Io sto con l’Italia

Donna Turrita Poverta Pb

 

E anche sullo sfondo di questa guerra è scattata la trappola della tifoseria calcistica ad ogni costo. Dubitare del racconto televisivo a reti unificate sul conflitto russo-ucraino, significa già venire marchiati da “putinisti”,  esattamente come prima, dubitare dell’efficacia di un vaccino sperimentale significava essere  marchiati  come “no vax”.

Occuparsi dell’Italia significa essere tacciati di “egoismo”. “cinismo”, “nazionalismo” che  poi è sempre la solita anticamera che condurrebbe al “fascismo“. E’ giusto, ovvio e sacrosanto affermare che fra Russia e Ucraina conta di più l’Italia, ma guai a dirlo. Ne ha scritto anche Borgonovo in un bell’articolo comparso il 21 aprile scorso su La Verità che tra i due duellanti bellici conta di più l’Italia e che

“l’unica opzione semplice, financo banale, ma anche utile e intelligente” è questa. “Comunque sia, pare che nessuno sia intenzionato a proferire queste parole cristalline: io sto con l’Italia”.

Già, troppo impegnativo.

Se dovessimo applicare ciò, nessuno avrebbe diritto di sbarco e di approdo quotidiano sulle nostre coste, tanto per fare  solo un  esempio. Draghi, frattanto è già volato in Usa a rapporto da Biden e sembrerebbe l’unico scolaretto europeo pronto a mettersi sull’attenti  come l’impavido soldatino di piombo della fiaba, per soddisfare ai desiderata atlantici. Tutti si fanno gli affari loro e mettono al primo posto i propri interessi nazionali (in primis la Germania). Chi invece è pronto ai “sacrifici” termici, energetici, commerciali e industriali, perfino agricoli (possibilmente scaricati su di noi),  è il nostro governo di svendita. Da quando ha vinto Macron (che peraltro è dieci volte più furbo dei nostri governanti, per ciò che concerne gli interessi della Francia), ecco comparire Letta-Sorbonne che discetta sul Corriere della Sera di mettere in campo una confederazione europea su modello Mitterand.  Lo scopo? Riportare subito l’Ucraina nella Ue. Poi ricompare Prodi-Nosferatu, il quale si fa intervistare per suggerire altre sanzioni contro Mosca. La Ue del resto, è arrivata a promulgare il “sesto pacchetto” di sanzioni anti-russe. E i “pacchetti” si susseguono a “pacchetti“.


Le stime di crescita per il nostro paese, sono sempre più al ribasso, mentre i cittadini e le aziende piccole, medie e grandi vengono massacrati da bollette e da rincari gravosi . E ora si parla di blocchi di approvvigionamenti. Durante il 25 aprile appena trascorso (data simbolica) quasi cinquanta imprenditori calzaturieri con l’appoggio della Fiera di Bologna e della regione Marche, si sono recati a Mosca incuranti dei divieti: “Abbiamo 6 milioni di scarpe ferme. L’alternativa è chiudere e licenziare”. E questa è la loro più che legittima forma di Resistenza. Del resto, non si può lasciare questa fetta di mercato alla concorrenza dei cinesi, che non aspettano altro.  Né possono pensare di non pagare stipendi al personale o di licenziarlo in tronco. Privati cittadini e aziende devono ancora riprendersi  dallo choc di ben 2 anni e mezzo di Covid  (non ancora finito e che viene agitato come una spada di Damocle) che già devono subire la mazzata dell’“economia di guerra” e la minaccia di blocchi, di blackout programmati  e  di razionamenti-merci. Molti piccoli e medi imprenditori, devono fare scali aerei impensabili su Dubai per poter raggiungere i mercati russi, dato che le linee aeree per Mosca, sono state bloccate.  Non fu così, ai tempi del virus cinese, una guerra anche quella, ancorché batteriologica. Con Mattarella  che in ogni occasione,  predica “sacrifici” in cambio della difesa di ideali definiti irrinunciabili.  Ma occorre  ricordare  a tutti loro, che la “libertà” non è merce buona solo per gli ucraini e disprezzabile per gli Italiani che hanno dovuto  sottostare a confinamenti umilianti, causa “pandemia“, dei quali portiamo ancora tutte  le ferite. Nei vari programmi tv –   ormai ucrainizzati  a 360 gradi –  c’è sempre qualche attivista e propagandista ucraino residente in Italia, pronto a sostenere che noi non possiamo crogiolarci nel nostro benessere e che avremmo il dovere di fare di più, ancora di più,  sempre di più.

“Gli ucraini sono intenzionati a combattere fino all’ultimo sangue?” – scrive ancora Borgonovo – “fanno bene, l’eroismo di alcuni di loro è ammirevole, che indossino o meno le svastiche. Ma a quanti di loro ci fanno la morale, forse dovremmo rispondere che qui non tutti vivono nelle ville con piscina accendendosi i sigari con le banconote. Siamo, al contrario, una nazione provata e con poche prospettive di miglioramento, e dobbiamo renderci conto che il nostro benedetto “stile di vita”, non si difende a Mariupol, ma a Milano, Roma, Napoli, Bari, Bologna e via dicendo”. (da “Russia o Ucraina? Conta più l’Italia“).

Parole ovvie e di buon senso. Ma di questi tempi,  la ragione non riscuote mai applausi.

Occorre aggiungere che sovrapporre una “emergenza bellica”  fino al 31 dicembre 2022  a quella sanitaria non ancora archiviata definitivamente, significa per questo governo, tenersi le mani libere per nuovi abusi, nuove malversazioni che non tarderemo a scoprire.  Morire per Kiev e per il suo leader comico? Non mi pare il caso. Ci è bastato e avanzato il nostro comico a 5 stalle. E, a dire il vero, non ci siamo ancora ripresi. Poi volendo, di comici, più o meno involontari,  da carri allegorici carnascialeschi ne abbiamo già a iosa tra i nostri numerosi politici…

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