Poteri oscuri, dietro le comparse della fiction politica nazionale

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Poteri oscuri: ogni tanto emergono maschere, dalla poltiglia nera in cui annaspa l’Italia a partire dalla caduta del Muro di Berlino. Il detonatore fu l’operazione-Tangentopoli, orchestrata con l’aiuto di settori dell’intelligence Usa per affondare tutti i partiti della Prima Repubblica, tranne uno: proprio l’erede della sinistra comunista avrebbe ricevuto le chiavi del regno a patto che tradisse tutti, il paese e il suo stesso elettorato, per svendere al miglior offerente il ricco bottino rappresentato da quella che, negli anni di Craxi, era diventata la quarta potenza economica mondiale. Attraverso uno strettissimo controllo sui media e sulla stessa magistratura, cominciò allora la narrazione aliena della realtà: il linciaggio contro i presunti corrotti, a beneficio dei “buoni” che regalavano l’Italia, pezzo per pezzo, ai poteri che li avevano insediati alla guida del paese, tramite illustri prestanome. Erano gli anni del fragoroso giustizialismo televisivo spettacolarizzato da un caposcuola come Michele Santoro, cui avrebbe fatto eco – di lì a poco – il talento della scolaresca di Marco Travaglio, specializzata nel completare la comoda narrazione anti-italiana della storia recente.

Un sotto-giornalismo per bambini, popolato di marionette: gli italiani dipinti come incorreggibili cialtroni, ladri matricolati, evasori fiscali, mafiosi. Il grande totem farlocco – il debito pubblico – utilizzato come demone, da un’esegesi infantile e ancillare come quella ricamata da Stefano Feltri, già vicedirettore del “Fatto” e ora alla guida del nuovo mini-quotidiano di De Benedetti, dopo esser stato accolto nel salotto del Bilderberg in compagnia di Lilli Gruber, già europarlamentare anti-berlusconiana, reginetta di un panorama feudale e post-giornalistico in cui lo share lo fanno i nipotini della stagione di Mani Pulite come Floris e Formigli, nuovi camerieri del potere reggente, e come Lucia Annunziata, in quota all’Aspen Institute. Poteri oscuri, appunto: nell’Italia appaltata ai D’Alema, ai Prodi e ai Napolitano, e da allora sotto schiaffo – nonostante la vana e disastrosa discontinuità solo apparente del distrattore di massa Berlusconi – un gruppo industriale come quello di Torino s’è mangiato in un sol boccone l’intero Gruppo Espresso, a partire dall’ammiraglia “Repubblica”, senza che una sola voce giornalistica osasse versare una lacrima sulla fine del plurarismo dell’informazione.

 

Poteri oscuri: quelli che – appena scoppiata la cosiddetta pandemia – dopo essersi fatti finanziare uno stabilimento in Marocco hanno preteso e ottenuto, pronta cassa, quasi 7 miliardi di euro per reggere al lockdown, per poi rastrellare altri milioni di euro per mettersi a fabbricare mascherine. A Palazzo Chigi sedeva l’ultimo degli ultimi, il Re Travicello venuto dalla curia romana, a prima vista “inventato” da Beppe Grillo (ospite del Britannia con Draghi nel fatale 1992) ma in realtà allevato dal gruppo del cardinale Silvestrini, lo stesso che ispirava Giulio Andreotti. Un principe degli yesman, l’avvocato Conte, tributario in tutto (attività giuridica, carriera universitaria) dei felpati terminali politici del Vaticano, il grande potere palese che poi, con Bergoglio, ha sancito storiche alleanze – con la Cina per il nuovo globalismo autoritario, con i Rothschild per il nuovo capitalismo del Great Reset – dopo aver convalidato il medievale regime di lockdown imposto all’Italia e promosso in modo sfacciatamente pubblicitario la campagna vaccinale, presentando la vaccinazione addirittura come dovere morale, umanitario.

E di fronte a simili eventi, nel paese lasciato per un anno in balia del dalemiano Arcuri, un personaggio surreale come l’influencer Andrea Scanzi non ha trovato di meglio che passare il tempo a insultare Matteo Salvini, in modo perfettamente speculare allo stile “rasoterra” del capetto della Lega. Splendidamente allineati, Salvini & Scanzi, nel raccontare di tutto, tranne che la verità sulla tragedia italiana patologizzata attraverso la narrazione pandemica: giornalisti e politici fingono di sbranarsi su amenità assolute e comparse irrisorie (Conte e Speranza, l’intero zoo dei 5 Stelle), senza decidersi a denunciare la natura del male, la catastrofe deliberatamente propiziata e aggravata dalla mediocrità, dall’insipienza e dall’improvvisazione, corroborata dai business collaterali, desolata dalle minuscole rendite feudali dei singoli signorotti regionali. Il saldo è deprimente: a cosa servono, politici e giornalisti di questa caratura? Sembrano brocchi frastornati, eppure pronti a spargere inutile veleno su falsi obiettivi, creando nemici di cartapesta ed evocando pericoli inesistenti, dunque ideali per occultare quelli veri: cioè le trame dei grandi poteri, ormai sempre meno oscuri, che sovragestiscono l’Italia ininterrottamente, da trent’anni.

Giorgio Cattaneo

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