Le Radici spirituali della Tragedia palestinese

di Piero Cammerinesi

Nell’incessante crescendo di orrore che proviene dal genocidio di Gaza la dissonanza cognitiva dell’Occidente sembra non avere limiti. Il Male, che si manifesta quotidianamente con le sue fiammate di inganno, crudeltà, efferatezza, razzismo e vera e propria follia omicida sembra non arrestabile da nessuno, né da governi, né tantomeno da istituzioni internazionali.

Con l’appoggio del tutto acritico e servile della quasi totalità dell’informazione mondiale.

Ma, quel che è peggio, senza una reazione di reale indignazione delle genti, vittime sacrificali della società del controllo globale.

Neppure l’ormai smascherato trucco del razzismo sionista, che apostrofa come razzista e antisemita chiunque critichi la politica di Israele, viene colto dalle masse ormai del tutto svuotate di coscienza. È tale la vergognosa menzogna di coloro che, trincerandosi dietro la pietosa scusa di essere le vittime dell’Olocausto, in realtà sono i carnefici di un intero popolo, commettendo il medesimo crimine di cui pretendono essere le uniche vittime.

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Purtroppo, come si è detto, questa menzogna viene sostenuta a spron battuto da una narrazione mediatica comprata da potentissime lobby alfine di ingannare l’opinione pubblica facendosi passare da vittime invece che colpevoli criminali.

Ed ecco che appena ieri, non ancora terminato il genocidio di Gaza, anche la Cisgiordania, dopo le decennali spoliazioni ed umiliazioni inflitte dai coloni – illegali – alla popolazione palestinese, viene aggredita dall’esercito.

Una situazione geopolitica davvero drammatica e pericolosissima che, tuttavia, per essere compresa appieno, richiede un esame, in prima battuta, della storia passata e, in seconda, della realtà spirituale che sottende lo svolgersi degli eventi esteriori.

Per ovvi motivi di spazio affronteremo la parte storica solo di sfuggita, rimandando il lettore a ricerche più approfondite.

Consiglio, in particolare, questo articolo di Terry Boardman, che scrive, tra l’altro:

Come è nato, ad esempio, lo Stato di Israele nel 1948?
Grazie a decisioni prese nell’ambito del “diritto internazionale”, ovvero il Piano di spartizione della Palestina (mandataria) delle Nazioni Unite, approvato dall’Assemblea generale dell’ONU il 29 novembre 1947 con 33 voti favorevoli, 13 contrari e 10 astensioni. Il Regno Unito, che era uno dei Paesi astenuti, aveva ricevuto nel 1922 un mandato per amministrare la Palestina dalla Società delle Nazioni, un organismo che non esisteva prima del 1919. Per quanto riguarda questi “mandati” della Società delle Nazioni, va notato che il 17 maggio 1922, Lord Balfour informò il Consiglio della Società delle Nazioni che il suo governo intendeva il ruolo della Lega nella creazione dei mandati:
“I mandati non erano una creazione della Lega e non potevano in sostanza essere modificati dalla Lega. I compiti della Lega si limitavano a verificare che i termini specifici e dettagliati dei mandati fossero conformi alle decisioni prese dalle Potenze Alleate e Associate, e che nell’esecuzione di questi mandati le Potenze Mandatarie fossero sotto la supervisione, non sotto il controllo, della Lega. Un mandato era una limitazione autoimposta dai conquistatori alla sovranità che essi esercitavano sul territorio conquistato”.

Questi “mandati” della Società delle Nazioni furono in effetti atti di “furto legalizzato” da parte delle potenze vincitrici (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti e Giappone) dopo la Prima guerra mondiale”.

In buona sostanza, chi ha studiato gli eventi storici principali del XX secolo sa che la nascita dello Stato di Israele è avvenuta all’insegna dell’ambiguità delle potenze allora attive nella regione e della sopraffazione esercitata nei confronti della popolazione autoctona vessata ed umiliata a ritmi crescenti a partire dai primi decenni del secolo scorso.

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Un destino drammatico quello degli abitanti della Palestina, considerati dai fondatori del sionismo e successivamente dello stato di Israele, come una razza inferiore da asservire ai propri interessi e da cacciare dalle proprie abitazioni e villaggi senza pietà alcuna.

Quella che oggi viene ormai definita apertamente da molti pulizia etnica in realtà prende le mosse da fine ‘800, dunque alcuni decenni prima della tragedia dell’Olocausto e prosegue ininterrottamente sino agli anni ’50 con la fondazione dello Stato di Israele giungendo sino ad oggi con i tragici eventi attuali.

I palestinesi, vittime delle quotidiane sopraffazioni israeliane, con l’appoggio di Stati Uniti ed Europa non hanno avuto sino ad oggi nessuna chance se non quella di essere ostaggi dello spirito di vendetta, finendo inevitabilmente a loro volta nelle mani di criminali altrettanto sanguinari.

* * *

Ma perché tutto questo? Quali sono le radici di tale assurdo vortice di dolore, crimini e vendette?

Cosa c’è dietro, sul piano spirituale?

Ebbene, indagando la questione da un punto di vista occulto, si vengono a scoprire alcuni fatti estremamente significativi.

Affermava, ad esempio, Rudolf Steiner l’8 Maggio 1924, nel ciclo La storia dell’umanità e le concezioni del mondo dei popoli civili (O.O. 353) parlando della missione del popolo ebraico:

Gli ebrei veneravano l’unico Geova e in questo modo evitavano che la gente si perdesse in un’atmosfera politeistica. Naturalmente gli ebrei si sono sempre distinti dagli altri popoli in questo modo e quindi in molti casi – come sempre chi si distingue suscita avversione e antipatia – hanno suscitato avversione e antipatia.

Ma oggi si tratta di dire a noi stessi che questo modo di non lasciare che la cultura si allontani, ma di tenerla insieme, come è stato realizzato per secoli dagli ebrei, non sarà più necessario in futuro. In futuro dovrà essere sostituito da una potente realizzazione spirituale. Allora anche il rapporto tra l’unica divinità e i molti esseri spirituali si presenterà alla conoscenza, alla coscienza dell’uomo.

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Dunque, esattamente cent’anni fa, nel 1924, Steiner affermava, parlando dell’ebraismo, che la cultura di razza e di gruppo deve venir soppiantata dalla realizzazione spirituale.

E continuava parlando del movimento sionista, che già allora iniziava a reclutare membri nel mondo:

Ho trovato discutibile fin dall’inizio che gli ebrei, quando non sapevano cosa fare, abbiano fondato il movimento sionista.

Creare uno Stato ebraico significa reagire nel modo più desolato, tornare alla reazione nel modo più desolato, e quindi andare contro tutto ciò che oggi è necessario in questo campo.

Vedete, un sionista molto rispettato, con cui ero amico, una volta mi spiegò il suo sogno di andare in Palestina e fondarvi un regno ebraico.  Lui stesso era molto coinvolto nella fondazione di questo impero ebraico, ne è ancora coinvolto oggi e ha anche una posizione molto rispettata in Palestina.

Gli ho detto:

Una cosa del genere non è affatto in linea con i tempi di oggi, perché ciò che è in linea con i tempi di oggi è ciò a cui ogni persona può aderire, senza distinzione di razza, popolo, classe e così via. Questa è l’unica cosa che si può diffondere oggi, che tutti possono aderire senza distinzioni. Nessuno può pretendere che io aderisca al movimento sionista! In questo modo si esclude una parte dell’umanità intera! – Per questa semplice e ovvia ragione, un movimento del genere non può funzionare oggi. È fondamentalmente la reazione più selvaggia”.

Naturalmente, queste persone rispondono in modo strano:

“Sì, nel corso del tempo si è scoperto che la gente non vuole nulla che somigli ad un’umanità in generale, ma chiede che tutto si sviluppi a partire dall’elemento popolare”.

Questa conversazione che vi ho raccontato si è svolta prima della grande guerra del 1914-1918.

Steiner affermava dunque, senza mezzi termini, che creare uno Stato ebraico significava andare contro l’evoluzione e contro quanto nella nostra epoca è necessario.
Solo 24 anni dopo queste parole lo Stato ebraico nascerà nella violenza e nel sangue causate dall’inganno della Dichiarazione Balfour.

Parole al vento le sue, che, inascoltate, non hanno potuto impedire l’esplodere di odio, sofferenza e guerra.

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Ma Steiner, sempre nella stessa conferenza, va anche oltre:

Vedete, signori, il fatto che la gente non volesse più i grandi principi umani generali, ma volesse separarsi, sviluppare le forze popolari, è proprio questo che ha portato alla grande guerra! 

E così la più grande disgrazia di questo XX secolo è venuta da ciò che vogliono anche gli ebrei. 

E allora si può dire: poiché tutto ciò che gli ebrei hanno fatto potrebbe ora essere fatto in modo consapevole da tutte le persone, ecco che gli ebrei non potrebbero ottenere nulla di meglio che fondersi con il resto dell’umanità, mescolarsi con il resto dell’umanità, in modo che l’ebraismo come popolo cessi semplicemente di esistere. 

Questo è l’ideale. Molte abitudini ebraiche si oppongono ancora oggi a questo – e soprattutto all’odio verso gli altri popoli.

Non creare un proprio Stato a spese di altre genti – come fecero gli Stati Uniti nati dal genocidio dei nativi – dunque, ma fondersi, mischiarsi con altri popoli, superando il legame del sangue, questa avrebbe dovuto essere la direzione da intraprendere da quello che continua a definirsi “popolo eletto”.

E qui emerge il problema fondamentale: il razzismo del popolo ebraico, alla base di oltre un secolo di odio, sangue e dolore:

L’ebraismo ha questo aspetto: tutto ciò che è con gli ebrei assume un carattere personale. Le persone devono invece arrivare a vedere lo spirituale nell’altra persona.  Oggi tutto ciò che è ebraico è ancora dominato dalla razza. 

Di regola si sposano prevalentemente tra loro; quindi vedono ancora l’aspetto razziale, non quello spirituale.

Ecco cosa bisognerebbe dire in risposta alla domanda: 

“il popolo ebraico ha compiuto la sua missione nello sviluppo della conoscenza umana?”

Sì l’ha compiuta, perché un tempo doveva esserci un unico popolo che portava a un determinato monoteismo. Oggi, invece, [la missione] deve essere la conoscenza spirituale stessa. Quindi questa missione è stata compiuta. E questa missione ebraica in quanto tale, come missione ebraica, non è più necessaria nell’evoluzione, e l’unica cosa giusta è che gli ebrei si fondano con gli altri popoli mescolandosi con loro” (Rudolf Steiner, La storia dell’umanità e le concezioni del mondo dei popoli civili, XI conferenza, 8 Maggio 1924).

In conclusione, dunque, seguendo le rivelazioni di Steiner, non possiamo non prendere atto che da un punto di vista esoterico la missione del popolo ebraico è compiuta, come, peraltro, quella di molti altri popoli i quali, in genere, però, ne accettano, pur se obtorto collo, le conseguenze.
Sappiamo, infatti, come tutta la storia sia soggetta ai ben noti corsi e ricorsi enunciati dal grande Giambattista Vico.

Ma il fatto che la fine della sua missione non venga riconosciuta dal popolo ebraico e che il legame di razza non declini verso un amalgamarsi con altri popoli sembra essere alla base delle sempre più atroci vicende che vediamo accadere in Palestina.

La pretesa superiorità ed eccezionalità del popolo ebraico, che ha causato e continua a causare una ferita sanguinante aperta in Palestina – non a caso terra sacra a tre religioni e teatro di quello che nell’esoterismo cristiano viene chiamato il Mistero del Golgotha – è dunque la cifra dell’ antagonismo di questo popolo rispetto all’evoluzione regolare dell’umanità.

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