Iran e Russia, i Paesi sanzionati, stanno creando nuove regole

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Mentre la Cina, desiderosa di evitare il più a lungo possibile le sanzioni statunitensi, è in ritardo, i suoi partner RIC, Iran e Russia, stanno dandosi seriamente da fare per rompere la morsa finanziaria globale dell’Occidente.

L’Iran e la Russia stanno assumendo un ruolo guida nella creazione di reti finanziarie alternative per aggirare le sanzioni occidentali.

Il primo Forum economico dell’Eurasia, tenutosi la scorsa settimana a Bishkek, in Kirghizistan, dovrebbe essere considerato una pietra miliare nella definizione dei parametri per l’integrazione geoeconomica del cuore dell’Eurasia.

Sergei Glazyev, ministro russo responsabile dell’Integrazione e della Macroeconomia dell’Unione Economica Eurasiatica (EAEU), sta coordinando l’iniziativa di progettare un sistema monetario-finanziario alternativo – un post-Bretton Woods III de facto – in collaborazione con la Cina.

Secondo Glazyev, il forum

“ha discusso il modello di una nuova moneta di regolamento globale ancorata a panieri di valute nazionali e materie prime. L’introduzione di questo strumento valutario in Eurasia comporterà il crollo del sistema del dollaro e il definitivo indebolimento del potere militare e politico degli Stati Uniti. È necessario avviare i negoziati per la firma di un trattato internazionale appropriato nel quadro della SCO”.

Glazyev ha descritto più dettagliatamente l’iniziativa di rovesciare il sistema finanziario globale occidentale durante un’intervista esclusiva rilasciata a The Cradle in aprile.

È particolarmente importante capire come Glazyev colleghi l’iniziativa della UEEA con il crescente ruolo geopolitico e geoeconomico dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (SCO), che riunisce allo stesso tavolo le principali potenze eurasiatiche: Cina, Russia, India, Pakistan, Kazakistan e Iran.

Ciò si collega direttamente al presidente russo Vladimir Putin che, in occasione della riunione del Consiglio economico supremo eurasiatico, ha sostenuto l’estensione di un accordo temporaneo di libero scambio tra l’UEEA e l’Iran, che è il più recente (e l’unico dell’Asia occidentale) membro a pieno titolo della SCO. Putin ha detto che questo accordo dovrebbe andare avanti nonostante l'”ostilità di tutto l’Occidente”.

La UEEA, inaugurata nel 2015 con cinque membri a pieno titolo – Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Bielorussia e Armenia – rappresenta un mercato di 184 milioni di persone e un PIL collettivo di oltre 5.000 miliardi di dollari.

Il prossimo passo con l’Iran sarà l’attuazione di un accordo di libero scambio completo, possibilmente entro la fine dell’anno, secondo il vice ministro del Commercio iraniano Alireza Peymanpak. Anche Egitto, Indonesia ed Emirati Arabi Uniti sono candidati a stringere accordi con la EAEU.

L’Iran, che da oltre quarant’anni è costretto a trovare soluzioni creative per aggirare pacchetti di sanzioni seriali e imperiali, potrebbe avere qualcosa da insegnare alla Russia. Gli accordi di baratto stanno guadagnando terreno: Teheran sta offrendo pezzi di ricambio e turbine a gas alle centrali elettriche di Mosca in cambio di zinco, alluminio, piombo e acciaio necessari alle sue industrie metallurgiche e minerarie, secondo il ministro iraniano del Commercio e dell’Industria Reza Fatemi Amin.

E si prospettano altri baratti su un’ampia gamma di materie prime, come discusso durante una recente visita a Teheran del vice primo ministro russo Alexander Novak.


L’altra “RIC

Lentamente ma inesorabilmente, la nuova RIC (Russia-Iran-Cina) – in contrapposizione alla vecchia RIC dei BRICS (Russia-India-Cina) – sta cercando di integrare i propri sistemi finanziari. L’Iran è una questione di strategia di sicurezza nazionale per la Cina, in quanto fornitore di energia e partner essenziale della Belt and Road Initiative (BRI) in Asia occidentale.

La Russia-Cina, tuttavia, è una questione molto più complessa. Estremamente timorose di provocare sanzioni da parte degli Stati Uniti, le banche cinesi si stanno astenendo – almeno per il momento – dall’implementare i loro accordi con le banche russe, il che ci porta al caso di UnionPay:

Il fornitore cinese di carte bancarie – sempre più popolare, soprattutto in Asia – ha rifiutato di collaborare con Sberbank ancor prima che la più grande banca russa fosse esclusa dall’UE e dagli USA dalla piattaforma globale di messaggistica bancaria SWIFT. UnionPay ha anche annullato i piani con altre banche russe per l’emissione di carte UnionPay collegate al sistema di pagamento russo Mir, approfittando dell’uscita di Visa e Mastercard dal mercato russo.

Per la Cina si tratta ancora di un attento gioco di equilibri. All’inizio di quest’anno, in occasione del Forum di Boao in Asia, il presidente Xi Jinping si è opposto fermamente all’“uso sconsiderato di sanzioni unilaterali”. E oltre l’80% delle aziende cinesi già insediate in Russia sembra continuare a operare come sempre.

Tuttavia, in termini pratici, ci sono seri problemi. La Bank of China e la Industrial and Commercial Bank of China (ICBC) hanno limitato i finanziamenti per le materie prime russe. Persino la Banca asiatica per gli investimenti nelle infrastrutture (AIIB), assolutamente indispensabile per i progetti di sviluppo sostenibile, legati o meno alla BRI, ha deciso di congelare tutti i prestiti alla Russia e alla Bielorussia all’inizio di marzo per “salvaguardare” la propria “integrità finanziaria“.

Sul fronte finanziario, le caute banche cinesi, con un’enorme esposizione occidentale, sono sempre in bilico sul fatto che quasi l’80% delle transazioni transfrontaliere globali sono ancora in dollari ed euro, e solo il 2% in yuan. Quindi il mercato russo non è esattamente una priorità.

Parallelamente, il fronte Russia-Iran è piuttosto vivace. I due paesi stanno accelerando i regolamenti reciproci nelle rispettive valute nazionali al “massimo livello possibile“, come ha sottolineato il vice primo ministro Alexander Novak:

“Abbiamo discusso insieme alle banche centrali la diffusione e il funzionamento del sistema di messaggistica finanziaria, nonché il collegamento delle carte di pagamento Mir e Shetab [iraniane]”.

Allo stato attuale, la carta Mir non è ancora accettata in Iran, ma la situazione sta per cambiare, proprio come in Turchia, che quest’estate inizierà ad accettare i pagamenti con carta Mir da parte di legioni di turisti russi. In pratica, ciò significa che Russia e Iran collegheranno le loro banche al Sistema per il trasferimento di messaggi finanziari (SPFS), l’equivalente russo di SWIFT. I cinesi staranno ovviamente esaminando il funzionamento della transizione.

Ora confrontate tutto questo con la prospettiva che presto non ci sarà più SWIFT, come ha lasciato intendere il CEO di Mastercard Michael Miebach a Davos.

Miebach stava partecipando a un panel sulle valute digitali delle banche centrali, discutendo di pagamenti transfrontalieri, quando ha suggerito che lo SWIFT potrebbe presto appartenere al passato. Non c’è dubbio: Mosca ha già messo gli occhi sulle criptovalute e sulle valute digitali e Pechino è decisa a creare lo yuan digitale per aggirare SWIFT e il suo collegato CHIPS (Clearing House Interbank Payment System).

 

I sanzionati si muovono rapidamente

Il fronte Russia-Iran è in rapida evoluzione dal gennaio di quest’anno, quando il presidente iraniano Ebrahim Raisi, in visita a Mosca, ha consegnato a Putin una bozza di accordo sulla cooperazione strategica per i prossimi 20 anni, basandosi

“sull’ottima esperienza di cooperazione tra Iran e Russia in Siria nella lotta al terrorismo”, ed espandendosi a “economia, politica, cultura, scienza, tecnologia, difesa e sfera militare, oltre a questioni di sicurezza e spaziali”.

Raisi ha anche esplicitamente ringraziato Putin

“per aver facilitato l’ingresso di Teheran nella SCO”.

Il Ministro del Petrolio iraniano Javad Ouji è andato dritto al punto nel suo incontro con Novak a Teheran la scorsa settimana:

“I nostri Paesi sono sottoposti a rigide sanzioni, e noi abbiamo il potenziale per neutralizzarle attraverso lo sviluppo di relazioni bilaterali… Abbiamo creato comitati congiunti su questioni bancarie, energetiche, di trasporto, agricole, nonché sulla questione della creazione di centrali nucleari”.

E questo ci porta ancora una volta all’apparentemente eterna telenovela dei colloqui sul Piano d’azione congiunto globale (JCPOA) con sede a Vienna, con il viceministro degli Esteri russo Sergey Ryabkov che ora segnala che la bozza finale

“è ad un livello molto avanzato di preparazione per l’adozione. Ci sono alcuni problemi politici, che non riguardano la finalizzazione del testo”.

Tagliando la proverbiale nebbia della palude statunitense, Ryabkov ha sottolineato come

“in termini di nostri interessi, anche nel contesto della cooperazione nucleare pacifica con l’Iran, il testo è abbastanza soddisfacente… non c’è nulla da ‘perfezionare'”. Quindi, quando gli americani dicono che l’accordo è “fuori portata”, ha aggiunto Raybkov, significa che “trasmettono i risultati delle loro discussioni interne”.

In sostanza, Teheran e Mosca sono in sintonia sul JCPOA:

“Siamo come si suol dire sul filo del rasoio, e potrebbe accadere molto rapidamente se viene presa una decisione politica”.

Per ampliare la loro sincronia, Teheran ha persino proposto di ospitare i negoziati tra Mosca e Kiev sul conflitto ucraino, seguendo l’esempio della Turchia. Ormai però, dopo il fallimento di Ankara, è chiaro che i decisori di Washington non vogliono negoziati, ma una guerra infinita fino all’ultimo ucraino.

Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian è in sintonia con il suo omologo Sergei Lavrov. A Davos, ha detto che il dramma dell’Ucraina è stato causato dalle

“azioni provocatorie degli Stati Uniti e della NATO… hanno “provocato il Cremlino””.

Questo è essenzialmente ciò che Pechino ha lasciato discretamente intendere.

Tutto ciò mostra alcune delle prove e delle tribolazioni dell’integrazione dell’Eurasia e la strada lunga e tortuosa verso un nuovo sistema monetario EAEU-SCO.  Ma prima di tutto: ci deve essere un po’ di azione sul fronte Mir-UnionPay.

Quando la notizia arriverà, il dado sarà tratto.

Pepe Escobar

Fonte

Tradotto dall’inglese da Piero Cammerinesi per LiberoPensare


Pepe Escobar è un editorialista di The Cradle, redattore capo di Asia Times e un analista geopolitico indipendente esperto di Eurasia.

Dalla metà degli anni ’80 ha vissuto e lavorato come corrispondente estero a Londra, Parigi, Milano, Los Angeles, Singapore e Bangkok. È autore di innumerevoli libri; il suo ultimo è Raging Twenties.

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