L’Accelerazione del Tempo

Screenshot 2023 05 14 At 11.35.07
Il tempo sta accelerando!

Ecco: sembra un’altra delle tante corbellerie di questa folle e delirante epoca storica, da accantonare o magari deridere insieme al “Terrapiattismo” di Agostino Favari o ai Demoni Alieni di Corrado Malanga… Oppure considerarla solo una suggestiva ipotesi elaborata “tirando per i capelli” alcune delle più estreme riflessioni sui presupposti anarchici della Meccanica Quantistica.

Tranquilli… Nulla di tutto questo, quanto piuttosto una seria riflessione su una “sensazione sottile” che sembra essere condivisa da molti di coloro che studiano la scienza dello spirito e che si sforzano di praticare quel minimo di attività interiore che la vita quotidiana concede loro.

Se dunque vogliamo procedere con rigorosità e fondatezza dovremo partire dall’inizio e riesaminare la cronaca filosofica di questo concetto che si è evoluto nel corso della nostra storia e con il progredire delle conoscenze scientifiche. Il Tempo, infatti, dai primi filosofi era percepito come una modalità di successione degli eventi e concepito come una realtà assoluta e indipendente da coloro che la osservavano. E gli intervalli di tempo erano una grandezza misurabile, esattamente come la lunghezza o l’altezza di un oggetto. Lo Spazio, invece, era regolato dalla geometria euclidea dove le misure di un oggetto di certo non cambiavano quando questo si spostava o ruotava su sé stesso. Aristotele definiva lo spazio come “la misura del movimento”. E fu questa la generica visione ripresa e sviluppata da Isaac Newton alla fine del Seicento: lo spazio e il tempo, infatti, anche per lui erano grandezze “assolute”, indipendenti dalla natura e dal moto della materia.

E sempre questa visione rimarrebbe accettabile ancora oggi, almeno se si considerano tutti quei fenomeni in cui i corpi si muovono a velocità più piccole di quella della luce. La relazione che li lega allora, sarebbe praticamente questa: S=V*T dove S è lo spazio, V la velocità e T il tempo. In questi casi lo spostamento da un punto all’altro potrebbe essere paragonato al camminare su un piano… e il tempo sarebbe la misura per arrivare da un punto all’altro.

Alla fine del ‘700, a sistematizzare questa visione arrivò la filosofia kantiana che, in un modo o nell’altro, e più o meno consapevolmente, è divenuta la base della visione del mondo condivisa ancor oggi dalla maggior parte degli uomini moderni-occidentali.

E cosa affermava Immanuel Kant? Che lo spazio e il tempo sarebbero realtà empiriche e, nello stesso tempo, idealità trascendentali. Realtà empiriche perché nessun oggetto potrebbe essere dato ai sensi senza collocarsi in uno spazio e in un determinato tempo; idealità trascendentali, perché spazio e tempo sarebbero comunque forme a priori della nostra intuizione sensibile.

In altre e più semplici parole, questo significherebbe che, nascendo, l’uomo si percepisce intuitivamente all’interno di uno spazio tridimensionale e in un fluire temporale che scorre dal passato verso il futuro. Ma cosa siano in realtà spazio e tempo, assicura Kant, non lo sa e non lo saprà mai nessuno, perché non sarebbero altro che rappresentazioni soggettive che nascono da “forme” innate del nostro essere nel mondo.

Come ben sanno, o almeno, dovrebbero sapere gli studiosi di scienza dello spirito, Rudolf Steiner negli scritti filosofici che precedettero la sua attività di maestro spirituale, contestò le argomentazioni di Kant, mostrando come sia il Tempo che lo Spazio non fossero affatto intuizioni apriori della coscienza umana, bensì vere e proprie Percezioni che il pensare umano riconosce nel momento in cui connette tra loro i puri dati sensoriali che giungono alla sua coscienza.

Impeccabile da questo punto di vista, Massimo Scaligero in “Reincarnazione e Karma”:

– L’uomo, in realtà, ha lo spazio come idea, ma non possedendo l’idea, si appoggia inconsciamente a un’immagine fisica dello spazio, mentre fisica è soltanto una delle tre dimensioni… la verità della dimensione fisica, o spaziale, infatti, è la idealità della terza. L’idea risale il processo della formazione fisica, o tridimensionale, ogni volta che concepisce lo spazio: dal punto alla retta (I), dalla retta alla superficie (II), dalla superfice al volume (III)

E ancora, in “I segreti dello Spazio e del Tempo”:

– Il Tempo è fuori della quantità. Non è misurabile, misurabile essendo il suo spettro. Non è la successione, ma ciò che la conduce. Il tempo misurabile è il tempo finito: che non c’è mai. Onde il tempo è il presente sempre atteso e sempre trascorso: ciò che è vero solo in quanto perduto.

Tuttavia, in ogni punto del tempo perduto, il tempo può essere ritrovato: è la possibilità della contemplazione, onde nella simultaneità del pensiero è superata la discontinuità del mondo finito.

Che è il segreto del pensiero: che pensa il tempo, rende attuale la memoria del passato, proietta innanzi a sé l’avvenire. Pensiero che, invero, nel suo più intimo attuarsi e ritrovarsi come puro moto, condensa il tempo.

Ovvio che le poche frasi riportate difficilmente possono condurre all’esperienza interiore del Tempo e dello Spazio, ma era importante sottolineare l’importanza ineliminabile del pensare umano nell’avventura del nostro proprio esistere nel mondo. Un’importanza che, al contrario, continua ad essere ignorata e mai considerata da tutti coloro che pur si arrovellano nel cercare il senso ultimo di questo nostro comune esistere in un mondo che, di fatto e ineluttabilmente, si presenta spaziale e temporale.

È interessante osservare, a tal proposito, come gli ultimi sforzi conoscitivi dell’uomo si siano avvicinati alla dissoluzione dei rigidi limiti imposti dalla visione materialistica del mondo, ma sempre dimenticando di scorgere nello sforzo del superamento di tali limiti, il contributo ineliminabile del pensare.

Infatti, negli stessi primi anni del ‘900 in cui operava Rudolf Steiner, nel campo della scienza Fisica si andò affermando l’indiscusso genio di Einstein, che con la sua audace teoria della relatività azzerò ogni vecchia precedente concezione. Egli, infatti, ipotizzò che le leggi fisiche dovessero essere le sempre le stesse in ogni sistema di riferimento inerziale, e che anche la velocità della luce fosse perciò sempre la stessa, indipendentemente dalla velocità del sistema inerziale in cui la si osserva. Con ciò Einstein pose le basi della teoria della relatività generale e poi ristretta. La teoria di Einstein, infatti, asserisce che i corpi dotati di massa (pensiamo ad esempio a grandi corpi come il Sole o i pianeti, ma vale per qualsiasi corpo) deformano lo spazio-tempo che li circonda condizionando in tal modo il moto di altri corpi vicini, che percorreranno, in tal modo, delle geodetiche nella curvatura di questo spazio-tempo. Naturalmente questo comportò una nuova definizione delle variabili spaziali e temporali, concepite non più assolute, ma relative all’osservatore che le misura, ed una rappresentazione dei fenomeni fisici in uno spazio non più tridimensionale bensì quadridimensionale, in cui il tempo rappresenta la quarta dimensione.

Non mi sembra adesso il caso di riesaminare il senso e il significato della famosa formula E = mc2… basterà qui solo ricordare come questo abbia comportato, pian piano, la suggestiva idea della non esistenza di un Tempo e di uno Spazio unici e assoluti, bensì relativi appunto alle condizioni di moto dell’osservatore.

Se non ricordo male, Rudolf Steiner non si interessò poi molto alle teorie di Einstein, non per immodestia o presunzione, ma semplicemente perché riteneva tali teorie frutto di speculazioni che difficilmente avrebbero trovato riscontro nel vissuto ordinario. Nel senso che, a prescindere dalla validità della teoria, difficilmente un qualsiasi uomo comune avrebbe potuto superare fisicamente la velocità della luce e così sperimentare i risultati della sua performance.

Perché tutto, per Steiner, rimandava ai presupposti gnoseologici della conoscenza: Percezione (dato sensoriale) e Pensare.

Come se non bastasse, comunque, sempre intorno agli anni ’20, un altro grande scienziato arrivò a sconvolgere le basi della Fisica Classica: alludiamo ad Heisenberg il quale, con il suo Principio di Indeterminazione, può essere considerato a tutti gli effetti il padre della Meccanica Quantistica. Questa ci dice che nel mondo microscopico la realtà è un’altra. La materia ha una struttura granulare, caratterizzata da atomi e da particelle ancora più piccole degli atomi, e le grandezze fisiche sono quantizzate, cioè possono assumere solo valori discreti, saltando da un valore a un altro, e fondati sulla visione probabilistica della loro dinamica.

All’inizio, la Meccanica Quantistica comportò un discreto imbarazzo, non soltanto perché invalidava tutti i concetti generici della Fisica Classica, ma soprattutto perché confutava quello della invariabilità della velocità della luce. Fu David Bohm che, riformulando la l’equazione di Schrödinger inserendo un parametro che in seguito chiamò “potenziale quantico”, alla fine rimise in ordine (per così dire) gli aspetti caotici o probabilistici della teoria quantica. Grazie a questo nuovo parametro, senza bisogno di mettere in discussione la teoria della relatività di Einstein, che fissava il limite della comunicazione “locale” (cioè nel tempo e nello spazio) nella velocità della luce, si poteva invece supporre che le particelle fossero in comunicazione continua, perché entrambe “immagini” provenienti da uno spazio non più locale, non più noto o, meglio, non esistente. Il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa, nella teoria di Bohm risiederebbe nel fatto che la loro separazione è una illusione. Esse non sarebbero “parti” separate, bensì sfaccettature di una unità più profonda e basilare, che lo scienziato chiamò Ordine Implicato, per distinguerla da quel livello di Realtà Esplicata di cui la nostra coscienza ordinaria fa continuamente esperienza. L’universo che conosciamo si risolverebbe allora in una proiezione, una sorta di ologramma che sottende e rimanda ad un livello più profondo dove tutto sarebbe collegato a tutto, e ogni “cosa” sarebbe parte integrale e inseparabile di questo tutto.

Gli strati dell’Ordine Implicato possono scendere a livelli sempre più profondi e hanno tutte le caratteristiche di una intelligenza sublime, o cosmica, che Bohm definì appunto Apice Cosmico. Essa agirebbe attraverso il potenziale quantico (o campo informativo) il quale, come coscienza segreta della materia vivente e non vivente, “guida” le particelle più piccole che compongono la struttura dell’ordine esplicato. Di fatto, secondo Bohm, la mente cosmica agisce creativamente, ma deterministicamente, attraverso il mondo cristallizzato della realtà esplicata e, in questo modo, riflette sé stessa. L’attività conoscitiva promossa dal pensiero umano non sarebbe pertanto né disgiunta né inessenziale al tutto, ma parte in causa diretta della creazione della realtà apparente nella quale è per il momento imprigionata.

Ma non è finita qui… I lavori dei più moderni ricercatori continuano… e attualmente si sta tentando di arrivare ad un nuovo accordo (la così detta Teoria del Tutto) tra la Relatività Generale di Einstein e la Meccanica quantistica, immaginando una sorta di Gravità Quantistica. La quale, se sarà confermata, ci insegnerà che lo spazio di Newton, quello della concezione comune, non esiste. Ciò che esiste è un campo gravitazionale fatto di probabilità di Quanti di spazio collegati in reti. Ma se spazio e tempo sono la stessa cosa, ossia lo spazio-tempo, allora anche il tempo non esiste.

Insomma… anche a prescindere dalla non sperimentabilità percettiva diretta dei fenomeni quantistici e del non trascurabile fatto che gli scienziati dimenticano costantemente l’attività di pensiero con cui pensano tali eventi, con molta spregiudicatezza si potrebbe anche dire che in un modo o nell’altro ci si stia avvicinando all’esperienza della IDEALITÀ o, meglio, della spiritualità del mondo nel quale esistiamo.

E adesso proviamo a tornare alla provocazione dalla quale siamo partiti: il tempo sta accelerando!

Ma se Tempo e Spazio sono Idealità, e dunque realtà che si rivelano al pensiero che unisce tra loro i dati della pura esperienza, come si può supporre che tali realtà possano mutare?

Ebbene, proprio perché l’elemento variabile nell’esperienza ordinaria è quello del pensiero. Nel senso che non è il tempo ad essere accelerato, bensì i pensieri che lo pensano. E i pensieri dell’uomo moderno occidentale sono stati condizionati alla velocità…

– Veloce, veloce… via, sempre più veloce!

Un esempio tra tanti? Bene… prendete un vecchio film, magari anche d’azione… che so? Il primo “007 — licenza di uccidere”. Tornate a guardarlo e… rimarrete stupiti della “lentezza” con cui gli eventi si susseguono. Comparatelo con uno degli ultimi film dell’applaudita serie James Bourne — The Bourne identity — The Bourne ultimatum ecc…) — o con un qualunque altro film d’azione… e vedrete sequenze di immagini passarvi davanti a velocità vertiginosa, quasi senza alcun dialogo e con musiche sempre molto incalzanti.

Il bello è che questi film ci piacciono.

Come siamo arrivati a questo? Grazie all’aumento progressivo della velocità dei dati sensoriali che investono la nostra vita di tutti i giorni e che devono essere interpretati, valutati, organizzati e acquisiti. Il nostro pensiero ordinario e riflesso è costantemente in affanno…

Alcuni anni fa, durante un trekking in alta quota, su un alpeggio che solo un sentiero impervio di quattro ore congiungeva a valle (e dunque ad un minuscolo paesino), trovai un pastore che per tutta l’estate avrebbe soggiornato a quella quota, vivendo in una capannuccia di pietra “minimale”, per sopra-visionare e proteggere le sue pecore al pascolo. Tre volte a settimana la moglie lo avrebbe raggiunto con un mulo, portandogli il necessario per bere e per mangiare. Quando lo incontrai sedeva su un masso, con il suo immancabile bastone, in prossimità di un dirupo dal quale si dominava tutta la valle. Era seduto lì e lì sarebbe rimasto a contemplare l’orizzonte per tutta la giornata, senza un libro, senza cellulare, senza TV… in muta contemplazione salvo poi, verso sera, mungere le pecore e raccogliere il latte che la moglie avrebbe poi portato a valle a dorso di mulo.

Potete provare a mettere nelle stesse condizioni un uomo moderno occidentale e… lo vedrete impazzire nel giro di qualche giorno.

Il perché dovrebbe essere di facile comprensione: il pensiero di quel pastore (anacronistico resto di antiche condizioni esistenziali) “scorreva lento”, senza ansia alcuna, perdendosi in una sorta di calma contemplazione del mondo intorno a lui. Qualcosa di molto simile alla “percezione pura”, cui ha sempre accennato Massimo Scaligero, protratta a lungo durante la sua tranquilla giornata. Il pensiero dell’uomo moderno di città, invece, condizionato da mille stimoli uditivi, sonori, tattili ed olfattivi, trovandosi all’improvviso senza “l’appoggio” delle continue variazioni sensoriali a cui è oramai assuefatto, nel giro di poco tempo imploderebbe.

Come mi raccontò un giorno, sorridendo, un Padre camaldolese, divenuto ambasciatore ecclesiastico dopo più di trent’anni di vita monastica (vera e propria clausura):

– Ogni tanto ci sono alcuni benintenzionati che ci chiedono di passare una settimana o due nel vuoto silenzio di un eremo… ma in genere, senza cellulare, senza TV o radio e senza parlare con nessun altro se non con sé stessi… diciamo che reggono a malapena pochi giorni.

Bisogna riconoscerlo… siamo tutti pesantemente condizionati. Chi più chi meno, ma lo siamo tutti.

E il risultato è che il Tempo, per la percezione ordinaria del quale ci avvaliamo dell’ordinario pensare riflesso, ci risulta accelerato… perché non arriviamo ad accogliere con la necessaria calma la quantità degli stimoli che ci raggiungono.

La ricerca psicologica già da tempo si era interessata al fenomeno, registrando il fatto che ai massimi livelli di Sensory Deprivation molte persone tendono a cadere in vere e proprie psicosi. Naturalmente è tutto relativo all’epoca storica in cui stanno vivendo i soggetti che si prestano all’esperimento, la cultura nella quale sono cresciuti, le abitudini che hanno contratto e le motivazioni che li animano. Ma in linea di massima varrebbe il detto:

– Ciò che ad un certo livello evolutivo dell’uomo può farlo ammalare, ad altri livelli (nella vita monastica, ad esempio) lo può condurre oltre i limiti dell’ordinaria, limitata e consueta visione del mondo. Potrebbe iniziarlo alla vita dello spirito.

E così, alla fine di queste succinte riflessioni, mi sentirei di azzardare che sì… il tempo sta accelerando, perché siamo noi esseri umani che edifichiamo la realtà nella quale viviamo e, dunque, lo stiamo accelerando. Sarebbe pertanto auspicabile che prendendo atto di questa verità ci adoprassimo a rallentare le nostre percezioni, la nostra vita interiore ma anche esteriore, per tentare di riappropriarci dell’essenza ultima del Tempo e dello Spazio che, come tale, è il segreto del pensiero che pensa il mondo senza sapere di pensarlo:

– Consacrando come vero del mondo ciò che il mondo non è — scrive sempre Massimo Scaligero in “I segreti dello Spazio e del Tempo” — formando lo spazio e il tempo dal tessuto pensante con cui li pensa a lui esteriori e necessari: misurabili. L’orgia dei fragori e dei tumulti del mondo è la barriera più sicura al segreto silenzio che è la veste della divinità del mondo.

Insomma… dovremmo sforzarci di evitare la continua “distrazione” del nostro pensiero, e fare in modo che piuttosto rallenti, adagiandosi sul mondo… dovremmo proprio farlo, se in un breve futuro non vogliamo entrare in competizione con “macchine intelligenti” che saranno sempre milioni di volte più veloci di noi nell’elaborazione dei dati, ma che mai sapranno contemplare un’opera d’arte, o un semplice fiore, o un cielo stellato… e che perciò mai potranno accedere al segreto della Vita.

E se un giorno dovessimo mai sfidarle, facciamo che la gara non sia a chi va più veloce nell’acquisire o elaborare dati, bensì a chi sarà capace di percepire l’attività che si svolge nell’intervallo di tempo che intercorre tra l’acquisizione di un dato e l’altro: allora le macchine (ammesso che sarà loro concesso) contempleranno le forze della sub-natura elettromagnetica che scorrono nei loro circuiti (Arimane guarderà sé stesso), mentre l’iniziato contemplerà la Vita che scorre nel proprio Pensare la cui velocità di movimento eterico resterà inavvicinabile al più sofisticato e potente computer quantistico che si potrà mai costruire.

Piero Priorini


Psicologo psicoterapeuta ad indirizzo Psicanalitico Junghiano.
Antroposofo, conferenziere ed autore di libri ed articoli.
Specializzato in bioenergetica, transazionale, ipnosi e sessuologia.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

Facebook
Pinterest
Twitter
Email
Telegram
WhatsApp

Ti potrebbero interessare:

en_US

LOGIN

You are just logged in