostrato i profondi problemi del Big Bang, mentre si avvia un progetto da 40 miliardi di dollari per cercare di trovare una particella sfuggente che impedisca alla storia del Big Bang di crollare”.

Lo spostamento verso il basso della luce delle galassie ha portato alla convinzione che l’universo si stia espandendo, convinzione che è perdurata per 80 anni. Ma le moderne prove osservative, in particolare i telescopi spaziali e i satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea della NASA, hanno offuscato il quadro e sollevato molti dubbi.
Nel 2004, sulla rivista New Scientist è stata pubblicata una lettera aperta, da allora firmata da oltre 500 sostenitori, che inizia così:
Il Big Bang oggi si basa su un numero crescente di entità ipotetiche, cose che non abbiamo mai osservato: l’inflazione, la materia oscura e l’energia oscura sono gli esempi più importanti. Senza di esse, ci sarebbe una contraddizione fatale tra le osservazioni fatte dagli astronomi e le previsioni della teoria del big bang. In nessun altro campo della fisica questo continuo ricorso a nuovi oggetti ipotetici sarebbe accettato come un modo per colmare il divario tra teoria e osservazione. Come minimo, solleverebbe seri interrogativi sulla validità della teoria sottostante.


Dalle numerose prove presentate alla conferenza, sembra che quelle preoccupazioni fossero giustificate. I relatori hanno anche delineato i principi su cui dovrebbe basarsi una buona cosmologia.
 Il principale di questi è che non dovrebbe richiedere una serie di miracoli per rimanere valida.

Joel A. Wendt

Tradotto dall’inglese da Piero Cammerinesi per LiberoPensare

Fonte

 

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