Evviva, potremo ancora dire “Buon Natale”

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“Pinkwashing” e il Natale. L’enorme figuraccia dell’Ue censurata dai media italiani

Questa volta l’Europa con  strategia di comunicazione detta pinkwashing aveva osato troppo ed è costretto ad un dietrofront ridicolo.

Il Natale potrà continuare ad essere chiamato Natale e noi occidentali potremo allegramente augurarci buon Natale in piena inflazione galoppante, sotto il giogo dell’annullamento delle conquiste democratiche e sociali del secolo scorso, terrorizzati dall’emergenza sanitaria rimpolpata varianti tempisticamente funzionali, negati dal diritto di vivere e lavorare senza lasciapassare, discriminati, divisi da  un apartheid orizzontale senza precedenti nella storia.

Però potremo dire Buon Natale.
In barba al politically correct nei confronti di musulmani, buddisti, animisti e cultori del panteismo.

Io sono atea, e del Natale mi interessa l’aspetto antropologico, le sue radici storiche e le attinenze con i Saturnalia, ad esempio.
Ogni rito è funzionale al mantenimento dell’ordine sociale, ogni totem e ogni tabù.

E la catarsi insita nel rituale del Natale, la nascita, la famiglia, i regali, la festa, il buonismo terporalizzato sono indispensabili per elaborare un trauma e superarlo.

Soprattutto oggi.

E invece l’Europa ci lascia il nome del Natale ma ci toglie il Natale come rituale.
Errore gravissimo, evidentemente non hanno mai sentito parlare di Lévi-Strauss, di Durkheim e tanto meno di Ernesto De Martino


Ma veniamo a noi e alla truffa semantica pinkwashing.

“Dietrofront della Commissione europea sulle linee guida volute dalla commissaria all’Uguaglianza Dalli su gender e radici cristiane”

titola il Sole24 Ore Mondo.

«L’iniziativa delle linee guida aveva lo scopo di illustrare la diversità della cultura europea e di mostrare la natura inclusiva della Commissione. Tuttavia, la versione pubblicata delle linee guida non è funzionale a questo scopo. Non è un documento maturo e non va incontro ai nostri standard qualitativi. Quindi lo ritiro e lavoreremo ancora su questo documento».

Lo dichiara la commissaria Ue all’Uguaglianza Helena Dalli, supervisor delle indicazioni per la comunicazione esterna e interna dell’Ue che, in queste ore, hanno sollevato diverse polemiche, a partire dai riferimenti al Natale.

Cosa contenevano queste famigerate linee guida?

Meglio «buone feste» che «buon Natale». Via ogni riferimento di genere. Mai presumere l’orientamento sessuale di una persona. Non rivolgersi alla platea con il classico «signore e signori». L’Unione Europea, con il documento interno per la comunicazione delle istituzioni comunitarie, tracciava una sorta di nuovo decalogo linguistico nel segno del rispetto di qualsiasi diversità.

Tutto questo mentre premono sulla frontiera polacca e quindi europea migliaia di migranti fuggiti dalle guerre che lo stesso occidente ha provocato e fomentato, mentre muoiono nella Manica e nel Canale di Sicilia gli stessi africani cui neghiamo persino la sovranità monetaria (e col Trattato del Quirinale stiamo avallando la colonizzazione del CFA), che vogliamo generosamente vaccinare tutti con i nostri vaccini scaduti, prima che muoiano di carestie, bombe o annegati.

La marcia indietro dell’Europa, sia chiaro, non è stata determinata da un sussulto di dignità e presa di coscienza delle minoranze gender.

Ormai la strategia pinkwashing o rainbowwhashing è stata sperimentata con successo sul fronte occidentale, che più nega i diritti socioeconomici, più si fa scudo con i diritti civili che dividono la decadente società neoliberista: un lavoratore sfruttato è un lavoratore sfruttato, di qualsiasi razza, religione o sesso.

Perché chiamo questo tentativo fallito dell’Europa pinkwashing?

Potrebbe essere anche chiamato religion-whasching.

Pinkwashing è una parola formata dalla crasi tra “pink”, rosa, e “whitewashing”, imbiancare o nascondere.

Questo termine fu utilizzato da un’associazione per la lotta del cancro al seno per identificare le aziende che fingevano di sostenere le persone malate di cancro al seno, speculando e guadagnando sulle persone sensibili alla patologia.

Resta l’enorme immensa figuraccia di quel mostro noto come Unione europea, totalmente censurata sui “liberi” media italiani.

 

Agata Loiacono (Sociologa, antropologa, giornalista certificata Wrep Blockchain)

Fonte

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