di Piero Cammerinesi

Anche se il giornalismo copia-incolla in gran spolvero negli ultimi anni ci ha abituato alle più miserevoli notizie ed a rutilanti vergognose menzogne, ci sono dei momenti in cui si fa fatica a credere ai propri occhi aprendo un quotidiano e leggendo nefandezze che avremmo creduto impubblicabili.

È il caso del pezzo di FoggiaToday in cui si racconta la visita di un foggiano che si reca sulle tombe di Provenzano e Riina e che pubblica su un social un video in cui afferma orgogliosamente:

“Eccomi a Corleone, sono sulla tomba di Bernardo Provenzano: il 13 luglio 2016 è morto e oggi 13 luglio 2022 io sono qua”.“Per me restano grandi uomini. E’ un onore essere qui”.

 

 

È vero che l’autore dell’articolo – ripreso anche da altri giornali on line – cerca di barcamenarsi quasi controvoglia tra la golosità della notizia e qualche distinguo morale, ma in realtà ‘trascura’ del tutto di indicare il profilo del personaggio in questione, che è un pregiudicato di lungo corso.

Ora, direte voi, che novità è questa? Siamo ormai abituati da tempo a veder esaltare l’immoralità e denigrare – quando non peggio – chi la combatte.

Vero, ma è proprio questo “essere abituati” che consente il perpetuarsi dello scempio morale che la nostra cultura sta vivendo. Il tutto con la complicità di coloro che dovrebbero rappresentare un argine alla immoralità dilagante, denunciandola senza mezzi termini, mettendola alla berlina, indicandone gli effetti nefasti; vale a dire il vero giornalismo che, senza compromessi o ammiccamenti, dovrebbe rappresentare la spina nel fianco del potere e del malaffare.

Che sovente coincidono.

Ora un carissimo amico, Nicola Gelo, musicista ed insegnante, anche lui foggiano come il soggetto in questione, ha deciso di non tacere, di non voltarsi dall’altra parte, ma di inviare una lettera di fuoco alle redazioni dei giornali che hanno pubblicato la notizia, lettera che riporto qui sotto.

Naturalmente, ad oggi, non ha ricevuto risposta alcuna. E questo è il metodo classico utilizzato dagli organi di informazione per silenziare chi non si uniforma, chi ha ancora il coraggio di obiettare, chi non ci sta.

Ma noi, che siamo ‘anime belle’, speriamo (ancora) di sbagliarci e di doverci ricredere di fronte ad una prossima pubblicazione su FoggiaToday della ‘Lettera al Direttore’ che segue…

 


 

* * *

Spett.le Redazione,
dopo aver letto gli articoli dedicati al recente viaggio di un pregiudicato foggiano a Corleone, ho pensato di inviarvi (vedasi allegato) questa mia risposta.
Non credo verrà mai pubblicata eppure ho pensato di girarvela ugualmente.
Cordialità,
Nicola Gelo

Foggiani, vil razza dannata.

La notizia di qualche giorno fa – così come l’ha comunicata FoggiaToday – è: Foggiano a Corleone, video e selfie sulle tombe di Provenzano e Riina: “Un onore essere qui”.

      Il titolista, evidentemente confortato dallo scioglimento del Comune di Foggia per mafia, dimentica che il foggiano in questione (Pompeo Piserchia) e la sua signora sono due p r e g i u d i c a t i oltreché foggiani e forse tra i due aggettivi, per importanza, avrebbe potuto scegliere il primo per titolare la notiziona del giorno.

Già, un pregiudicato (foggiano) rende omaggio alle tombe di Riina e Provenzano, che definisce “grandi uomini”, documentando la sua gita a Corleone con selfie e foto. La compagna del pregiudicato invita tutti a portare un rosa sulla tomba di Riina. Nulla di nuovo per due pregiudicati, neppure lo sfregio alla memoria di Falcone e Borsellino. I deliquenti hanno i loro riti, i loro simboli, la loro cultura: per capire i delinquenti occorre conoscere il loro eloquio; questo lo insegnò proprio Giovanni Falcone.

Quindi la notizia qual è? Quanti depravati imprecano passando per Capaci, quanti vanno in pellegrinaggio a Corleone per sentirsi un po’ più delinquenti di quanto non lo sono già? Importa a qualcuno? Temo di no, soprattutto se l’autore del video è un pregiudicato operante in un comune sciolto per mafia, soprattutto se le notizie di cronaca da Foggia arrivano, quotidiane e incessanti, ogni giorno dell’anno. 

Soprattutto se la delinquenza minorile nella città del foggiano Pompeo Piserchia, tiene sotto scacco l’intera comunità, induce ragazzi al suicidio, uccide e deriva da un apparato mafioso.

Nel 2019 i carabinieri trovarono a casa del signor Piserchia, nascosta sotto la culla del figlio neonato, una pistola completa di caricatore e con la matricola abrasa.

Il pargolo svezzato con la pistola nella culla, è stato portato in pellegrinaggio, nel giorno dell’anniversario della morte di Provenzano sulle tombe di zio Totò e zio Bernardo, a rendere omaggio, a baciare quelle lapidi che sono un simbolo potentissimo.

Goethe scrive nel suo Faust: Alles Vergängliche Ist nur ein GleichnisTutto ciò che diviene è un simbolo. Dobbiamo chiederci, quale simbolo diverrà per il figlio dei due pregiudicati quel bacio alla lapide di Provenzano, quel pellegrinaggio a Corleone. Il pregiudicato Pompeo Piserchia e la compagna hanno agito da veri educatori: hanno portato il bambino ad onorare un simbolo. Dietro a quel bacio vi è un progetto educativo culminato in viaggio. Totò e Bernardo sono stati probabilmente descritti come due persone degne di venerazione e di amore ed è proprio questo che chiede l’essere di ogni bambino: trovare immagini a cui anelare silenziosamente.

Ci sono bimbi che ammirano il proprio maestro, altri che guardano con devozione l’istruttore di judo o la maestra di catechismo. Il figlio del pregiudicato Pompeo Piserchia viene invitato dai genitori a baciare la tomba di Provenzano. Un messaggio educativo, sociale e maieutico non destinato a rimanere isolato, concluso nella cerchia della famiglia di riferimento, ma aperto alla comunità mafiosa, a sodali e consociati, ai giovani che, nella stessa città del pregiudicato Piserchia, vivono privi di qualsiasi riferimento se non quello della simbologia mafiosa.

 

La notizia è balzata agli onori della cronaca perché i video son divenuti virali e dunque occorreva parlarne, come si fa di norma quando il culo di una soubrette viene ripreso senza il tanga tra le chiappe.

Il bambino allevato con una pistola nella culla e che oggi bacia la tomba di zio Bernardo è una immagine collaterale: non fa notizia.

Verrebbe da chiedersi cosa deve fare una famiglia a Foggia per ricevere l’assistenza dei servizi sociali. A quali abusi deve essere sottoposto un minore per essere allontanato dalla famiglia di appartenenza. Tutto questo non è lecito chiederlo, non è lecito saperlo: si parla dei selfie fatti dalla famiglia Piserchia mentre l’ennesimo guitto oltraggia il senso di uno Stato che sembra essere svanito dalla coscienza collettiva violando vieppiù l’innocenza di un bambino che viene istruito sì, ma secondo i crismi dell’ortodossia mafiosa. Ed è proprio l’ignoranza sociale nei confronti delle modalità educative messe a punto dalla mafia ad impedire che la nostra comunità riesca a  venire a capo dei fenomeni tragici che smembrano le coscienze dei nostri ragazzi.

Chi scrive è un maestro di scuola primaria orgoglioso di essere nato a Foggia. Da due anni mi occupo, insieme ai miei alunni, di approfondire la conoscenza delle vite dei giudici Falcone e Borsellino. 

I miei alunni hanno incontrato, attraverso corrispondenza epistolare, Fiammetta, Manfredi e Salvatore Borsellino. 

Il ricordo e la testimonianza dei familiari di Borsellino accompagnerà per sempre i miei alunni e li guiderà come un faro. Questo è il compito dell’educazione: elaborare una pedagogia che insegni ad apprendere, ad apprendere per tutta la vita dalla vita stessa”. Lo stesso metodo viene applicato dall’educazione mafiosa che obbliga a venerare simboli criminali e depravati.

Alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ho scritto questo brano per pianoforte solo: Luce del Mondo.

 

 

Se l’importanza delle notizie non fosse direttamente proporzionale allo squallore che esse riversano nell’apparato sociale allora forse potremmo leggere su un giornale: “Foggiano dedica una composizione ai giudici Falcone e Borsellino” e non solo apprendere dei sordidi viaggi di uno dei tanti scellerati che ammorbano la città nella quale son nato.

 

Nicola Gelo

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