De profundis per Alitalia?

Per l’ennesima volta Alitalia è ad un passo dal portare i libri in tribunale…

Ripetutamente salvata da capitani coraggiosi o boiardi di Stato, ripetutamente gettata e poi strappata dalle braccia di eroici salvatori stranieri – l’ultimo della serie, l’Etihad, entusisticamente celebrato da quel grande premier che è stato Matteo Renzi – si trova di nuovo davanti al baratro.

E con lei la dignità di una classe dirigente italiana corrotta, incapace e rapace.

Dove erano questi signori, che progettavano piani industriali fumosi ma incassavano bonus e buonuscite milionarie quando compagnie low cost come Ryanair, Airberlin, Wind Jet, EasyJet riuscivano a sfilare le tratte più remunerative ad Alitalia – facendo anche profitti?

Il De profundis della compagnia è stato intonato nell’assordante silenzio del suo management che non poteva non sapere.

Quanto a me, personalmente non posso dire di essere sorpreso da questo ennesimo episodio della saga; il mio rapporto con Alitalia è stato pessimo fin dall’inizio. 

Percorrendo la tratta Los Angeles-Roma tre o quattro volte all’anno per diversi anni, ben presto ho preferito utilizzare altre compagnie, persino con l’onere di uno scalo piuttosto che volare Alitalia con un volo diretto.

Tanta era la mancanza di organizzazione, la boria del personale, la condizione degli aerei, la roulette russa dell’arrivo del bagaglio a destinazione, che da un certo momento in poi ho giurato a me stesso che mai più sarei salito su in aereo Alitalia, e così ho fatto.

È evidente che in un mercato competitivo il passeggero si orienta verso le compagnie che gli danno un servizio professionale ed efficiente.

E quello di Alitalia non lo è più da decenni.

Incapacità gestionale e rapacità manageriale da un lato e mancanza di professionalità dall’altro; ci stupiamo allora che le cose siano andate così?

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