Morti per Covid. Martiri? Sì, di una politica incosciente e criminale.

Italia Cullata

Ieri, 18 marzo, si è celebrata la giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid-19. E ogni anno si ripeterà la celebrazione, prevista da una apposita legge.

Siamo il Paese delle celebrazioni, degli anniversari, delle memorie. Ok, fa parte della retorica nazionale, ma in questo caso, francamente, c’è da rimanere stupiti.

Anzitutto, visto che morire è la regola e non l’eccezione della vita, c’è da chiedersi perché non celebrare la giornata del ricordo anche per le vittime di altre patologie, che mietono ben più morti in un anno.

Più di 230 mila persone all’anno muoiono per ischemie, infarti, malattie del cuore e cerebrovascolari

I decessi dovuti a tumori maligni sono circa 180.000 all’anno

E perché non ricordarsi di circa 90.000- 100.000 bambini uccisi ogni anno con l’aborto?

Ma sarebbe bene anche chiarire una cosa: gli sfortunati che sono morti per questa malattia (il cui numero vero non sapremo mai, vista l’agilità con cui si è attribuita la morte “Per Covid” a tante vittime di altre patologie) non sono “martiri”, quanto meno se la lingua italiana ha ancora un senso.

Ma se sono martiri, sono anzitutto martiri di una politica incosciente e criminale, incarnata da quella figura tragicomica del ministro Roberto Speranza, responsabile di direttive insensate, che hanno causato di sicuro molte morti che potevano essere evitate.



Ricordiamoci: l’assurda “raccomandazione” di non effettuare autopsie (per fortuna, disattesa da diversi medici), che ha ritardato così di molto la conoscenza delle reali cause dei decessi. E poi l’assurda e criminale direttiva sulla “vigile attesa” con somministrazione di tachipirina. Una terapia che si è rivelata non solo inutile, ma anche pericolosa, perché ha impedito di impostare subito le terapie domiciliari adatte che, se effettuate tempestivamente, salvano la stragrande maggioranza dei malati, come dimostrato dai numerosi medici che ormai le applicano.

In tutto questo bel quadretto, si è aggiunto il dolore per le famiglie, a cui era vietato essere vicine al malato, e l’angoscia della solitudine per i malati, nemmeno confortati dal cappellano dell’ospedale che una volta, quando c’era ancora la Chiesa cattolica visibile, era una figura sempre presente vicino ai malati in pericolo di morte.

Ecco che probabilmente una prima buona ragione per celebrare con fiumi di retorica una “giornata del ricordo” è già più chiaro: sommergiamo di bei discorsi, tra l’altro sempre più uguali tra loro e stancamente ripetitivi (la coesione, uniti ce la faremo, l’Italia ha trovato un grande momento di unità, bla, bla, bla) gli italiani, celebriamo i morti ed evitiamo quindi di parlare di quei vivi, di quegli sciagurati che in posizione di responsabilità hanno saputo solo generare confusione, spargere terrore ed emanare direttive sbagliate, se non criminali. Stendiamo un bel velo sopra tutto questo… e del resto il tragicomico Roberto Speranza, che addirittura aveva trovato il tempo per scrivere un libro auto-celebrativo, è stato riconfermato nella carica così indegnamente ricoperta.

Però è legittimo pensare che ci siano altri motivi, ancor più preoccupanti, dietro all’ennesima “celebrazione del ricordo”.

Io credo che si debba continuare la retorica sulla “pandemia”, con tutto il corollario di limitazioni, vaccini e così via, perché l’emergenza sanitaria non deve finire mai. Del resto, nelle sublimi stanze della UE non si parla già di “pandemie”, al plurale? Vedremo se la prossima ondata influenzale non sarò occasione per rinnovare limiti, divieti, controllo poliziesco.

Una malattia come molte altre, che tra l’altro ha fatto meno vittime di tante altre malattie, deve diventare un punto fermo nella nostra Storia, come sempre scritta ad uso e consumo di “lorsignori”. La malattia, il terrore e l’inevitabile azione del Potere, che deve limitare la libertà per il nostro bene, devono diventare la norma per il futuro. Non a caso, nell’Europa della “libera circolazione”, ormai si parla tranquillamente di passaporto vaccinale, che naturalmente non sarà obbligatorio, ma senza il quale non potrai fare quasi nulla. Un modo come un altro per non infilarsi nel ginepraio della vaccinazione obbligatoria, rendendola però tale in modo indiretto.

In fondo, non è nemmeno difficile sottomettere i popoli, e i fatti purtroppo ce lo stanno dimostrando.

Senza dubbio questo “uomo” (si fa per dire) moderno, laico, libero, eccetera è in definitiva un poveraccio terrorizzato dalla morte, né la cosa deve stupire, perché se pretendi di fare a meno del Padre Eterno, finisci inevitabilmente nel comportamento irrazionale, arrivando a dimenticare che la morte è la naturale fine della vita terrena.

Al terrorizzato uomo moderno e laico adesso viene fornita anche una giornata di liturgia pagana, per ricordargli le parole magiche che – forse – lo salveranno: la coesione, i sacrifici (duri, ma necessari), l’osservanza scrupolosa delle regole (anche se assurde, non importa). E naturalmente l’affetto incondizionato per chi ci vuole tanto bene e dirige le nostre vite. Attenzione: non a caso è arrivato il Demiurgo da adorare – alias Mario Draghi – e, grazie al Cielo, è rimasta una donna in gamba, Giorgia Meloni, a fare opposizione, in mezzo al coro di Osanna.

A chiarirci un po’ le idee viene il Padre Dante:

E ‘l frate “Io udi’ già dire a Bologna
del diavol vizi assai, tra ’ quali udi’
ch’elli è bugiardo, e padre di menzogna”.
(Inferno, canto XIII).

Appunto: il diavolo è bugiardo e padre della menzogna. Teniamone sempre conto…

Paolo Deotto

Fonte

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

Facebook
Pinterest
Twitter
Email
Telegram
WhatsApp

Ti potrebbero interessare:

en_US

LOGIN

You are just logged in