Morti sospette che non fanno notizia

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I global media allineati, le presstitutes, hanno nominato Presidente degli USA Joe Biden, ma l’elezione, Trump o Biden che sia, salvo prevedibili imprevisti, avverrà il 6 Gennaio a Washington.
Gli stessi media hanno ignorato non solo le clamorosi frodi ma persino alcune morti sospette.
Come la morte di Deal Harrison, giovane collaboratore di Kelly Loeffer, ricca e potente senatrice repubblicana della Georgia, fedelissima del Governatore della Georgia Brian Kemp, al pari del Segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger, tutti esponenti della “swamp” repubblicana.
Questa la palude che Trump aveva ripromesso di prosciugare, definiti con disprezzo RINO (acronimo di Repubblicani Solo Di Nome) occulti attuatori di politiche asservite al Deep State, trasversale al Partito Democratico e potere finanziario.
Dall’analisi degli eventi è palese che i RINO non rispondono a logiche di partito bensì ad interessi di parte.

Ovunque nel mondo, i media locali, per una serie di concause sono molto più difficilmente controllabili rispetto ai media nazionali, asserviti al più becero potere finanziario, che hanno attribuito la morte del ventenne Harrison ad incidente stradale. Invece i media locali hanno evidenziato che la sua auto è esplosa, fatto supportato da video e foto che rimandano agli attentati di mafia o a quelli in Siria, Iraq, Afghanistan, con mine ed esplosivi piazzati sulla strada in attesa del passaggio dell’auto della vittima.

Il malcapitato era fidanzato della figlia di Kemp il quale, dopo la farsa del voto di Novembre non riconobbe i brogli e si dichiarò contrario ad una verifica, per poi, messo alle strette dal team di Trump, dichiararsi favorevole, ma il giorno dopo la morte di Harrison tornò sui suoi passi.
Non bastasse, il poliziotto che effettuò le indagini, sostenendo che l’auto esplose su una mina, venne rinvenuto morto, apparentemente suicida, evento scivolato nel silenzio mediatico.

Una ridicola strumentalizzazione delle parole di Trump

Tutto il mondo ha rilanciato l’audio del Washington Post, con la telefonata intercorsa tra The Donald ed il segretario di Stato della Georgia, Bran Raffensperger, provvisto di registratore. Tutte le comunicazioni che intercorrono con la Casa Bianca sono registrate, ma divulgarle è soggetto a severi vincoli, infatti Raffensberger ed il suo maldestro avvocato hanno già ricevuto querela da parte di Trump.

Al limite del ridicolo la ricostruzione degli eventi, le accuse a trump di aver minacciato il governatore per far ribaltare il voto. In sintesi il presidente diceva:

“attenzione che hai fatto una cosa illegittima e rischi la galera, meglio che ammetti le irregolarità. Ho perso per 11.780 voti, vedi di far affiorare i brogli, meglio per il Partito e per te che rischi la galera ”.

L’audio, tagliato e montato ad uso e consumo per gettar letame su Trump, in sede giudiziaria ha valore zero, ma è ottima fuffa per gli sprovveduti clienti delle presstitutes. La telefonata, pur risalente ai primi di Dicembre è stata divulgata in questi giorni appositamente per gettare discredito sul GOP (Great Old Party) in occasione dell’importantissimo voto senatoriale, sempre in Georgia, previsto per oggi 5 Gennaio.

Elezioni presidenziali: si terranno il 6 Gennaio o ancora più tardi?

Che nessuno si faccia ingannare dai media, il presidente deve ancora essere eletto.
La presunta elezione di Biden, avvenuta il 14 Dicembre da parte dei Grandi Elettori demok.rats, è unicamente folklore, tradizione, senza il sigillo delle istituzioni, esattamente come l’analoga elezione di Trump da parte dei suoi Grandi Elettori, evento però ignorato dai media, che la bollarono come kermesse di partito, come in effetti è, al pari della kermesse democratica, a cui però conferirono il carisma dell’ufficialità.
Infatti il 6 Gennaio a Washington, nell’opportuna sede Istituzionale, ci sarà da parte di Mike Pence, in qualità di Presidente del Senato, l’apertura delle buste col voto dei Grandi Elettori che sceglieranno il presidente.
Per gli Stati in cui vi sono contestazioni saranno presenti e voteranno sia Grandi Elettori Dem che Rep, infatti è stata calendarizzata la contestazione del voto del 3 Novembre, con ipotesi di istituire una commissione che valuti i brogli, composta da dieci parlamentari dei due schieramenti e cinque giudici.


In tal caso la nomina dell’inquilino della Casa Bianca slitterà a dopo che sarà stata valutata la relazione dei quindici.

Vi è una seconda opzione, meno probabile, vale a dire che Pence rigetti tutte le buste col voto degli Stati dove ci sono contestazioni, ritenendo valido solo il voto dei restanti Stati. Depennando, dai 306 Grandi Elettori che i Media hanno assegnato a Biden, quelli degli Stati contestati, alla Casa Bianca non si avrebbe nessun cambio d’inquilino poiché la maggioranza sarebbe comunque di Trump, che dispone di 232 voti non contestati.
Resta sempre pronto, low profile (ma non troppo) l’ex Generale Michael Flynn, qualora sia necessario ricorrere al NEA, National Emergency Act, Legge in vigore dal 1976, ovvero dichiarare l’emergenza nazionale, anche considerando che le Forze Armate, con visione patriottica, sostengono Trump, a differenza dell’industria bellica, di respiro globalista, a fianco di Biden. Alla faccia di pacifisti, pacifinti e pacifessi.

Al contempo è stata indetta, sempre a Washington, una manifestazione dei sostenitori di Trump, con Antifa e BLM che hanno pacificamente minacciato contro-proteste e di diffondere virus (giusto per restare in tema) negli alberghi che accoglieranno il popolo repubblicano. Da par sua, la Sindaca dem Muriel Elizabeth Bowser, ha democraticamente prospettato di far chiudere alberghi ed hotel e di bloccare l’accesso a treni e bus.

In ogni caso, si preannunciano fuochi artificiali alla lettura della relazione depositata dal responsabile del coordinamento dei diciassette Servizi Segreti, militari e civili, mirata a riscontrare eventuali ingerenze estere nella tornata elettorale. Codice Penale alla mano, si può ipotizzare il tintinnio delle manette.
Intanto proseguono le audizione di testimoni giurati (affidavit) e periti del Tribunale, che hanno acclarato che parte delle schede utilizzate per il voto cartaceo proviene dalla Cina e che le macchine contavoti di Dominion erano dotate di una sorta di modem che consentiva di interagire con l’esterno. In parole povere bastavano un paio di click da Roma o Lagos o Katmandu, senza menzionare Pechino, per trasferire a Biden decine, centinaia, migliaia di voti di Trump.
Tale ipotesi in questi giorni è stata rigettata dai Democrat, ma nel 2006, lo stesso Biden, in sostanza testimone contro se stesso, lamentava che dall’estero si poteva alterare il voto elettronico.
Proprio come avvenuto ora.

Mauro Mauri

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