di Simone Salve
DIRITTO ALLA SUSSISTENZA, FISCALITÀ MONETARIA E DEPERIMENTO DEL DENARO PER UNA SANA TRIARTICOLAZIONE DELL’ORGANISMO SOCIALE
Con questo scritto vorrei tentare di mettere in luce come la Triarticolazione – che potrebbe apparire altrimenti nebulosa e lontana dalla vita reale – possa trovare la sua naturale configurazione pratica solo se osservata da pochissimi nuovi punti di vista, che sono l’istituzione del diritto alla sussistenza, del deperimento del denaro e della contestuale fiscalità monetaria.
L’esercizio di logica che qui tento di fare, sulla base di questi tre elementi, è quello di trarre tale configurazione concreta dalle parole stesse di Steiner pronunciate nel ciclo di conferenze “Cultura Politica Economia” tenuto a Zurigo nell’ottobre del 1919. Qui viene indicato come fine ultimo della Triarticolazione quello di conformare un organismo sociale tripartito in cui vi sia:
“… una vita culturale autonoma, una vita giuridica anch’essa autonoma (affrancata dall’organismo economico) e la libera organizzazione dell’organismo economico in quanto tale“. (pagina 239 di “Cultura Politica Economia”) .
“… nel presente questi tre elementi della vita – la vita culturale, quella giuridica e quella economica – sono confluiti a poco a poco a formare un’unità caotica e che da questa mistura sono nati i nostri attuali danni sociali“. pag 67
Questi tre pilastri (l’autonomia delle tre sfere sociali) stanno a reggere l’ideale della Triarticolazione scaturito della fantasia morale di Steiner e gli strumenti sopraelencati della garanzia del diritto alla vita, del deperimento del denaro e della fiscalità monetaria ne rappresentano la tecnica morale – messa a fuoco e argomentata nei dettagli dall’Antropocrazia di Nicolò Bellia – passo successivo per tradurre la Triarticolazione nella vita reale, come vuole una delle conclusioni fondamentali di tutta “La filosofia della libertà”.
IL DIRITTO ALLA SUSSISTENZA PER UNA VITA CULTURALE AUTONOMA.
“È il vuoto della vita culturale che dev’essere visto come primo elemento della questione sociale. Questa questione è in primo luogo una questione culturale-spirituale“. pag 35
La Triarticolazione è fondata sull’uomo e quando si discute in ambito sociale della necessità di una vita culturale autonoma, si sta trattando di vita culturale autonoma di ogni individuo. Ma c’è un’istituzione in grado di garantire l’autonomia e la libertà culturale di ogni uomo (e quindi dell’intera sfera culturale), al netto dI nessuna ingerenza esterna, giuridica o economica?
La risposta sta nell’istituto del diritto alla vita e tale diritto non può che passare attraverso un reddito di esistenza universale e incondizionato, provvedimento che sgancerebbe il lavoro dalla sussistenza, a garanzia della possibilità di un’esistenza dignitosa per ogni uomo.
Parlando di arte vera e surrogati dell’arte, Steiner afferma infatti che:
“… la vera arte invece deve far parte di ogni esistenza dignitosa, poiché è solo attraverso di essa che un’esistenza dignitosa diventa piena di contenuto… ”
e
“… non è comprensibile che gli uomini occupati dalla mattina alla sera in questioni di pura e semplice sopravvivenza sentano che un abisso li divide da quest’arte?” pag 174
Potrebbe dunque l’istituzione di un reddito universale dare un forte impulso all’esigenza di una sfera culturale autonoma?
Ci sono eventuali controindicazioni in proposito?
È nella logica consequenzialità di pensieri che il diritto alla vita libererebbe l’uomo dalla soggezione rispetto alla sfera economica e la vita culturale tenderebbe ad affrancarsi da essa. Il lavoro umano diverrebbe sempre più libero e naturale forma di espressione artistica e non più trattato come merce, in un mondo del lavoro alleggerito dall’automazione crescente dei processi produttivi e in cui la tecnica sarebbe posta veramente al servizio dell’uomo e non viceversa.
Infatti
“... In futuro la forza lavoro non dovrà più essere una merce, non dovrà più esistere la condizione per cui da un lato sul mercato delle merci si pagano i beni, e dall’altro, sul mercato del lavoro, il lavoro umano viene pagato sotto forma di salario“. pag 86
Il lavoro di per sé non deve dunque far parte del processo economico e
“la Triarticolazione sociale tende ad emancipare completamente il lavoro dal processo economico“. pag 88
Il diritto alla vita con un reddito universale e incondizionato è proprio quell’istituzione che permetterebbe di emancipare il lavoro dal processo economico perché l’uomo, liberato dalla sussistenza, non sarebbe più costretto a prostituire il proprio corpo e il proprio talento e a sacrificarli sull’altare della sussistenza e di un caotico mercato del lavoro. Sancire il diritto alla vita vorrebbe dire togliere all’uomo l’aculeo di Arimane e cioè liberarlo dalla necessità di dover “fare di pietre pane”.
Steiner ha ripetuto più volte l’esigenza di separare il lavoro dal reddito:
“L’importante è che il concetto di lavoro non venga in qualche modo messo in relazione con quello del reddito“. pag 311
Ma finché non si istituisce il diritto alla vita tale processo non potrà avvenire in nessun modo. L’assegnazione a ogni uomo dalla nascita fino alla morte di un reddito universale e incondizionato risolverebbe la questione in modo rapido e concreto. Ci sono in merito delle idee alternative rispetto all’importante e chiarissimo contenuto di quest’ultima citazione di Steiner?
La Triarticolazione non si creerà mai da sé o quando gli uomini in un futuro lontano saranno pronti, ma ha bisogno delle idee giuste e dunque delle
“istituzioni che devono ricevere un’impronta di solidarietà sociale“. pag 121
Il reddito universale e incondizionato è la proposta che porta con sé un altissimo se non massimo contenuto di solidarietà sociale, perché non c’è ideale morale più grande e più cristiano di quello che vuole la possibilità che ogni uomo possa sganciarsi dalla necessità e dalla schiavitù del lavoro cui è ridotta la stragrande maggioranza degli uomini.
Steiner, ai fini dell’autonomia della sfera culturale, afferma che la domanda da porsi è:
“Quale struttura sociale saprà collocare l’uomo al posto in cui possa lavorare per il bene della comunità umana in base al proprio essere, alle proprie capacità e ai propri talenti?“. pag 51
Tale struttura sociale in cui ogni uomo possa lavorare per il bene della comunità umana non può che essere una struttura fondata sul reddito di esistenza, che è una misura accettabilissima anche rispetto all’esigenza di trovare soluzione a un altro fondamento della Triarticolazione per cui
“… ogni uomo riceva in cambio di ciò che produce ciò che lo metta in condizione di soddisfare tutti i suoi bisogni fino al momento in cui avrà realizzato un altro prodotto uguale“. pag 117
Il reddito universale e incondizionato andrebbe a risolvere alla radice la questione. Con il diritto alla sussistenza ogni uomo sarà posto nella condizione di poter soddisfare i propri bisogni, a prescindere da ciò che produce e dalla quantità di ciò che produce.
E ancora, a conferma della solidità della proposta del reddito di esistenza vi è quella che Steiner definisce come “assioma” fondamentale della Triarticolazione:
“D’altro canto, il fatto che il singolo sia in grado di dare efficacia al proprio lavoro, di occupare effettivamente il posto in cui gli è possibile procurarsi i mezzi necessari al suo sostentamento, dipende a sua volta dal fatto che gli uomini fra i quali vive abbiano o meno adottato delle misure sociali che gli consentano di occupare un posto di lavoro adeguato ai suoi talenti“. pag 120
Questa misura sociale che consentirebbe a ognuno di occupare un posto di lavoro adeguato ai propri talenti è senz’altro il diritto alla vita e alla sussistenza perché collocherebbe ciascuno, liberamente e naturalmente, nel posto che gli compete. I talenti infatti possono esprimersi pienamente solo se liberati dalla necessità della sopravvivenza. In caso contrario vengono mortificati, inibiti e compressi.
La garanzia del diritto alla sussistenza è l’unica via affinché l’uomo possa esprimere in pieno i propri talenti e deve essere concesso a ogni uomo da tutti gli altri uomini mediante un accordo tra uomini, e non elargito per bontà sua dallo Stato o dall’Economia o da qualunque autorità esterna che lo sottoporrebbe in ogni caso a condizioni.
Il diritto alla vita è lo strumento tecnico che permette la messa a regime della fondamentale legge sociale enunciata da Steiner in uno scritto del 1905 intitolato “Scienza dello spirito e problema sociale”, fino a qualche tempo fa pubblicato in appendice al libro “I punti essenziali della questione sociale” e poi scomparso dalle successive edizioni.
Secondo tale legge fondamentale:
“La salute di una comunità di uomini che lavorano insieme è tanto maggiore quanto meno il singolo ritiene per sé i ricavi delle sue prestazioni, vale a dire quanto più di tali ricavi egli dà ai suoi collaboratori, e quanto più i suoi bisogni non vengono soddisfatti dalle sue prestazioni, ma da quelle degli altri“.
Affrancato dall’obbligo di dover lavorare per vivere grazie al reddito base e staccato così il reddito dalla sussistenza, l’uomo potrebbe veramente tendere a concepire il proprio lavoro in senso altruistico, addirittura come dono agli altri, ma non per obbligo o per dovere morale ma secondo una libera scelta, sganciata dalla necessità.
Steiner infatti così prosegue:
“Non si deve però pensare che basti dar valore a questa legge in un senso genericamente morale, oppure che la si voglia più o meno trasformare nel senso che ognuno lavori al servizio dei propri simili. No, in realtà la legge vive come deve soltanto se a una comunità di uomini riesce di creare istituzioni tali che mai qualcuno possa trattenere per sé i frutti del suo lavoro, ma che questi vadano a vantaggio della comunità, possibilmente senza residui… questa legge fondamentale vale per la vita sociale con tale esclusività e necessità, come ogni legge naturale vale per ogni specifico campo della natura“.
Il reddito di esistenza incondizionato rappresenta a ben guardare il frutto del lavoro di tutti che va a vantaggio del singolo e dal punto di vista del singolo rappresenta lo strumento che gli permette di lavorare non per sé ma per tutti gli altri uomini.
Nella legge sociale più sopra citata Steiner indica una istituzione, una legge che impedisca di trattenere per sé i frutti delle proprie prestazioni. In ogni scambio ci sono di fronte una merce e il denaro. Ma per ciò che attiene alle merci la legge che impedisce loro di trattenerle è quella della morte: tutte le merci deperiscono e muoiono. Per ciò che attiene invece al denaro, tale legge non è attiva perché il denaro non deperisce per natura e quindi deve essere obbligato a morire con una legge, e cioè con la tassazione monetaria. Solo così il denaro e la merce possono porsi di fronte alla pari.
Nello stesso scritto del 1905 Steiner afferma che
“in cambio (del non dover trattenere per sé il frutto delle proprie prestazioni n.d.r) ognuno deve a sua volta essere mantenuto dal lavoro dei suoi simili. Il punto è cioè che siano due cose del tutto distinte il lavorare per i propri simili e conseguire determinate entrate“.
E questo con cosa può realizzarsi se non con l’istituzione del diritto alla vita? Esso consentirebbe in effetti di tenere distinti il lavorare per i propri simili e il conseguire determinate entrate.
A sostegno della urgenza e della necessità della istituzione del reddito incondizionato vi è l’obiettiva osservazione di ciò che sta diventando il mondo del lavoro. Esso fra venti o cinquant’anni non sarà più come oggi ma tenderà a una sempre più completa automatizzazione. Allora a chi l’essere umano dovrà obbedire per ricevere il denaro che gli consenta di vivere?
FISCALITÀ MONETARIA E DEPERIMENTO DEL DENARO PER L’AUTONOMIA DELLA SFERA GIURIDICA ED ECONOMICA
“Grazie a questa autonomia (sospinta dal reddito di esistenza n.d.r.), la vita culturale acquisirà le forze necessarie per intervenire in maniera efficace e salutare nella vita statale e soprattutto in quella economica“. pag 70
Con un micidiale impulso alla sfera culturale attraverso il reddito di esistenza si getterebbe una solida base di cemento armato rispetto all’indipendenza e all’autonomia della vita giuridico statale. Con tale istituzione infatti la gestione della ricchezza verrebbe sottratta alla sfera statale e assegnata a individui e famiglie, e l’economia tenderebbe ad assestarsi sul piano dei reali bisogni dell’uomo e sulle sue reali esigenze di consumo. E cioè la vita economica e quella giuridica tenderebbero finalmente a scaturire da quella culturale e non viceversa.
Ma per sottrarre definitivamente la sfera culturale dall’influenza indebita di quella giuridica (ed economica) occorre premere verso la eliminazione di tutte le forme dirette e indirette di tassazione. Questa è una condizione imprescindibile rispetto al principio dell’autonomia delle tre sfere. Ogni minima tassa è una prevaricazione dell’una sfera nelle altre. E allora, se non può sussistere nessuna forma di tassazione, né diretta né indiretta, dove andrebbe preso il denaro per elargire il reddito di esistenza e pagare le spese dello Stato?
La risposta a questa domanda è nell’istituzione della fiscalità monetaria con lo strumento del deperimento del denaro e questa risposta la offre tra le righe lo stesso Steiner:
“Il denaro diventa reale solo quando viene speso…, il capitale va tassato nel momento in cui viene immesso nel processo economico. E allora emerge il fatto sorprendente che l’imposta sulle entrate dev’essere trasformata in un’imposta sulle uscite… Quando parlo di imposta sulle uscite, non intendo dire imposte indirette e neanche dirette. Si tratta del fatto che nel momento in cui ciò che ho acquistato viene immesso nel processo economico, nel momento in cui diventa produttivo, viene anche sottoposto a tassa.” pag 97
Se qui si esclude la legittimità di ogni tipo di tassazione diretta e indiretta, il riferimento non può che essere all’idea della fiscalità monetaria attraverso il deperimento del denaro. Denaro che così viene sottratto alla sfera economica, cui per natura non appartiene, e non sarà più oggetto di scambio economico.
“Bisogna solo tener presente che il denaro, essendo diventato un oggetto economico reale, simula all’uomo allo stesso tempo qualcosa di immaginario, di irreale, e così facendo tiranneggia gli esseri umani”. pag 83
E ciò è dovuto alla moderna concezione del denaro che offre all’uomo l’illusione dell’immortalità.
Perché il denaro non sia più strumento di potere nei confronti degli uomini occorre dunque che vada a morire, che deperisca come tutte le altre merci al mondo, e tale quota di deperimento verrebbe poi riemessa per coprire il fabbisogno del reddito base e le spese dello Stato con una massa monetaria che tenderebbe pressoché a restare invariata. Il tutto in un processo vivente e organico che collocherebbe il denaro nel suo giusto posto.
A questo punto anche il dogma della moneta elettronica come potenziale strumento ad esclusivo vantaggio dei poteri forti o delle élite finanziarie potrebbe essere abbattuto e la completa virtualizzazione e digitalizzazione del denaro sarebbe accolta come una sua naturale evoluzione in quanto spirito sempre più realizzato e nessun potere esterno a ognuno avrebbe la possibilità di controllarlo e manipolarlo a proprio favore.
Con la fiscalità monetaria si passerebbe cosi da un sistema di tassazione che incide sulla parte dinamica dell’economia (l’imposta progressiva sul reddito) e che inibisce e troppo spesso strozza sul nascere ogni libera iniziativa economica a un sistema di tassazione statico (fiscalità monetaria) che avrebbe il grandissimo vantaggio di non generare inflazione come invece avviene con la tassa progressiva sul reddito che, scaricandosi sull’aumento dei prezzi, finisce per erodere la ricchezza di una comunità o di un Paese in un circolo vizioso.
A ben guardare, la legge sociale fondamentale sopra citata, quella per cui una comunità è tanto più sana quanto meno ognuno trattiene per sé i proventi del proprio lavoro, otterrebbe una grossa spinta propulsiva con il deperimento monetario che incentiverebbe la circolazione del denaro e ne scoraggerebbe l’accumulo. Il denaro acquisterebbe un’accezione altruistica perché si avrebbe la tendenza a non trattenerlo per sé ma a spenderlo o a renderlo produttivo.
Risulta allora evidente come il reddito di base universale e incondizionato, e cioè l’autonoma e individuale emissione di denaro periodica fatta da ognuno a se stesso, unitamente alla fiscalità monetaria con lo strumento del deperimento del denaro, siano le sane istituzioni che possano rispettivamente garantire libertà nella sfera culturale, uguaglianza in quella giuridico statale e fraternità nella sfera economica.
Incomprensibilmente, anche in ambito antroposofico e di chi si occupa di Triarticolazione, c’è una immotivata reticenza rispetto all’istituzione del reddito di esistenza. L’unica critica che vi si pone è una presunta immaturità dell’essere umano rispetto alla gestione di tale libertà. Un esperto di Triarticolazione mi ha detto che “il reddito di esistenza diverrebbe ben presto un reddito da divano!”. Ma i divani qualcuno dovrà pur produrli!
In merito a questa sfiducia diffusa per l’essere umano, Steiner dice a conclusione del ciclo di conferenze oggetto di questa analisi:
“Ci sono ancora persone che dicono: – sì queste idee sono davvero nobili. Ma oggi come fanno gli uomini ad elevarsi fino a queste idee? – … non c’è bisogno di stare a sindacare quanto maturi o immaturi siano gli uomini, ma occorre dire sempre di nuovo ad alta voce ciò che si ritiene vero e fruttuoso, e poi stare a vedere che gli uomini maturino. Se si fa così, se non ci si stanca di continuare a ripeterlo, gli uomini matureranno prima di quanto farebbero se si continua a rinfacciargli la loro immaturità… e io credo che allora gli uomini potranno maturare in fretta“. pag 304
La conseguenza logica di questa sfiducia nell’uomo è la convinzione che la realizzazione della Triarticolazione Sociale possa passare solo attraverso il singolo che mediante un processo interiore individuale evolva nella direzione giusta gettando luce, a piccoli passi, in mezzo agli altri.
Steiner in proposito sembra chiarissimo:
“Non si tratta allora di dividere la faccenda in due parti uguali: prima prepariamo gli animi, e poi spunteranno le condizioni auspicabili dal punto di vista sociale. No, si tratta invece di accettare la questione sociale, di cercare di realizzare nella realtà qualcosa come il terreno giuridico autonomo o il terreno culturale indipendente…” pag 165
Il terreno giuridico autonomo si realizza con la fiscalità monetaria contestuale al deperimento del denaro mentre il terreno culturale indipendente si realizza istituendo il diritto alla vita con il reddito di esistenza universale e incondizionato.
Il mondo del presente ha bisogno delle idee giuste e non di continue denunce contro questo o quel potere forte che incatena l’uomo. Troppo spesso anche in ambito antroposofico si fanno rivendicazioni contro l’impianto antiumano economico e sociale voluto e sostenuto dalle élite finanziarie o dai poteri occulti.
Detto con le parole di Steiner:
“È facile dire: questi e quei danni sono sorti dalla produzione moderna (o a causa dei poteri forti o di forze occulte n.d.r), quindi va eliminata e sostituita con un’altra. Non si tratta di rivendicare qualcosa, bensì di studiare le leggi di vita di un organismo vivente che già esiste“. pag 167
Gli uomini non hanno dunque bisogno di rivendicazioni ma di proposte concrete che abbiano a che fare con la realtà esistente e che permettano loro di uscire dalle caverne e risolvere i reali problemi. Questo propone l’Antropocrazia attraverso l’istituzione del diritto alla vita e della fiscalità monetaria contestuale al deperimento del denaro. Tre istituzioni che scaturiscono certo da idee e pensieri complessi ma che hanno il grande vantaggio di rappresentare una sintesi completa e chiara, anche rispetto alla sua attuale esigenza di comunicabilità e comprensione.
Tre elementi molto concreti che permetterebbero innanzitutto di liberare la sfera culturale, di assegnare alla sfera statale solo quelle che sono le sue prerogative naturali: far rispettate le leggi scaturite dalla vita culturale (e non viceversa) e occuparsi di pubblica sicurezza, con giudici eletti direttamente e periodicamente, per circoscrizioni territoriali, dai cittadini.
Ciò in pieno accordo con quanto afferma Steiner in proposito:
“Coloro che sono gli amministratori della vita culturale dovranno nel contempo fornire i giudici, ed ogni uomo avrà il diritto e la possibilità di decidere lui stesso da quel giudice vuol essere giudicato“. pag 145
La sfera economica infine, grazie alla realizzazione delle tre istituzioni chiave, vivrebbe un grande rifiorire, evolvendo in una naturale e spontanea spinta all’associazionismo tra le realtà di chi consuma, di chi produce e di chi distribuisce ricchezza.
Ma come è possibile creare queste istituzioni? Chi può realizzarle e dove e quando?
“Se c’è un numero sufficiente di persone che capiscono le cose, costoro e le loro azioni rendono la faccenda immediatamente pratica“. pag 298
Per chiudere riporto qui una ricapitolazione delle idee tecniche dell’Antropocrazia: una sintesi sul come, in modo concreto, la Triarticolazione possa finalmente apparire chiara, pratica e veramente risolutiva della questione sociale.
“Sono aboliti tutti i tributi e gli obblighi previdenziali, col risultato del dimezzamento dei prezzi e del raddoppio del potere d’acquisto di tutto il denaro esistente, sul quale è istituita una decurtazione periodica, piccola e ineludibile, che non si scarica sui prezzi e che impedisce l’ingiusta speculazione finanziaria, parassitaria dell’economia reale.
In contropartita a tale decurtazione è emesso per ciascun cittadino dalla nascita alla morte un reddito base incondizionato mensile in misura uguale per tutti e tale da assicurare a ciascuno il diritto a una libera e dignitosa esistenza, nonché una quota monetaria per sostenere le spese dello Stato, il quale si occupa solo dell’amministrazione della Giustizia e della Pubblica Sicurezza, con magistrati eletti direttamente e periodicamente dai cittadini.
Grazie a queste misure ciascun individuo può diventare libero e sovrano nella vita sociale e ogni istituzione è posta al suo esclusivo servizio.”
Immagine di copertina: La Danza, di Henri Matisse