La Resurrezione dell’uomo nell’Antroposofia

Christo

I grandi miti della creazione, di cui oggi noi abbiamo memoria, raccontano della creazione dell’uomo celeste e dell’uomo terrestre. Tutti si concludono nella resurrezione dell‘uomo nell’Antroposofia.
Dalla luce e dalla parola è sorto l’uomo celeste.
Dio disse: sia la luce.
E disse: lasciate che facciamo l’uomo.
Ed Egli lo creò a propria immagine, lo creò maschile e femminile, come androgino, come essere che riuniva in se entrambi i sessi, che non era né maschile né femminile.
In principio era il Logos, la parola.
E la parola fu la vita e la luce.
Tutto è sorto dalla parola, anche l’uomo, intessuto di parola e di luce.
Il suo corpo consisteva di luce e la parola lo animava.

 

Nei miti il discorso riguarda l’uomo celeste, il Makroanthropos che viveva nella luce e nella saggezza divina, dalla quale egli era scaturito. Egli era pieno della saggezza degli Dei che avevano parlato gli uni con gli altri e nella misura in cui avevano parlato tra loro, avevano generato la propria immagine; questa immagine era l’uomo.
Anche il Logos, dal quale l’uomo fu generato, fu ciò che all’inizio parlò.
Il Logos era presso Dio ed era un Dio; o era come Dio.
Infatti egli sorse quando Dio espresse verbalmente il Suo proprio essere.
E nella misura in cui Egli espresse il proprio essere, il Logos divenne l’immagine di questo essere a sua volta.
Esprimendo, in effetti. proprio la parola di Dio.
La parola era espressa dall’essere di Dio, era presso Dio ed era la Sua immagine parlante.
Esso era come Dio ma non era esattamente come Lui perché era il Suo essere espresso a differenza dell’essere non pronunciato. Nel Logos, nel parlare di Dio, si dispiegò la creazione.
Dall’Uno derivò il molteplice, ma il molteplice era solo l’Uno espresso come la pienezza del Suo essere, schiumando via inesauribile.

Tutte le determinazioni esistenti dell’essere, dapprima celate nell’unità non espressa o anche che non esistevano perché non erano espresse o pronunciate, non erano entrate a far parte della manifestazione, comparvero nella luce e formarono il mondo, la creazione, in una molteplicità enorme ed infinita delle loro contraddizioni.
L’uomo celeste era eterno poiché il suo corpo era intessuto di luce.
Era saggio quest’uomo, era animato dalla saggezza delle potenze creatrici.
Un’immagine di Dio, tuttavia semplicemente un’immagine.
Anche dell’insorgenza dell’uomo terrestre parla il mito della creazione.
E Dio, il Signore Jahve, prese polvere della terra e da essa creò l’essere umano. Anche quest’uomo, l’uomo terrestre di carne, fu all’inizio androgino ma Jahve creò anche una compagna nel senso che prese una costola da lui e creò una seconda immagine, che era simile alla prima ma si distingueva dalla prima. Ora c’erano due sessi che dovevano moltiplicarsi, non era l’uomo celeste che si moltiplicò sessualmente ma l’uomo terrestre. L’uomo celeste, l’uomo che era tessuto dalla luce, che il Logos aveva animato, non aveva bisogno di moltiplicarsi perché era già moltiplicato. In lui viveva la pienezza dell’essere umano e comprendeva l’umanità in se, non conosceva nessun inizio al di fuori del suo inizio in Dio e nessuna fine poiché non era mai uscito dal regno delle schiere celesti degli Elohim, del Logos, ma viveva in loro ed era una parte di loro.

Come entrò l’uomo celeste nell’uomo terrestre?
Quando Jahve alitò nel corpo di polvere un’anima con il respiro, l’essere umano celeste entrò nel terrestre. Prima in Adamo, colui che era stato tratto dalla terra, poi, dopo la sua separazione, anche in Eva.
E poi sorse il linguaggio terrestre. Anche quello all’inizio era un’immagine del celeste poiché l’essere umano poteva dare il nome a tutti gli esseri. Ed entrambi vennero posti nel Paradiso, il Giardino dell’Eden, l’immagine terrestre del cielo, in cui l’uomo celeste aveva vissuto prima che Jahve avesse creato la sua immagine terrestre che fu terminata dopo che entrambi i sessi, che l’uomo celeste portava in se come androgino, vennero espulsi da lui e comparvero uno davanti all’altro. Erano nudi e senza colpa, essi vagavano nel Paradiso in una pace celeste fra tutte le creature.
In questo Paradiso c’erano due alberi, quello della vita e quello della conoscenza.
Venne stabilito un divieto di mangiare dall’albero della conoscenza poiché la conoscenza avrebbe distrutto l’armonia del Paradiso. La conoscenza avrebbe portato alla duplicità, certo era come uno specchio che creò una specie di doppio con l’immagine di ciò che già era, falsità nella verità poiché essa specchiava qualcosa che non era, che non poteva essere nella misura in cui essa suggeriva di essere ciò che non era. La proibizione di mangiare dall’albero della conoscenza, non sarebbe diventato un problema se non si fosse risvegliata la tentazione nell’anima di Eva. Lei era ricettiva per l’ispirazione dello spirito, accolse i pensieri del serpente che le promise di diventare come Dio. Lo spirito di negazione, che continuamente nega, che vuole sempre il male e tuttavia crea il bene, doveva operare affinché l’immagine generale dell’essere umano potesse diventare l’essere umano individuale che si forma nell’altro, l’immagine dell’essere formante se stesso.
Il serpente immise la brama della conoscenza nell’anima dell’uomo.
E questa brama si rivolse alla conoscenza nella misura in cui gustò del frutto di quell’albero. Improvvisamente i loro occhi si aprirono, lei riconobbe di essere nuda e si vergognò. Fino a che l’uomo celeste non riconobbe come tale il terrestre nel terrestre, non si vergognava. Infine vide che esso si distingueva da sé. Non era più androgino, stato che, quindi, comprendeva ogni polarità, libero da separazione in due, ma entrato nella separazione, sdoppiato, imperfetto; certo era ancora un immagine di Dio ma un’immagine imperfetta che era vittima di contrasto e contraddizione.
Ciò che uno portava in sé, non lo portava più l’altro in sé e viceversa.
Ciò che uno poteva, l’altro non era più in grado di farlo. Uno era un vaso, l’altro era acqua, uno generava, l’altro accoglieva. L’uomo terrestre cadde a causa della conoscenza per il fatto che egli si avvolse delle ombre che egli stesso aveva creato attraverso il doppio che stava vicino a lui fuori del Paradiso.
Il doppio della conoscenza era quello che portò in basso l’uomo e Jahve li scaccio dal Paradiso e li vestì di pelli e ordinò loro di seminare la terra e di raccogliere col sudore della loro fronte.
Davanti all’ingresso del giardino dell’Eden, fa la guardia un cherubino, si dice.
Presto arrivarono Caino ed Abele, i fratelli differenti, nel mondo aldilà del Paradiso e ci fu il primo omicidio.

Con la conoscenza la perdita del Paradiso, l’uomo caduto nella separazione sessuale, si vide sottrarre anche l’accesso all’albero della vita.
Certamente poteva ancora trasmettere la vita ma non era la vita celeste.
Egli generava immagini mortali di se stesso. Divenne mortale, malattia, vecchiaia e morte lo colpirono. Non visse più eternamente ma solo nelle generazioni che derivavano dalla sua procreazione.
L’uomo terrestre; non però quello celeste, quello il cui corpo fu generato dal soffio di polvere.
Tuttavia egli dimenticò se stesso, si impigliò nelle immagini speculari della conoscenza e dimenticò chi era.
Con la cacciata dal Paradiso e il risveglio nel mondo delle ombre, fu aperto quel vaso di Pandora da cui, con violenza, si scagliarono fuori tutti i mali che poi piagano l’uomo da allora.
Con la moltiplicazione sorse separazione su separazione.
Il primo fratricidio ebbe luogo di seguito così come da generazioni.
Proseguono omicidi su omicidi fra fratelli poiché tutte le generazioni derivarono dalla prima e si generarono delle linee ereditarie, dei ceppi, dei popoli, delle razze. E tutte si fecero la guerra tra loro. Alla fine arrivò il diluvio e il primo tentativo di rinnovamento del mondo.

Così racconta il mito.
Il mito non racconta qualcosa del passato ma del presente, infatti fu raccontato come avvenimento del passato ma si cela esotericamente come segreto nel nostro presente.
Noi dobbiamo aprire nuovamente gli occhi per vedere.
Tutti possediamo questi occhi.
La Genesi é una descrizione della condizione del nostro mondo, non una fiaba per terrorizzare i bambini.
Il mondo è dominato da morte, odio, invidia, brama e menzogna.

Questo lo riconobbe anche Buddha.
Perciò insegnò di una via della liberazione che si basava sull’osservare consapevolmente gli inganni del mondo delle ombre. Aprite i vostri occhi, disse egli, affinché conosciate che brama ed odio derivano soltanto dalla cecità che tutto si manifesta come un’apparenza non appena voi vi liberate dalle illusioni di questo mondo speculare. Liberatevi dai desideri della carne, liberatevi alla fine dalla carne e troverete la vostra salvezza.

Ma il mito contiene anche dell’altro.
Contiene il messaggio di speranza e di fiducia in mezzo all’accecamento ed alla morte.
Perché la Parola divenne carne. Il Logos divenne uomo. Qui non viene raccontata quella storia che noi abbiamo appena sentito. Non la storia del primo diventare uomo di Dio nella creazione, ma la storia della sua seconda occasione di essere divenuto uomo. Poiché Dio mandò Suo figlio per salvare questa umanità diventata terrestre che cadde nella lotta e nell’odio, che era perseguitata da un dolore infinito, che si era tirata addosso impigliandosi da se stessa nel mondo delle ombre.

Il Logos divenne uomo ed abitò in mezzo a noi in tutta la Sua maestà e la maestà dell’unico Figlio che viene dal Padre pieno di grazia e di verità.
Questo Logos che divenne uomo fu la vera luce che poté illuminare tutti gli esseri umani.
Era la luce e la vita da cui il mondo era sorto.
Venne nella sua proprietà e diede a ciascuno la potenza di diventare figlio di Dio, di diventare Dio rinato.
Quel Logos che era sorto dall’uomo come essere celeste, intessuto da saggezza della parola e della luce, si riveste di un corpo immortale, vivendo nella pienezza del vivente, nella saggezza vivente e creatrice delle schiere celesti, quel Logos che sintetizzò in sé quell’essere celeste che era la Sua immagine archetipica, la Sua origine, Suo padre, divenne figlio, divenne carne, si incarnò. Per volontà dell’uomo, indifferentemente si trattasse di uomo o donna, giudeo, pagano oppure greco.

Venne per reintegrare quella originaria integrità dell’uomo celeste nell’uomo terrestre.
Per poter erigere di nuovo l’immagine di Dio nella Sua maestà, per accendere la luce della vera conoscenza all’interno del mondo delle ombre, per ricordare ai figli di Dio il loro vero essere. Egli penetrò nel mondo della carne, divenne carne. Prese la morte su di sé, la subì per poterla superare.
Solo chi muore può risorgere.
Letteralmente e metaforicamente.
Solo chi é ammalato può essere guarito, solo chi depone il corpo terrestre può far procedere da esso il suo corpo celeste.
Il Logos, da cui era sorta tutta la vita e tutta la luce, venne; la pienezza della vita venne per riversare fuori di sé, in una umanità che si stava rinsecchendo, per piantare in essa il seme della resurrezione. E coloro nelle cui anime il seme cadde in un terreno fruttuoso, fiorirono. In loro si accese la luce di una conoscenza superiore.
La conoscenza dello spirito e più forte della carne, l’amore è più potente della morte.
Venne a tutta l’umanità, non solo ad alcuni eletti. Non venne ad un genere particolare, un popolo particolare, una razza particolare, venne all’umanità come insieme, portò l’intera umanità in sé. Il Suo amore abbracciò tutto e circondò tutto. Il fondo cosmico creativo si era riversato nel Suo amore infinito nell’umanità e da questo infinito amore noi continuiamo ad abbeverarci come ad una sorgente così che andiamo verso la sorgente e vi immergiamo le nostre mani e beviamo da essa. E venne per rendere possibile la conoscenza proprio di questo fatto, cioè che noi possiamo bere da essa per poter appagare la nostra sete, che noi possiamo ricavarne il nostro nutrimento, possiamo trarre consolazione, che Lui ci consola nel nostro dolore come nella guarigione dei lebbrosi, dei paralitici, degli emorragici, dei posseduti.
Questa fonte è inesauribile, è accessibile a tutti coloro che la cercano; manifestazioni sempre nuove procedono da essa fino a che sarà sorto un nuovo mondo dall’essere umano.
E tutto questo soltanto nella misura in cui noi guardiamo ad esso: all’uomo che divenne carne, che prese la croce della sofferenza su di sé per morire e risorgere, per portare a noi il messaggio che l’invisibile, ciò che non si può provare, ciò che non si può pesare, l’irrazionale, ciò che non è scientifico, è più grande di tutto ciò che il mondo dell’oscurità sul quale regge il serpente, ci fa risuonare di fronte come presunta verità.
E per portarci il messaggio che le potenze dell’illusione e della menzogna, i Kosmocrator, hanno fatto un complotto contro di noi per portarci fuori strada nella follia.
Metanoeite, cambiate la vostra mente, guardate la vostra vera verità, la verità che si trova in voi, non al di fuori di voi – verità dalla quale Io parlo, il Logos che è venuto per rendervi figli di Dio, per darvi la potestà contro i signori dell’oscurità, nella vostra figliolanza divina per riunirvi in amore e in libertà.
Unitevi con quell’Essere originario che tutto compenetra nel vostro pensare. Esprimete il vostro essere in libertà, la Sofia che vive in voi, voi Anthropoi, generati dal vostro essere di libertà che vive a partire da Me e che non può togliervi nessuna potenza di questa terra, poiché Io sono con voi fino alla fine dei giorni.
Ed egli disse: Io sono la verità e la vita. Li è la verità dove è la vita. La morte è la non verità. La verità della morte è la vita. Questo messaggio ci ha mandato il risorto .

È qui ed ora ci chiama: Risorgete!

Lorenzo Ravagli

Traduzione dal tedesco di Giancarlo Cimino e Paola Tedde per LiberoPensare

Fonte

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

Facebook
Pinterest
Twitter
Email
Telegram
WhatsApp

Ti potrebbero interessare:

it_IT

Accedi al sito

accesso già effettuato