Ugo Mattei, il Resistendum e molto altro

1mattei
Qualche giorno fa il Direttore, Maurizio Torti, mi chiese di intervistare Ugo Mattei sulla sua iniziativa referendaria chiamata “Resistendum”.

Ugo lo conosco dal 2017, da quando collaboravo con Byoblu e lo intervistai sul libro “Punto di svolta” scritto da lui e Alessandra Quarta. Ci sentimmo subito in sintonia, anche grazie alla nostra età molto simile e all’attivismo dei nostri anni ’70. Da allora ho sempre fatto parte di tutte le iniziative da lui promosse come il Comitato Stefano Rodotà, la Rete Beni Comuni, La Scuola Bene Comune e, ultimamente, la Cooperativa Generazioni Future, sempre con un ruolo attivo nei campi dell’informazione e della scuola, miei ambiti d’interesse.

L’ho subito contattato e lui, molto gentilmente sebbene all’estero e molto impegnato, mi ha concesso un po’ del suo tempo.

Conferenza di Teheran 1943

 

Perché, vi chiederete, sto divagando dal tema principale dell’intervista? Perché, se è vero che vogliamo dar vita ad una società diversa da quell’allucinazione in cui vive la maggior parte degli italiani e non solo, se è altrettanto vero che questa allucinazione è perpetrata dai media, allora noi per primi dobbiamo essere veri e sinceri. E lo dobbiamo essere anche a discapito di quel tipo di professionalità tanto sbandierata dai nostri colleghi più blasonati, ma servi del potere, che è tutta solo facciata e non contenuti.

Allora facciamo un po’ di “giornalismo verità” e diciamo che, per motivi tecnici (un giorno scriverò sul rapporto tra uomo e tecnologia) la registrazione della prima parte dell’intervista con Ugo è andata persa. Pertanto non potrò utilizzare il virgolettato, ma scriverò, d’accordo con Ugo, il senso di quello che mi ha detto.

Devo dire, inoltre – ma questo è un parere assolutamente personale – che la seconda parte, di cui per fortuna si è salvata la registrazione, la ritengo molto interessante, ma lo giudicherete da voi.

Come i più informati di voi sanno il Resistendum è una sorta di referendum propositivo non autorizzato dal sistema che Mattei sta organizzando nelle giornate del 24 e 25 settembre in tutta Italia attraverso urne esterne ai seggi elettorali dislocate nelle maggiori città italiane; l’elenco lo potrete trovare qui:

Nelle città e paesi non raggiunti dagli attivisti del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) chi vorrà potrà votare il Resistendum deponendo la scheda direttamente nell’urna elettorale del suo seggio. La scheda si può scaricare dal sito del CLN: https://clnoggi.it/resistendum/

I quesiti referendari sono i seguenti:

  • Sei favorevole all’uscita dell’Italia dalla NATO per un disimpegno immediato, economico e militare, anche dalle operazioni belliche in Ucraina?

  • Sei favorevole a che l’Italia si doti di una moneta sovrana, utilizzabile sempre in forma contante?

  • Sei favorevole all’uscita dell’Italia dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per avere una gestione sanitaria autonoma?

I cittadini possono rispondere ai quesiti barrando le caselle del SI o del NO.


Come dicevo in precedenza, non è un referendum autorizzato, per cui non avrà alcun valore legale, ma ha una validità molto importante per la vera opposizione al regime politico che ci soggioga. Ma proprio perché non autorizzato dal sistema ho chiesto a Ugo a quale conseguenze potrà incorrere il cittadino che depositerà nell’urna del proprio seggio, oltre alla scheda elettorale del sistema, anche quella del Resistendum. La sua risposta è stata che la legislazione in merito è molto lacunosa, come d’altronde in quasi tutte le leggi e normative italiane. Pertanto è tutto rimesso al buonsenso del Presidente di seggio e, soprattutto, a come il votante si porrà nei suoi confronti.

Dice Ugo:

”Noi non siamo mai per uno scontro frontale violento, ma cerchiamo di far valere i nostri diritti in modo assolutamente pacifico. Se troveremo difronte a noi un muro invalicabile suggeriamo di fare un passo indietro.”

Ed aggiunge:

“Personalmente farò in modo di inserire la mia scheda del resistendum nell’urna in tutti i modi, perché ne sono il fautore e perché ho le armi per difendermi, ma non consiglio questo atteggiamento ai nostri fratelli e sorelle. A dire il vero, spero quasi che mi arrestino perché, in questo modo, si porterebbe la vicenda agli occhi dell’opinione pubblica e questo sarebbe per noi già una vittoria importante.”

Mattei ci tiene anche a precisare che il CLN chiede ai cittadini di esprimersi sulle questioni referendarie secondo coscienza, sottolineando come all’interno del CLN stesso ci siano posizioni diverse su di esse. Altro punto da sottolineare è che questo sarà il primo referendum propositivo nella storia della Repubblica italiana del dopoguerra che, per quanto non autorizzato, sarebbe comunque una novità assoluta. Infatti la nostra Costituzione prevede solo referendum abrogativi; il popolo, cioè, non può proporre nessuna legge, ma solo esprimersi nei confronti di quelle emanate dal governo.

* * *

DD: Dai vari comunicati tuoi e del CLN riguardanti il Resistendum risulta molto chiaro il vostro intento di utilizzare questo strumento di espressione popolare sia per manifestare la volontà delle persone che come occasione per contarsi. Conoscendoti, però, credo ci siano anche altre motivazioni.

UM: Oltre che per contarci vorrei che questo referendum servisse soprattutto a far nascere delle discussioni referendarie di merito, che stimolasse dei dibattiti tra chi è favorevole all’euro e chi no, per esempio, e che queste idee si confrontassero. Vorrei provocare dibattiti tra chi è a favore alla moneta elettronica o, comunque, a una moneta altra dall’euro, e chi no. Questo è un tema importante e deve succedere in vista del referendum. La stessa cosa sulla NATO e sull’OMS. Vorrei che si capisse che noi stiamo costruendo infrastrutture, non stiamo costruendo un’idea di parte. Naturalmente come voto io non c’è bisogno di nasconderlo, ovviamente voterò tre SI. Ma all’interno dello stesso CLN ci sarà chi voterà due SI ed un NO, chi voterà tre NO. Ci sono fratelli e sorelle che pensano che questo referendum sia insufficiente, che si sarebbe dovuto dire chiaramente di fare un referendum contro il vaccino. Ed io ho detto “Allora vota NO a quello dell’OMS.” Il punto fondamentale, secondo me, è di capire che lo spirito è quello di non continuare a parlare solo tra di noi, che è un aspetto che tra me e te ci siamo detti mille volte, e questa è un’idea che ha la possibilità di andare molto oltre a quello che è lo stretto perimetro di che sta dalla parte dell’unica vera opposizione, diciamo di “noi”. Perché sono temi importanti su cui le persone si vogliono e si devono misurare. Quindi non abbiamo pensato a questo referendum in modo smaccatamente legato alla nostra ideologia, non abbiamo messo nulla sul green pass, non ci sono i temi forti, classici delle piazze. C’è il tentativo di costruire una visione d’insieme, che è l’autonomia del nostro Paese. Abbiamo la possibilità di avere un’Italia libera o siamo condannati a vivere in un’Italia occupata? Perché alla fine questo è. Se siamo tornati ad avere bisogno di un CLN vuol dire che riconosciamo il fatto di essere occupati. In un’Italia occupata è possibile di esprime in qualche modo un genuino sentimento popolare? Questa è la domanda sostanziale che voglio fare attraverso il Resistendum.

DD: Ma l’Italia è occupata dal ’45, solo che decenni fa la nostra condizione di popolo occupato era molto diversa da quella che stiamo vivendo in questi ultimi anni.

UM: È vero, l’Italia è occupata dal ’45, ma dopo la caduta del muro di Berlino sono venuti meno gli equilibri che rendevano sopportabile l’occupazione. Perché comunque avevamo un certo equilibrio dialettico, c’era un Partito Comunista al 35%, c’era un rapporto con l’Unione Sovietica, c’erano una serie di cose che rendevano l’occupazione non realmente un’occupazione. C’era una forza straniera molto presente, ma c’erano degli spazi di dialettica politica, ancorché limitati se vogliamo, ma con delle aree di autonomia, tant’è che l’Italia era cresciuta fino a diventare la quarta o la quinta potenza economica del mondo. Adesso siamo semplicemente un banchetto per questi signori che governano il mondo.

DD: Entrambe sosteniamo che, attualmente, è impossibile cambiare lo stato delle cose giocandoci la carta partitica, ma è più sensato costruire una vera alternativa al sistema in atto, dando alle persone la possibilità di scegliere in che tipo di società vivere e far crescere i propri figli. Per me questo sarebbe già un punto d’arrivo molto importante. Ma tu ti spingi oltre.

UM: Esatto. A me non basta creare un sistema che sia alternativo a quello esistente, ma voglio crearne uno sostitutivo. Certo ci deve essere una fase di gestazione in cui si potrebbe vivere in una semi clandestinità o in cui ci potranno essere delle istituzioni temporanee come quelle che sto creando adesso, ma questo è funzionale a far sì che tutti possano in futuro vivere in un sistema diverso. Quindi i politici che sono al governo oggi li voglio mandare a casa, perché voglio costruire una Repubblica italiana fondata sui principi costituzionali di partecipazione validi per tutti, non soltanto per chi oggi è con noi. In quest’ottica rivendico la forte politicità di questa sperimentazione, così come la rappresentanza costituzionale. Ma ci vogliono degli anni, intere generazioni perché questo succeda, probabilmente noi non lo vedremo, ma la partecipazione nelle istituzioni dei Comuni, delle Regioni e così via prima o poi deve venire alla luce per sostituire quelle attuali. Questo per me è importantissimo. Io voglio una barca che prenda Mattarella e Draghi e tutto il resto dei cosiddetti politici italiani e li porti via dall’Italia. Io sono una persona non violenta, per cui non sono affatto per tribunali speciali che condannino la gente a morte, ma quando ci saranno i tribunali del popolo questa gente dovrà andarsene e dovremmo trovare delle pene alternative. Una di queste potrebbe essere quella di farli diventare dei migranti ambientali, così vedono cosa vuol dire essere migranti, dopo essere andati a scuola dai gesuiti ed aver comandato per tutta la vita.

­

DD: Per ottenere questo bisogna raggiungere la famosa massa critica, ossia non possiamo continuare a raccontarcela tra di noi, ma bisogna rivolgerci alla maggioranza delle persone.

UM: Assolutamente vero. Quello che è in corso va proprio in quella direzione; facciamo questo processo sperimentale oltre a fare operazioni eclatanti quando sarà il momento, se si saranno create le condizioni che lo esigeranno. Ma questo non dipende da te o da me, dipende dalle condizioni materiali che si creano. Se davvero si arriverà ad un’economia di guerra con privazioni pazzesche, con industrie che chiudono e con le persone in mezzo alla strada senza soldi e senza lavoro, stai tranquillo che ci coinvolgeranno per prendere la guida di questo Paese, perché l’alternativa sarebbe solo una guerra civile. Vorrei arrivare ad essere pronto dal punto di vista politico e istituzionale; perché quando le condizioni del degrado saranno tali da far crollare questo sistema – perché questa è la fine che farà, annegherà nel suo stesso vomito – e ci sarà la condizione rivoluzionaria, non vorrei che succeda come sempre è successo dopo ogni rivoluzione, dove quelli che salgono al potere sono peggio di quelli che c’erano prima. Al contrario vorrei che a quel punto ci fosse “l’uomo nuovo”. In questo senso credo che saranno necessarie delle azioni importanti, molte le stiamo pensando e le faremo, ma sempre quando avremo la forza per poterle attuare. Per me il Resistendum è importante anche come prova di quello che riusciamo effettivamente a fare. Mi rendo conto che è una prova molto ambiziosa lanciare una consultazione elettorale in un Paese libero o cosiddetto tale; è qualcosa che non ha mai tentato nessuno prima, che avrà comunque una sua visibilità. Sarà un momento storico, stiamo letteralmente facendo la storia di questo Paese. Lo stesso fatto di ambire a chiedere una consultazione diretta del popolo non è una cosa da poco.

Se pensi che coloro che si sono presentati come alternativa al sistema non sono nemmeno riusciti ad allearsi per paura di non prendere il 10%! Ma che ambizione è quella? Se vuoi veramente cambiare le cose ti presenti come un’alternativa, scegli una leadership autorevole, ti presenti al popolo con una coalizione di gruppi e in questo modo sarai percepito come una vera sfida frontale al governo. Non che fanno tre o quattro gruppetti, perché così forse raggiungo il 3%. Ma che ambizione è quella, a cosa serve? Solo a prenderti una poltrona.

A questo punto ci sono delle scelte da fare. Nel momento in cui il gioco diventa duro non si può tenere il piede in due scarpe, cosa che al momento stanno facendo. Perché vogliono far vedere che sono contrari al sistema, ma partecipano a delle elezioni farsa e sperano di diventare parlamentari per prendersi ventimila euro al mese. Questa è la verità. E non hanno nemmeno il coraggio o l’ambizione di utilizzare lo strumento elettorale. Io non ero contrario ad utilizzare lo strumento elettorale e tu lo sai benissimo. Ma lo avrei utilizzato nel momento in cui si sarebbe fatto una coalizione ambiziosa, formata da diverse sigle, con una persona riconoscibile, un simbolo delle piazze o comunque autorevole, che si sarebbe eletta all’interno della coalizione, senza la paura di raggiungere il 10%. Perché se è vero che in Italia siamo il 30%, o perlomeno è quello che ci raccontiamo, non possiamo mostrarci paurosi ed accontentarci di raccogliere il 3%. È ridicolo! Da questo punto di vista mi fanno pena. Li rispetto umanamente, ma politicamente sono di un irrilevanza totale. Se anche dovessero prendere il 3%, ma davvero pensano che cambi qualcosa? Paragone si è riempito le liste di fascisti, pur di avere il 3% a Roma e non lo prenderà.

DD: Quello che stai dicendo è molto forte. Tra i candidati delle liste di cui parli ci sono anche fondatori di reti televisive che ti danno ampio spazio. Sei convinto che, dopo aver saputo cosa ne pensi di loro, ti ospiteranno ancora?

UM: Assolutamente sì. Tutti sanno, perché l’ho detto pubblicamente, che avrebbero dovuto avere più coraggio di quello che hanno dimostrato. Dopodiché rispetto la scelta di ciascuno. Claudio Messora, per esempio, con cui parlo regolarmente, sa perfettamente come la penso e, per inciso, la pensa anche lui come me. Ma, allo stesso tempo, mi dice che per lui è un modo di mettersi a disposizione per cercare di fare qualcosa per cambiare questa situazione, e questo è un intento nobilissimo, e sono molti che lo fanno con questo spirito, ma a mio avviso non è uno spirito politico intelligente, che dimostri una minima strategia. Il CLN una strategia ce l’ha, ed è una strategia politica che è maturata nel corso del tempo, non perché ora ci sono le elezioni. Sempre per prendere l’esempio di Messora, lui ha una chiara strategia per come poter diventare una televisione importante e la sta mettendo in pratica e lo sta dimostrando, ma politicamente ha fatto una scelta che non condivido. Nessuno di coloro che ha deciso di presentarsi a queste elezioni ha una strategia politica. Mi danno l’impressione di andare all’incasso con un minimo di visibilità o una specie di jacquerie politica, una sorta di urlo dei kamikaze. Ma non vedo uno sviluppo armonico, una costruzione, un’elaborazione di un progetto, uno studio sostenuto da un pensiero. Nulla!

Le istituzioni che nascono dal basso, le istituzioni dei beni comuni, la partecipazione, i caucus nascono da una prassi gramsciana, non nascono dal nulla. Io ho lavorato molto, con te compreso, ai tempi di Futura per i Beni Comuni ed è da quella esperienza che sono nati i caucus, l’idea della piazza. Certo li abbiamo pensati al tavolino, ma poi c’è stata anche una dimensione di prassi che passa attraverso dialettiche, discussioni, sconfitte, prese di coscienza e questo non va tenuto nascosto. Ma bisogna avere una visione di quello che si vorrebbe fosse il mondo in cui vivere. A me non sembra che questi signori ce l’abbiano.

DD: Pensi ci sia l’opportunità per riunire queste persone in modo da valutare come muoversi dopo le elezioni?

UM: Bisognerà fare una convocazione, tutti insieme. Come hai detto in altre occasioni anche tu, dopo le elezioni bisognerà fare la convocazione di un tavolo permanente o almeno, di una prima assemblea e si vedrà cosa succede. Ma non sarà qualcosa che proverrà da me: sarà un’iniziativa che dovrà provenire da tante persone e gruppi insieme, lo faremo con te, con tante altre persone, dovrà essere un’iniziativa corale. Poi è vero che questa assemblea, questa coralità qualcuno la vede come un fatto occasionale, ma personalmente la vedo come un tassello di un processo decisionale, perché si deve pensare a come relazionarsi con i territori. La forma e la sostanza vivono tra loro in una dimensione dialettica, nel senso che, in qualche modo, il diritto plasma la politica, ma la politica plasma il diritto. Noi interpretiamo lo Statuto del CLN come una specie di Costituzione che ha una sua forma, ma chiaramente deve ricevere una sostanza da cui è plasmata e che plasma, in un certo modo. Ed anche questo è parte di una costruzione strategica di un nuovo mondo che stiamo mettendo insieme. Questa è prassi.

DD: Sei, quindi, d’accordo anche tu che questo tavolo d’incontro non deve essere un’iniziativa che nasce da un gruppo particolare, ma che deve essere un’esigenza, un sentimento che nasce spontaneamente al di là delle sigle di cui facciamo parte?

UM: Assolutamente sì, deve essere un’esigenza corale. Tu lo sai bene, guarda per esempio da quanto ci conosciamo noi due, che non sono cent’anni, la quantità di sigle che ho inaugurato. Te l’ho detto mille volte: secondo me l’identità di sigla è una delle cose più cretine che possano esistere al mondo. L’importante è che sia all’interno di un processo strategico che, mi pare, si stia delineando.

DD: Prima hai accennato al fatto che, per evitare una guerra civile, ci chiameranno per collaborare alla guida del Paese. Pensi che i veri poteri forti ce lo lasceranno fare?

UM: No, non ce lo lasceranno fare. Penso che ci sarà un momento nel quale potrebbero esserci dei momenti di tale tensione per cui Forze dell’Ordine, pezzi dello Stato, pezzi del governo, diciamo quelli di buona volontà, penseranno che sarà necessario fare qualcosa di molto importante come una rivoluzione strutturale del Paese. Se si arriverà a quelle condizioni si dovranno aprire tutta una serie di tavoli di negoziati, di dialettica anche geopolitica che sono molto delicate e per nulla facili, nelle quali è importante avere un’autorevolezza, una capacità dialettica, una capacità di discussione e probabilmente io e te faremo una brutta fine, ma uno dei grandi vantaggi della nostra età è che potremo scegliere una morte gloriosa.

 

Danilo D’Angelo

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

Facebook
Pinterest
Twitter
Email
Telegram
WhatsApp

Ti potrebbero interessare:

it_IT

Accedi al sito

accesso già effettuato