Mezze verità, menzogne intere

Massimo Scaligero foto di Leti Messina
di Piero Cammerinesi

Con la crescita smisurata della rete, a fianco delle considerevoli opportunità di informazione che essa offre, si moltiplicano purtroppo esponenzialmente anche le non-verità, o quantomeno le mezze verità che – ove non vengano integrate e rettificate – si trasformano in menzogne intere.

 

Una breve premessa. Personalmente non trovo utile partecipare a discussioni in blog o siti ove sia evidente la monoliticità spesso pregiudiziale di certe posizioni, il che riduce la partecipazione a pura e semplice polemica.
Non mi interessa minimamente convincere qualcuno o prevalere con le mie argomentazioni o punti di vista.
Ognuno ha la verità che è in grado di conquistarsi ed è giusto che riceva il rispetto dell’altro.
Tuttavia a volte si rende necessario rettificare informazioni inesatte, incomplete, che, utilizzate in modo inappropriato, si trasformano in vere e proprie falsificazioni della realtà.

Una di queste – che circola da anni in vari ambiti, ma che è riapparsa recentemente su siti tedeschi – è l’accusa di razzismo mossa a Massimo Scaligero, il quale, peraltro, in tal modo si trova in buona compagnia, visto che anche Rudolf Steiner è stato piú volte accusato di razzismo, avendo egli utilizzato il termine ‘Rasse’ per descrivere le varie epoche dello sviluppo dell’umanità.

Ma veniamo a Scaligero.

Bene, iniziamo con il dire che Massimo è stato il mio Maestro.
L’ho riconosciuto fin dal primo momento in cui l’ho visto, allorché ha aperto la porta a un giovane di neanche 18 anni che cercava una via di conoscenza.
Ho avuto la straordinaria fortuna di avere ‒ per quasi nove anni fino alla sua scomparsa – con lui un incontro settimanale privato.
Questo solo per ribadire che ho degli elementi diretti, non di seconda mano, per affrontare la questione.
Posso testimoniare della sua coerenza sovrumana, del suo comportamento morale elevatissimo; Massimo era amichevole, diretto, altruista, generoso sino all’abnegazione, parlava con tutti e a tutti donava i frutti della sua esperienza interiore. Se necessario – e accadeva non di rado ‒ aiutava anche economicamente, pur vivendo lui stesso in ristrettezze, chi ne aveva bisogno.

C’erano intorno a lui, negli anni ’70 e ’80, tanti ragazzi con le piú diverse fedi politiche – allora gli ideali avevano ancora diritto di cittadinanza tra i giovani ‒ dagli anarchici come me ai militanti della sinistra extraparlamentare fino agli estremisti di destra.
Tutti gli uni accanto agli altri, senza che mai sorgesse tra noi problema alcuno, perché quello che Massimo portava, il suo pensiero, il suo esempio e la sua esperienza nulla avevano a che fare con la politica.

Ci ha sempre insegnato a superare i pregiudizi – caratteristici dell’approccio politico ‒ che rendono arduo, quando non impossibile, il rispetto dell’opinione dell’altro essere umano.
Con dedizione, calore, consapevolezza e rigore.
Senza parlare del suo straordinario lavoro di pensatore e scrittore.
Ripeto, queste sono esperienze dirette, non di seconda mano.

Detto questo, è vero che egli nel Ventennio non ripudiò il fascismo, bensí ne guardò il lato positivo, cercando di esaltarne la parte piú nobile.

Come fecero molti italiani.
Come molti tedeschi furono nazisti e molti russi comunisti.

Prima della guerra egli cercò di esprimere i suoi pensieri in sintonia con quel periodo storico; dopo la guerra si lasciò completamente alle spalle la politica né mai piú ne parlò o scrisse alcunché. Anzi, libri come Lotta di classe e Karma, o Rivoluzione, discorso ai giovani sono nati proprio dalla necessità di superare il punto di vista politico, per sua natura limitato e limitante.

Scaligero fu imprigionato dagli alleati alla fine della seconda guerra mondiale, visto che egli dirigeva una rivista, Italia marinara, il cui direttore responsabile era Starace, noto gerarca fascista, il quale non se ne occupava minimamente, tanto da non essere neppur mai passato in redazione. Tuttavia esisteva la sua carta intestata che veniva usata per la corrispondenza.

Cosí, allorché due ebrei – che erano peraltro antroposofi – si rivolsero a Massimo per poter abbandonare Roma, egli li aiutò, fornendo loro un permesso scritto su carta intestata di Starace e firmato da lui.
Era inoltre accusato di essersi recato spesso al comando generale tedesco durante la guerra e questo venne considerato sospetto.
Trascorse sei mesi nel carcere romano di Regina Coeli in condizioni durissime ma poi la verità venne a galla. Il motivo era semplice: poter aiutare persone che cercavano di scappare dalla Roma occupata.
Quando questo giunse a conoscenza degli

Alleati, l’inchiesta si chiuse e Massimo venne rilasciato con le scuse di rito.

Una delle menzogne – peraltro facilmente smascherabili – che oggi ancora circolano è Massimo  Scaligero firmatario del Manifesto della Razza.

Ebbene, il Manifesto degli scienziati razzisti, altrimenti detto Manifesto della Razza, venne dapprima pubblicato in forma anonima su Il Giornale d’Italia (siamo nel luglio del 1938) e successivamente ripubblicato sul primo numero della rivista La difesa della Razza (5 agosto del 1938) questa volta con la sottoscrizione di dieci scienziati italiani: Lino Businco, Lidio Cipriani, Arturo Donaggio, Leone Franzi, Guido Landra, Nicola Pende, Marcello Ricci, Franco Savorgnan, Sabato Visco, Edoardo Zavattari. Il Manifesto ebbe il compito di dimostrare come il concetto di razza fosse un concetto scientifico (articolo tre del Manifesto: il concetto di razza è concetto puramente biologico) e dunque sottostante al metodo sperimentale, scientificamente comprovabile.

Il razzismo italiano e il relativo antisemitismo presero origine da quel Manifesto. E quel manifesto venne firmato da dieci scienziati. Venne sviluppata successivamente una cronaca razzista, antisemita, e vennero creati, ad hoc, giornali atti a diffondere le aberranti teorie razziste che oggi chiameremmo pseudo-scientifiche ma che allora erano scientifiche punto e basta. Queste teorie non le crearono i giornalisti e neppure gli intellettuali del Regime che pure se ne fecero divulgatori.

Il razzismo italiano, con la relativa legislazione e normativa (settembre – ottobre 1938), nacque a seguito della pubblicazione del Manifesto della Razza.

Ma il nome di Massimo Scaligero non compare tra i firmatari del Manifesto della Razza. Non compare perché Scaligero non era uno scienziato ma un giornalista.

Pertanto questa non è una mezza verità, ma una menzogna intera.

Un altro dei ‘capi d’accusa’ che viene addotto per suffragare l’accusa di razzismo a Scaligero è la sua militanza tra i seguaci di Julius Evola.
Ebbene, quanto a Evola, Massimo lo aveva avvicinato nella sua ricerca di un Maestro spirituale. Lo seguí effettivamente per un po’, ma appena incontrò la Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner comprese quale fosse la sua strada.

Prese dunque le distanze da Evola, ma mantenne sempre con lui dei rapporti umani di simpatia e di…compassione, visto che nel frattempo Evola – l’indomito autore de Lo Yoga della potenza ‒ viveva ormai completamente immobilizzato su una sedia a rotelle!

Ora, personalmente ritengo che giudicare Massimo Scaligero razzista perché in un determinato periodo della sua vita ha considerato positivamente alcuni aspetti del fascismo sarebbe come considerare l’Apostolo Paolo un persecutore di cristiani, perché lo era stato prima del­l’evento di Damasco.
O vogliamo giudicare Rudolf Steiner un razzista perché ha parlato di razze?
E Francesco d’Assisi, come lo giudichiamo? Un criminale perché ha ucciso un uomo prima di incontrare Cristo?

Anche Massimo ha avuto il suo evento di Damasco; l’incontro con la Scienza dello Spirito. Da allora in poi egli si occupò esclusivamente di esoterismo.
Quando egli scriveva su La razza di Roma non aveva ancora avuto l’espe­rienza che avrebbe cambiato tutta la sua vita: il suo incontro con il pensiero di Rudolf Steiner.

Quello fu il suo evento di Damasco.

Successivamente egli ha disconosciuto, con grande onestà intellettuale e morale, quanto aveva scritto durante il fascismo. A differenza di chi, pur essendo stato fascista, ha sempre ostinatamente negato, per evidente opportunismo, qualsiasi proprio coinvolgimento.
In una lettera di risposta a un amico che stava cercando il libro La razza di Roma (Mantero, Tivoli 1939), nel 1978 Massimo ebbe a scrivere:

Del mio volume su La razza di Roma anch’io sono privo, perciò non so come aiutarti. Quello che in esso vale è riportato nei miei posteriori libri, come La via della Volontà solare: il resto è da me  sconfessato.

Chi desideri davvero cercare la verità e non alimentare esclusivamente il pregiudizio può poi trovare nella sua autobiografia Dallo Yoga alla Rosacroce quanto serve a comprendere come stiano realmente le cose.

In tale opera egli, tra l’altro, scrive:

Non politico, anzi apolitico per temperamento, tuttavia, giovanissimo, nel periodo fascista credetti poter immettere nella forma politica la mia visione del  mondo: questo spiega la categoria in cui qualcuno ancora oggi tenta recludermi: categoria che io non rinnego per debito di lealtà e di verità, ma che non mi ha mai contenuto, né mi ha mai impedito di fare quello che realmente volevo. Tanto è vero che sono stato sempre un isolato, ospitato dalla stampa del tempo solo grazie alla validità etica degli argomenti che proponevo. Quello che ho scritto in quel periodo lo potrei ripubblicare oggi su qualsiasi giornale, di sinistra, di destra o di centro, solo sostituendo alla parola “fascismo”, per esempio, l’espressione “visione sociale” o “istanza morale”. …I miei scritti del tempo stanno lí a testimoniare che io volevo allora quello che voglio tuttora: sottolineare, come senso ultimo dei problemi, l’esigenza della reintegrazione del­l’uomo (pag.93).

E ancora:

Quando scoppiò il razzismo, non nego che fui preoccupato, perché intravvidi subito gli sviluppi assurdi di simile presa di posizione: data una certa apertura della stampa alla mia collaborazione, sentii il dovere di intervenire, perché quel grosso errore fosse il meno nocivo possibile. In tal senso feci uno sforzo invero immediato ed energico, tentando di dare a quell’iniziativa un contenuto che la dominasse, un contenuto etico e simbolico, capace di far sfociare il tutto in serie di provvedimenti educativi e formativi della gioventú (pag 95).

Avvenne persino – ricorda ancora Scaligero ‒ che un osservatore assai fine, sulla rivista “Augustea”, analizzasse le mie tesi e mi accusasse di ‘antirazzismo mascherato’. Quello che pensavo allora del razzismo, lo penso tuttora: lo ritengo un errore mentale dovuto alla incapacità di distinguere nella coscienza l’elemento interiore indipendente dalla razza. Che siano razzisti inconsapevoli, popoli ancora immersi nel proprio elemento etnico, non è grave quanto il razzismo dei popoli che recano le forze dell’anima cosciente. Razzismo insidioso è peraltro quello a cui si dà altro nome, per inconsapevolezza della sua reale natura: in verità veicolo di un impulso piú profondo, dotato di radici nella demonicità della psiche collettiva e giustificante se stesso mediante ideologia politica e persino religiosa (pag.96).

Non sarebbe stato neppure il caso di sollevare ancora una volta quest’argomento, se non fossi stato recentemente costretto a rettificare le conclusioni tendenziose di alcuni antroposofi tedeschi e americani evidentemente poco o mal informati.

In realtà, dopo tanti anni, dopo tutte le opere straordinarie scritte da Massimo Scaligero, dopo il suo grande lavoro di Guida spirituale per migliaia di persone, trovo semplicemente grottesco, o intellettualmente disonesto, che si continui a diffondere – pervicacemente senza leggere i suoi libri né informarsi a fondo – la menzogna di un Massimo Scaligero razzista.

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