di Piero Cammerinesi
Era il 26 Gennaio di cinque anni fa e venni invitato a proiettare il film Oltre. Un Tributo a Massimo Scaligero ed a presentare il mio libro Friedrich Nietzsche e Rudolf Steiner. Storia di un Incontro all’Istituto di Studi Germanici di Villa Sciarra a Roma.
L’invito era stato promosso, in quanto membro del board del prestigioso Istituto romano, dal carissimo amico prof.Marino Freschi, uno dei più autorevoli germanisti italiani, autore di innumerevoli opere su protagonisti della cultura tedesca ed autore della prefazione al mio libro su Steiner e Nietzsche..
Si trattava di un evento – particolarmente significativo perché si svolgeva in una location a poche centinaia di metri dallo studio in cui Massimo Scaligero riceveva i suoi amici – della durata di svariate ore che sarebbe dovuto iniziare poco dopo le 9 del mattino.
A quell’ora la sala era già completamente piena, anche con persone che venivano da altre regioni italiane. Alcuni amici, che conoscevo personalmente, ad esempio, venivano addirittura dalla Calabria ed avevano viaggiato tutta la notte per arrivare di buon mattino a Roma e partecipare all’evento.
I lavori stavano per iniziare allorché la curatrice mi chiamò da parte e mi disse che un suo conoscente, entrato in quel momento in sala, l’aveva messa in guardia dallo sponsorizzare un evento che – oltre che su Rudolf Steiner – si rivolgeva anche a Massimo Scaligero, in quanto quest’ultimo, a suo dire, era un noto … razzista.
E questo, in particolare, in quanto proprio questa data, il 26, cadeva il giorno prima del Giorno della memoria, istituito per commemorare le vittime della Shoah, che si celebra, appunto, il 27 Gennaio.
Lei, essendo ebrea, ovviamente non poteva consentire un tale cortocircuito, dando per scontato la vulgata – purtroppo ancora invalsa – secondo la quale Massimo Scaligero era stato in gioventù un antisemita.
Prese dunque il microfono e, di fronte ad oltre un centinaio di persone attonite, disse che l’evento doveva essere annullato per tale ragione.
Rimasi basito di fronte a tale presa di posizione del tutto insensata; avrebbe dovuto, come minimo – pur dando per vero quanto sosteneva – informarsi prima e non mandare via cento persone venute anche da lontano per assistere all’incontro.
Dopo qualche istante di smarrimento e, cercando di far sbollire la collera che mi aveva afferrato, presi a mia volta il microfono e raccontai come quanto sostenuto dalla signora si basasse su di un pregiudizio del tutto falso e contrario al reale svolgersi dei fatti che coinvolsero Massimo Scaligero negli anni bui del fascismo.
Di fronte alla reiterata volontà della curatrice di mandare a casa tutti, come per incanto, mi raggiunsero allora, alla spicciolata, sul palco una serie di persone che – avendo conosciuto Massimo e sapendo come si erano all’epoca svolti i fatti – iniziarono a raccontare ai presenti esperienze e ricordi.
Tra chi definiva inaccettabile, anche da un punto di vista democratico, il diktat della curatrice e chi raccontava come Massimo, tutt’altro che razzista, aveva salvato negli anni del fascismo diversi ebrei dalla Gestapo (tra i quali alcuni parenti della persona che aveva deciso di raccontare pubblicamente la sua esperienza) erano passate oltre tre ore.
Nel frattempo nessuno degli astanti si era alzato per andarsene, dimostrando la non ammissibilità della pretesa della curatrice e l’interesse per il regolare svolgimento dell’evento.
Ad un certo punto fu proprio Marino Freschi, con un coup de théâtre salomonico a sboccare l’impasse dicendo:
“Beh, proporrei a questo punto di proiettare il film, per far giudicare agli spettatori chi era questo Scaligero”.
Roberta Ascarelli, questo il nome della curatrice dell’Istituto, visto che la situazione le era ormai sfuggita di mano, uscì sdegnata dalla sala per non avallare con la sua presenza questo sacrilegio e così l’evento finalmente potè svolgersi.
L’incontro durò diverse ore e fu molto apprezzato dai partecipanti, alcuni dei quali poi vollero approfondire, ponendo delle domande, la questione del “razzismo” di Massimo Scaligero.
Questo episodio mi è rimasto impresso indelebilmente nell’animo, in quanto potei toccare allora con mano la forza del pregiudizio, che pur avevo sperimentato in altre occasioni, ed ho voluto rievocarlo proprio oggi che è l’anniversario della scomparsa di Massimo Scaligero per sottolineare come anche dopo decenni (Massimo ci ha lasciati il 26 Gennaio del 1980) abbiamo ancora a che fare con sciacalli in veste umana che non esitano a falsificare la realtà per diffondere i propri pregiudizi,
Se provate, infatti, a leggere la voce di Wikipedia su di lui, troverete reiterata questa menzogna.
Nonostante abbiamo più volte modificato il testo – Wikipedia si definisce enciclopedia online, libera e collaborativa, grazie al contributo di volontari da tutto il mondo – della voce Massimo Scaligero, dopo poco ritornava tutto esattamente come prima.
Non solo in Italia, ma anche all’estero ci siamo imbattuti in personaggi come Peter Staudenmaier, che ha fatto una sua ragione di vita quella di infangare la figura di Massimo Scaligero.
Senza contare i giornali ed i siti che hanno pappagallescamente ripetuto la menzogna ed i quali, nonostante io abbia, in qualità di giornalista, inviato loro informazioni corrette con richiesta di rettifica – prevista dall’articolo 8 della legge n. 47/48 (legge sulla stampa) – non hanno mai ottemperato a tale obbligo.
Per fare chiarezza su questo argomento avevo, infatti, inviato loro l’articolo che ripubblico qui sotto, che aveva come titolo Mezze verità, Menzogne intere.
Correva l’anno 2019 e ancora albergavo un residuo di fiducia sulla correttezza dell’informazione, fiducia che avrei ben presto esaurito del tutto, visti gli avvenimenti che, da lì ad un anno, ci avrebbero confermato – oltre ogni ragionevole dubbio – la menzogna sempre più sfacciata dei mezzi di informazione e dei loro servi sciocchi.
Resta il fatto che difendere la verità dei fatti ad ogni costo è dovere ineludibile di ogni onesto giornalista e di ogni corretto ricercatore spirituale.
Sempre e comunque.
Mezze Verità, Menzogne intere
Con la crescita smisurata della rete, a fianco delle considerevoli opportunità di informazione che essa offre, si moltiplicano purtroppo esponenzialmente anche le non-verità, o quantomeno le mezze verità che – ove non vengano integrate e rettificate – si trasformano in menzogne intere.
Una breve premessa. Personalmente non trovo utile partecipare a discussioni in blog o siti ove sia evidente la monoliticità spesso pregiudiziale di certe posizioni, il che riduce la partecipazione a pura e semplice polemica.
Non mi interessa minimamente convincere qualcuno o prevalere con le mie argomentazioni o punti di vista.
Ognuno ha la verità che è in grado di conquistarsi ed è giusto che riceva il rispetto dell’altro.
Tuttavia a volte si rende necessario rettificare informazioni inesatte, incomplete, che, utilizzate in modo inappropriato, si trasformano in vere e proprie falsificazioni della realtà.
Una di queste – che circola da anni in vari ambiti, ma che è riapparsa recentemente su siti tedeschi – è l’accusa di razzismo mossa a Massimo Scaligero, il quale, peraltro, in tal modo si trova in buona compagnia, visto che anche Rudolf Steiner è stato piú volte accusato di razzismo, avendo egli utilizzato il termine ‘Rasse’ per descrivere le varie epoche dello sviluppo dell’umanità.
Ma veniamo a Scaligero.
Bene, iniziamo con il dire che Massimo è stato il mio Maestro.
L’ho riconosciuto fin dal primo momento in cui l’ho visto, allorché ha aperto la porta a un giovane di neanche 18 anni che cercava una via di conoscenza.
Ho avuto la straordinaria fortuna di avere ‒ per quasi nove anni fino alla sua scomparsa – con lui un incontro settimanale privato.
Questo solo per ribadire che ho degli elementi diretti, non di seconda mano, per affrontare la questione.
Posso testimoniare della sua coerenza sovrumana, del suo comportamento morale elevatissimo; Massimo era amichevole, diretto, altruista, generoso sino all’abnegazione, parlava con tutti e a tutti donava i frutti della sua esperienza interiore. Se necessario – e accadeva non di rado ‒ aiutava anche economicamente, pur vivendo lui stesso in ristrettezze, chi ne aveva bisogno.
C’erano intorno a lui, negli anni ’70 e ’80, tanti ragazzi con le piú diverse fedi politiche – allora gli ideali avevano ancora diritto di cittadinanza tra i giovani ‒ dagli anarchici come me ai militanti della sinistra extraparlamentare fino agli estremisti di destra.
Tutti gli uni accanto agli altri, senza che mai sorgesse tra noi problema alcuno, perché quello che Massimo portava, il suo pensiero, il suo esempio e la sua esperienza nulla avevano a che fare con la politica.
Ci ha sempre insegnato a superare i pregiudizi – caratteristici dell’approccio politico ‒ che rendono arduo, quando non impossibile, il rispetto dell’opinione dell’altro essere umano.
Con dedizione, calore, consapevolezza e rigore.
Senza parlare del suo straordinario lavoro di pensatore e scrittore.
Ripeto, queste sono esperienze dirette, non di seconda mano.
Detto questo, è vero che egli nel Ventennio non ripudiò il fascismo, bensí ne guardò il lato positivo, cercando di esaltarne la parte piú nobile.
Come fecero molti italiani.
Come molti tedeschi furono nazisti e molti russi comunisti.
Prima della guerra egli cercò di esprimere i suoi pensieri in sintonia con quel periodo storico; dopo la guerra si lasciò completamente alle spalle la politica né mai piú ne parlò o scrisse alcunché. Anzi, libri come Lotta di classe e Karma, o Rivoluzione, discorso ai giovani sono nati proprio dalla necessità di superare il punto di vista politico, per sua natura limitato e limitante.
Scaligero fu imprigionato dagli alleati alla fine della seconda guerra mondiale, visto che egli dirigeva una rivista, Italia marinara, il cui direttore responsabile era Starace, noto gerarca fascista, il quale non se ne occupava minimamente, tanto da non essere neppur mai passato in redazione. Tuttavia esisteva la sua carta intestata che veniva usata per la corrispondenza.
Cosí, allorché due ebrei – che erano peraltro antroposofi – si rivolsero a Massimo per poter abbandonare Roma, egli li aiutò, fornendo loro un permesso scritto su carta intestata di Starace e firmato da lui.
Era inoltre accusato di essersi recato spesso al comando generale tedesco durante la guerra e questo venne considerato sospetto.
Trascorse sei mesi nel carcere romano di Regina Coeli in condizioni durissime ma poi la verità venne a galla. Il motivo era semplice: poter aiutare persone che cercavano di scappare dalla Roma occupata.
Quando questo giunse a conoscenza degli
Alleati, l’inchiesta si chiuse e Massimo venne rilasciato con le scuse di rito.
Una delle menzogne – peraltro facilmente smascherabili – che oggi ancora circolano è Massimo Scaligero firmatario del Manifesto della Razza.
Ebbene, il Manifesto degli scienziati razzisti, altrimenti detto Manifesto della Razza, venne dapprima pubblicato in forma anonima su Il Giornale d’Italia (siamo nel luglio del 1938) e successivamente ripubblicato sul primo numero della rivista La difesa della Razza (5 agosto del 1938) questa volta con la sottoscrizione di dieci scienziati italiani: Lino Businco, Lidio Cipriani, Arturo Donaggio, Leone Franzi, Guido Landra, Nicola Pende, Marcello Ricci, Franco Savorgnan, Sabato Visco, Edoardo Zavattari. Il Manifesto ebbe il compito di dimostrare come il concetto di razza fosse un concetto scientifico (articolo tre del Manifesto: il concetto di razza è concetto puramente biologico) e dunque sottostante al metodo sperimentale, scientificamente comprovabile.
Il razzismo italiano e il relativo antisemitismo presero origine da quel Manifesto. E quel manifesto venne firmato da dieci scienziati. Venne sviluppata successivamente una cronaca razzista, antisemita, e vennero creati, ad hoc, giornali atti a diffondere le aberranti teorie razziste che oggi chiameremmo pseudo-scientifiche ma che allora erano scientifiche punto e basta. Queste teorie non le crearono i giornalisti e neppure gli intellettuali del Regime che pure se ne fecero divulgatori.
Il razzismo italiano, con la relativa legislazione e normativa (settembre – ottobre 1938), nacque a seguito della pubblicazione del Manifesto della Razza.
Ma il nome di Massimo Scaligero non compare tra i firmatari del Manifesto della Razza. Non compare perché Scaligero non era uno scienziato ma un giornalista.
Pertanto questa non è una mezza verità, ma una menzogna intera.
Un altro dei ‘capi d’accusa’ che viene addotto per suffragare l’accusa di razzismo a Scaligero è la sua militanza tra i seguaci di Julius Evola.
Ebbene, quanto a Evola, Massimo lo aveva avvicinato nella sua ricerca di un Maestro spirituale. Lo seguí effettivamente per un po’, ma appena incontrò la Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner comprese quale fosse la sua strada.
Prese dunque le distanze da Evola, ma mantenne sempre con lui dei rapporti umani di simpatia e di…compassione, visto che nel frattempo Evola – l’indomito autore de Lo Yoga della potenza ‒ viveva ormai completamente immobilizzato su una sedia a rotelle!
Ora, personalmente ritengo che giudicare Massimo Scaligero razzista perché in un determinato periodo della sua vita ha considerato positivamente alcuni aspetti del fascismo sarebbe come considerare l’Apostolo Paolo un persecutore di cristiani, perché lo era stato prima dell’evento di Damasco.
O vogliamo giudicare Rudolf Steiner un razzista perché ha parlato di razze?
E Francesco d’Assisi, come lo giudichiamo? Un criminale perché ha ucciso un uomo prima di incontrare Cristo?
Anche Massimo ha avuto il suo evento di Damasco; l’incontro con la Scienza dello Spirito. Da allora in poi egli si occupò esclusivamente di esoterismo.
Quando egli scriveva su La razza di Roma non aveva ancora avuto l’esperienza che avrebbe cambiato tutta la sua vita: il suo incontro con il pensiero di Rudolf Steiner.
Quello fu il suo evento di Damasco.
Successivamente egli ha disconosciuto, con grande onestà intellettuale e morale, quanto aveva scritto durante il fascismo. A differenza di chi, pur essendo stato fascista, ha sempre ostinatamente negato, per evidente opportunismo, qualsiasi proprio coinvolgimento.
In una lettera di risposta a un amico che stava cercando il libro La razza di Roma (Mantero, Tivoli 1939), nel 1978 Massimo ebbe a scrivere:
Del mio volume su La razza di Roma anch’io sono privo, perciò non so come aiutarti. Quello che in esso vale è riportato nei miei posteriori libri, come La via della Volontà solare: il resto è da me sconfessato.
Chi desideri davvero cercare la verità e non alimentare esclusivamente il pregiudizio può poi trovare nella sua autobiografia Dallo Yoga alla Rosacroce quanto serve a comprendere come stiano realmente le cose.
In tale opera egli, tra l’altro, scrive:
Non politico, anzi apolitico per temperamento, tuttavia, giovanissimo, nel periodo fascista credetti poter immettere nella forma politica la mia visione del mondo: questo spiega la categoria in cui qualcuno ancora oggi tenta recludermi: categoria che io non rinnego per debito di lealtà e di verità, ma che non mi ha mai contenuto, né mi ha mai impedito di fare quello che realmente volevo. Tanto è vero che sono stato sempre un isolato, ospitato dalla stampa del tempo solo grazie alla validità etica degli argomenti che proponevo. Quello che ho scritto in quel periodo lo potrei ripubblicare oggi su qualsiasi giornale, di sinistra, di destra o di centro, solo sostituendo alla parola “fascismo”, per esempio, l’espressione “visione sociale” o “istanza morale”. …I miei scritti del tempo stanno lí a testimoniare che io volevo allora quello che voglio tuttora: sottolineare, come senso ultimo dei problemi, l’esigenza della reintegrazione dell’uomo (pag.93).
E ancora:
Quando scoppiò il razzismo, non nego che fui preoccupato, perché intravvidi subito gli sviluppi assurdi di simile presa di posizione: data una certa apertura della stampa alla mia collaborazione, sentii il dovere di intervenire, perché quel grosso errore fosse il meno nocivo possibile. In tal senso feci uno sforzo invero immediato ed energico, tentando di dare a quell’iniziativa un contenuto che la dominasse, un contenuto etico e simbolico, capace di far sfociare il tutto in serie di provvedimenti educativi e formativi della gioventú (pag 95).
Avvenne persino – ricorda ancora Scaligero ‒ che un osservatore assai fine, sulla rivista “Augustea”, analizzasse le mie tesi e mi accusasse di ‘antirazzismo mascherato’. Quello che pensavo allora del razzismo, lo penso tuttora: lo ritengo un errore mentale dovuto alla incapacità di distinguere nella coscienza l’elemento interiore indipendente dalla razza. Che siano razzisti inconsapevoli, popoli ancora immersi nel proprio elemento etnico, non è grave quanto il razzismo dei popoli che recano le forze dell’anima cosciente. Razzismo insidioso è peraltro quello a cui si dà altro nome, per inconsapevolezza della sua reale natura: in verità veicolo di un impulso piú profondo, dotato di radici nella demonicità della psiche collettiva e giustificante se stesso mediante ideologia politica e persino religiosa (pag.96).
Non sarebbe stato neppure il caso di sollevare ancora una volta quest’argomento, se non fossi stato recentemente costretto a rettificare le conclusioni tendenziose di alcuni antroposofi tedeschi e americani evidentemente poco o mal informati.
In realtà, dopo tanti anni, dopo tutte le opere straordinarie scritte da Massimo Scaligero, dopo il suo grande lavoro di Guida spirituale per migliaia di persone, trovo semplicemente grottesco, o intellettualmente disonesto, che si continui a diffondere – pervicacemente senza leggere i suoi libri né informarsi a fondo – la menzogna di un Massimo Scaligero razzista.
Immagine di copertina: una delle ultime foto che ho scattato a Massimo nell’inverno 1979.