Gratitudine, Resurrezione del Sentire 

di Piero Cammerinesi  

Nei puri raggi della luce
Risplende la divinità del mondo.
Nel puro amore verso tutte le creature
Risplende il divino della mia anima.
Io riposo nell’essenza divina del mondo;
E nell’essenza divina del mondo
Io troverò me stesso. 

Rudolf Steiner 

 

  1. UN RICORDO PERSONALE

Ogni tanto il passato torna a parlarci, riportando alla memoria fatti o persone che crediamo di aver dimenticato ma che in realtà sono profondamente stampati nella nostra anima e che spesso basta un nulla per riportare alla coscienza. 

Uno di questi fatti risale al mio primo incontro con Massimo Scaligero, avvenuto nell’Aprile del 1971. In realtà si tratta di un episodio che non ho mai dimenticato, ma che, in quest’ultimo periodo, ha iniziato a ripresentarsi alla mia coscienza in forma particolarmente vivida. 

A me, che cercavo allora disperatamente un Maestro, mi aveva parlato di Massimo un amico, narrandomi di due compagni di scuola che, nel cercare una mansarda da affittare a Monteverde si erano imbattuti in uno strano personaggio che li aveva fatti salire ed aveva loro donato un libro e parlato di cose per loro misteriose, tanto che si erano quasi spaventati. 

La vicenda mi colpì tanto da chieder loro il numero di telefono di questo personaggio onde prendere con lui un appuntamento. 

 

Del mio incontro con Massimo ho già parlato diffusamente sia nell’intervista che riporto qui sopra, che nel film OLTRE, un Tributo a Massimo Scaligero e non starò qui a ripetermi; quello che però mi interessa rammentare è che quando gli parlai degli amici che mi avevano condotto indirettamente da lui, egli mi disse senza mezzi termini: 

Loro non ritorneranno più; sono venuti solo perché dovevano portare te

e aggiunse, con una espressione molto seria: 

Ricordati però che dovrai avere nei loro confronti sempre una profonda gratitudine, perché ti hanno condotto alla Via

Questa affermazione mi colpì molto e mi restò profondamente impressa nella coscienza, considerando che in genere noi proviamo gratitudine – quando ne siamo capaci – solo per persone che ci fanno direttamente e consapevolmente del bene o ci procurano dei vantaggi tangibili e non per chi “per caso” ci produce degli effetti positivi. 

Da allora, come si suol dire, molta acqua è passata sotto i ponti e, ad un certo punto, mi sono deciso – spinto anche da una richiesta di un intervento per un convegno – ad approfondire la questione.   

 

  1. GRATITUDINE VERSO PERSONE ED EVENTI

Ho iniziato dunque a cercare quanto Rudolf Steiner e Massimo Scaligero hanno scritto a proposito di questo sentimento così poco visitato – in particolare ai nostri giorni – e devo dire che ho fatto delle scoperte davvero inaspettate. 

Rudolf Steiner, ad esempio, affronta l’argomento della gratitudine in svariati libri e cicli ma iniziamo a esaminarne i punti salienti a partire da una delle sue opere fondamentali, L’Iniziazione :  

La nostra esistenza è un dono dell’intero universo. Quanto è necessario a ciascuno di noi per ricevere e realizzare la propria esistenza! Cosa dobbiamo alla natura e agli altri uomini! Chi vuole una formazione occulta deve essere incline a questi pensieri. Chi non riesce ad abbandonarsi ad essi non è in grado di sviluppare in sé l’amore universale necessario per raggiungere la conoscenza superiore. Qualcosa che non amo non può rivelarsi a me. E ogni rivelazione deve riempirmi di gratitudine, perché mi arricchisce (Rudolf Steiner, L’iniziazione – Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori? O.O.10). 

Naturalmente è necessario far vivere dentro di noi – e praticare – per un certo periodo di tempo queste verità – essendo grati a chi ce le ha comunicate – se si vuole veder giungere il momento speciale in cui il discepolo inizia a vedere le grandi verità eterne: 

All’improvviso il mondo intorno a lui si illumina di colori che non aveva mai visto prima. Qualcosa diventa udibile per lui che non ha mai sentito prima. Il mondo risplenderà di una nuova luce; nuovi suoni e parole diventeranno percepibili. Questa nuova luce e questo nuovo splendore risplenderanno per lui dal mondo dell’anima, e i nuovi suoni che sente gli arriveranno dal mondo degli spiriti (Rudolf Steiner, Origine e meta dell’essere umano, O.O.53). 

 

  1. LA LAVANDA DEI PIEDI

Proseguendo nella ricerca delle ricorrenze di questo argomento nell’opera di Rudolf Steiner ci imbattiamo, ad un certo punto, in un simbolo profondamente significativo, in quanto appartenente all’esoterismo cristiano: la lavanda dei piedi

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Si tratta della necessità di comprendere che tutto quel che siamo lo dobbiamo non a noi stessi, ma agli altri ed all’ambiente che ci circonda e per questo dobbiamo inginocchiarci davanti a coloro che ci hanno permesso di divenire quel che siamo.

Cristo Gesù lo ha indicato nella lavanda dei piedi, chinandosi dinanzi ai discepoli e lavando loro i piedi. Nella prima tappa dell’iniziazione cristiana, il discepolo deve essere completamente impregnato di questo sentimento di gratitudine verso tutto ciò che sta sotto di lui. Ciò che ottiene si manifesta in due sintomi. In primo luogo, si vedrà in una visione astrale nella situazione della lavanda dei piedi (Rudolf Steiner, Il Mistero cristiano, O.O. 97).

La lavanda dei piedi è il primo dei sette livelli dell’iniziazione cristiana che sono: lavanda dei piedi, schiaffo e flagellazione, incoronazione di spine, crocifissione, morte, sepoltura e resurrezione.

Si tratta di un percorso interiore indicato da simboli esteriori, in quanto il discepolo che si guarda intorno nel mondo giunge a comprendere che non avrebbe potuto raggiungere il livello in cui si trova se tutto ciò che è sotto di lui non si fosse sviluppato in modo corrispondente. 

 Quando una persona sviluppa tali sentimenti nella sua anima, allora si crea uno stato d’animo tale per cui non solo ha motivo di guardare in alto con gratitudine a ciò che è sopra di lui, ma anche di guardare con gratitudine a ciò che è sotto di lui (Rudolf Steiner, Macrocosmo e microcosmo, O.O.119). 

Se il discepolo è in grado di vivere profondamente l’esperienza della lavanda dei piedi, può giungere a sperimentare i dolori della Crocifissione, come è avvenuto a Judith von Halle che ha ricevuto le stigmate proprio a seguito di questa profondissima esperienza.  

 Se si sentono i piedi come lambiti dall’acqua, il corpo come coperto di ferite, allora si saranno fatte penetrare quelle sensazioni più profondamente nella natura umana e si sarà riusciti a spingerle fin nel corpo fisico. Esse penetrano realmente fino nel corpo fisico, perché si manifestano le stigmate, i segni sanguinanti delle ferite del Cristo Gesù; si sente dunque di aver spinto quelle sensazioni fino al corpo fisico e si sa che esse esplicano la loro forza fin nel corpo fisico; sappiamo dunque che della nostra entità viene afferrato qualcosa di più del solo corpo astrale e del solo corpo eterico o vitale. Possiamo dunque caratterizzare essenzialmente questo processo dicendo che, mediante quelle sensazioni mistiche, si agisce fin nel corpo fisico. Se si fa questo, ci si prepara ad accogliere gradatamente nel corpo fisico il Fantòma che emana dal sepolcro del Golgotha (Rudolf Steiner, Da Gesú al Cristo, O.O.131). 

 

  1. LO JUGENDKREIS

Ho trattato approfonditamente la vicenda del Circolo Esoterico Giovanile – o Jugendkreis – in due articoli che trovate qui  e qui.
Nella creazione di tale particolarissimo gruppo di lavoro spirituale Rudolf Steiner espresse in modo adamantino il fatto che – in special modo in un circolo esoterico – ogni conseguimento di ciascuno è possibile solo grazie all’impegno di tutti. 

Queste le parole pronunciate da Steiner il 13 ottobre 1922 dinanzi ai 12 membri fondatori dello Jugendkreis 

Unirsi attraverso una promessa reciproca di lottare per un obiettivo spirituale comune, lasciandosi completamente liberi nell’azione e nel giudizio nella vita – una comunità fondata su questo è qualcosa di abbastanza nuovo nello sviluppo dell’umanità e qualcosa indicato oggi come la cosa più necessaria.   Per chi arriva a certi risultati per via esoterica, c’è sempre il pericolo della megalomania. Contro questa, una comunità come la vostra può essere una protezione. Perché in essa ci si sforza insieme di varcare la soglia del mondo spirituale. E poi ognuno deve dire a sé stesso che deve ciò che ha raggiunto personalmente grazie agli sforzi di tutti gli altri (Rapporto di Ernst Lehrs).   

 

  1. GRATITUDINE E VERGOGNA DI FRONTE A PAROLE E PENSIERI 

In un ciclo dedicato allo sviluppo occulto dell’uomo (O.O.145), Rudolf Steiner approfondisce ulteriormente l’argomento indicando quali sentimenti si iniziano a provare in questo contesto proseguendo il sentiero della crescita interiore. Egli afferma, infatti, che, mentre l’uomo comune, quando ha pronunciato delle parole, le dimentica ben presto, al discepolo dell’esoterismo inizia a manifestarsi successivamente un preciso sentimento nei confronti di ciò che ha detto. Si tratta di un senso di vergogna interiore quando ha detto qualcosa di scorretto moralmente o intellettualmente, e di una sorta di gratitudine quando è riuscito a dire qualcosa di giusto e vero.  

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Così definisce questo processo interiore ed i rischi che anche ciò comporta: 

E se si sente – si ha una bella sensazione anche per questo – che qualcosa come l’autocompiacimento interiore, l’autosoddisfazione, emerge quando si è detto qualcosa di giusto, allora si lascia che questo sia una testimonianza del fatto che si porta ancora dentro di sé troppa vanità, che non serve allo sviluppo dell’uomo. Si impara a distinguere tra la sensazione di soddisfazione quando si è detto qualcosa con cui si può essere d’accordo e il compiacimento, che è inutile. Cercate di non permettere a questo sentimento di sorgere, ma di sviluppare solo il sentimento di vergogna quando avete detto qualcosa di scorretto e immorale, e di gratitudine per la saggezza che vi è arrivata e che non rivendicate come vostra, ma come un dono dell’universo, se siete riusciti a dire qualcosa di appropriato ad essa (Rudolf Steiner, Lo sviluppo occulto dell’uomo nelle sue quattro parti costitutive, O.O.145) 

Un ulteriore passo su questo sentiero viene compiuto quando si inizia a provare questi sentimenti di gratitudine o di vergogna non solo di fronte a quanto abbiamo detto ma anche a quanto abbiamo pensato. I nostri pensieri divengono una sorta di cartina tornasole del grado di evoluzione interiore raggiunto. 

Con un pensiero di cui si può dire a se stessi: l’hai fatto tu ed è appropriato alla saggezza – con questo pensiero si sviluppa un sentimento di gratitudine verso la saggezza. Un pensiero che si presenta come un pensiero errato, non attraente, immorale, porta a un certo senso interiore di vergogna, e si ha la sensazione: puoi ancora essere così; è ancora possibile che tu abbia così tanto egoismo da pensare questo di fronte a ciò che è già entrato in te come saggezza! (Ibidem)  

Assolutamente stupefacente, poi, la relazione che Steiner introduce tra gratitudine/vergogna e calore/freddo nel contesto della storia dell’evoluzione cosmica: 

Sull’antico Saturno il calore era, come sapete, lo stato fisico più denso, per così dire, l’unico stato fisico a cui si giunse inizialmente nel periodo saturniano medio. E ciò che era presente a quel tempo – potete leggerlo nella mia “Scienza Occulta” – come effetti di Saturno nel fisico erano correnti di calore e di freddo. Dal punto di vista psichico, spirituale, possiamo affrontare queste correnti di calore e di freddo dicendo: c’era un flusso di calore, ma era un flusso di gratitudine da parte degli spiriti della personalità, oppure c’era un flusso di freddo, e questo flusso di freddo, che scorreva in una direzione diversa, era un flusso di vergogna da parte degli spiriti della personalità (Ibidem). 

 

  1. GRATITUDINE DA PARTE DEL MONDO SPIRITUALE

Ma non è solo l’uomo a provare gratitudine verso il mondo spirituale; Steiner ci dice che anche questo sperimenta la gratitudine nei confronti dell’uomo: 

Per tutto ciò che l’uomo ha acquisito in vita attraverso il suo pensare, sentire e volere, attraverso il suo lavoro, attraverso tutto il suo essere, e per tutto ciò che è fluito attraverso di lui sulla terra nel suo corpo eterico, i cieli, nel riceverlo, sono pieni di gratitudine! E una nube di gratitudine investe colui che, vorrei dire, dirige l’occhio chiaroveggente verso un corpo eterico messo da parte dall’uomo (Rudolf Steiner, Natura interiore dell’uomo e vita fra morte e nuova nascita, O.O.163).

  1. LA GRATITUDINE NEI DEFUNTI

Un capitolo molto interessante di questa indagine sulla gratitudine è costituito dalla modalità in cui questo sentimento viene sperimentato dai defunti: 

Quando gli antichi sacerdoti dei Misteri furono iniziati ai sacri Misteri antichi e si misero così in condizione di comunicare con i morti, poterono sperimentare la gratitudine che l’uomo prova dopo la morte per tale impresa: i morti si dimostrarono grati soprattutto per il fatto di essere stati protetti dal contatto con queste forze prima di varcare la porta della morte (Rudolf Steiner, Verità dei misteri ed impulsi di Natale. Miti antichi e loro significato, O.O.180). 

  1. GRATITUDINE NEL SUBCONSCIO

A parte la necessità di sviluppare il sentimento della gratitudine in piena coscienza, se approfondiamo l’indagine sulla nostra anima, ben presto scopriamo che anche nel nostro subconscio sorge un sentimento di gratitudine nei confronti delle nostre impressioni, a prescindere da come le viviamo a livello cosciente. 

In realtà ogni mattina, sin dal risveglio, noi sperimentiamo le nostre simpatie e antipatie per ciò che comprendiamo, provando soddisfazione quando effettivamente comprendiamo qualcosa. 

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Si tratta di una attività assai vasta – collegata alla nostra memoria – e che può contraddire quanto percepiamo coscientemente. 

Può capitare di provare antipatia nei confronti di un’impressione che qualcosa suscita in noi. Il subconscio non prova affatto queste antipatie; percepisce le impressioni in modo del tutto diverso dalla mente cosciente ordinaria. Il subconscio sviluppa infatti un sentimento particolare nei confronti di tutte le impressioni, un sentimento che non posso descrivere in altro modo – anche se è sempre solo comparativo quando si applicano allo spirituale espressioni tratte dal mondo fisico; ma l’espressione si adatta molto bene a questo caso – se non dicendo che il subconscio sviluppa sempre un certo sentimento di gratitudine nei confronti di ogni impressione, indipendentemente da ciò che accade nella mente cosciente. – Non è affatto scorretto dire che una persona può stare davanti a voi e l’impressione cosciente che avete di lei può essere terribilmente sgradevole. La persona può scagliarvi in faccia la più grande maleducazione, ma l’impressione subconscia ha un certo sentimento di gratitudine nei suoi confronti. Questo sentimento di gratitudine esiste per la semplice ragione che tutto ciò che nella vita tocca gli elementi più profondi del nostro essere rende la nostra vita più ricca, la rende davvero più ricca.

(…) Ciò che funziona lì e si scarica in un sentimento di gratitudine funziona in noi in modo simile a ciò che funziona in noi quando abbiamo un’impressione del mondo esterno, e ciò che poi diventerà memoria, va di pari passo con l’immaginazione, e solo la persona che ha anche la chiara sensazione di sognare costantemente dal momento in cui si sveglia fino a quando si addormenta può diventare consapevole di queste cose (Rudolf Steiner, Morte sulla Terra e vita nel cosmo. Doni antroposofici per la vita. Le necessità della coscienza per il presente e l’avvenire, O.O.181).
 

  1. LA GRATITUDINE DEI DEFUNTI CHE PARTONO DAL SENTIMENTO DI COMUNITÀ 

Uno dei più profondi desideri di ogni uomo che abbia perso una persona cara è quello di poter continuare a parlare con lei. C’è chi, in vari modi, riesce a farlo ma, in ogni caso, la maggior parte delle persone sa per esperienza diretta che i defunti possono parlarci di regola attraverso i sogni, preferibilmente se siamo in grado di condividere con loro una atmosfera spirituale elevata. Ora, un elemento fondamentale di tale atmosfera è, appunto, la gratitudine, senza sviluppare la quale non avremo alcuna possibilità di collegarci a loro.

A tal proposito Steiner, infatti, afferma espressamente che:  

Se i defunti vogliono parlarci, è necessario che nella nostra coscienza entri qualcosa di quello che ho appena definito il sentimento di gratitudine, un sentimento di gratitudine verso tutto ciò che si rivela a noi. Se non c’è nulla di questo sentimento di gratitudine in noi, se non siamo in grado di ringraziare il mondo per averci lasciato vivere, per arricchire continuamente la nostra vita con nuove impressioni, se non siamo in grado di approfondire la nostra anima riuscendo a renderci conto spesso e volentieri che tutta la vita è in realtà un dono in tutto e per tutto, allora i defunti non troveranno la stessa atmosfera che abbiamo noi. Perché possono parlarci solo attraverso il sentimento della gratitudine, altrimenti c’è un muro tra noi e loro.

 

(…) Si tratta sempre di parlare con quei defunti con cui siamo karmicamente legati. Se li abbiamo persi, se li desideriamo in vita, non possiamo pensare a questo: Siamo grati di averli avuti, indipendentemente dal fatto che non li abbiamo più – se il nostro sentimento di gratitudine non è presente verso l’essere che vogliamo avvicinare, esso non ci trova, o almeno non ci può parlare. Sono proprio i sentimenti che molto spesso nutriamo nei confronti dei defunti che ci sono vicini a ostacolare la possibilità che questi ci parlino. Con le altre persone decedute che non sono karmicamente collegate a noi, di solito è più difficile parlare; ma nei confronti di coloro che ci sono vicini abbiamo troppo poco il sentimento di essere grati a loro per essere stati qualcosa per noi in vita, e non dobbiamo aggrapparci all’idea di non averli più, perché questo è un sentimento ingrato nel senso più ampio della vita. Rendetevi conto di quanto il sentimento di perdita sia superiore all’altro, e allora riuscirete a cogliere tutte le implicazioni di ciò che sto dicendo. 

Pensiamo di aver perso una persona cara. Allora dobbiamo essere davvero in grado di provare un sentimento di gratitudine per averla avuta. Dobbiamo essere in grado di pensare in modo disinteressato a ciò che è stata per noi fino alla sua morte, e non a ciò che proviamo ora perché non l’abbiamo più. Infatti, quanto più riusciamo a sentire ciò che è stata per noi durante la sua vita, tanto prima essa troverà l’opportunità di parlarci, tanto prima le sarà possibile avvicinarsi a noi con le sue parole attraverso l’atmosfera condivisa della gratitudine.

 

(…) Perché il mondo spirituale in cui si trova il defunto tra morte e nuova nascita parla al vivente in modo tale che si può dire: Lo troviamo quando possiamo incontrarci in un luogo spirituale comune con un pensiero che anche lui vede, quando possiamo incontrarci con questo pensiero comune in un sentimento completo di comunanza. E abbiamo il materiale per farlo attraverso il mezzo della gratitudine. Perché i defunti parlano ai vivi dagli spazi intessuti dal sentimento di comunità, attraverso l’atmosfera che si forma dal sentimento di gratitudine generale verso il mondo (Rudolf Steiner, Morte sulla Terra e vita nel cosmo. Doni antroposofici per la vita. Le necessità della coscienza per il presente e l’avvenire, O.O.181). 

 E ancora: 

 Laddove abbiamo fatto qualcosa, laddove il nostro essere si è connesso con un altro essere attraverso l’azione, qualcosa rimane dietro di noi, e questo qualcosa che rimane dietro di noi stabilisce una parentela duratura tra il nostro essere e tutto ciò con cui ci siamo connessi. Ho detto: questo sentimento di parentela è la base per un sentimento più profondo di comunanza con il mondo circostante, un sentimento di comunanza che di solito rimane sconosciuto all’anima superiore. 

L’essere umano può vivere consapevolmente questi due sentimenti, il sentimento di gratitudine e il sentimento di comunanza con l’ambiente con cui è stato in qualche modo karmicamente connesso, sempre di più.  

Può, per così dire, elevare nell’anima ciò che vive in questi sentimenti e sensazioni; e nella misura in cui eleva queste due sensazioni nell’anima, si rende adatto a costruire il ponte con le anime che trascorrono la loro vita tra la morte e la nuova nascita. Infatti, i pensieri di queste anime possono trovare la strada verso di noi solo se riescono a penetrare davvero nel regno del sentimento di gratitudine che abbiamo sviluppato; e noi possiamo trovare la strada verso di loro solo se la nostra anima si è abituata, almeno in parte, a coltivare una vera comunione. Il fatto che siamo in grado di provare gratitudine verso l’universo permette anche che tale stato d’animo di gratitudine scenda nella nostra anima nei momenti in cui vogliamo entrare in qualche modo in contatto con i defunti; il fatto che abbiamo praticato tale stato d’animo di gratitudine, che siamo in grado di provarlo, apre la strada ai pensieri dei morti per raggiungerci (ibidem).  

  1. FIDUCIA UNIVERSALE NELLA VITA

Un sentimento strettamente collegato con la gratitudine ed indispensabile per mantenere il contatto con i defunti a noi karmicamente collegati, è – sostiene Steiner – una fiducia universale nella vita, anch’esso non particolarmente presente ai nostri giorni per via della cultura dominante. 

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In una visione materialistica della vita, lo stato d’animo della fiducia nella vita è estremamente difficile da trovare. È persino simile alla gratitudine verso la vita, ma è un altro sentimento che si affianca alla gratitudine. Infatti, la fiducia nella vita consiste in un sentimento incrollabile nell’anima secondo cui la vita, comunque si presenti, ha qualcosa da darci in ogni circostanza, e che non possiamo mai cadere nella trappola di pensare che la vita non abbia nulla da darci attraverso questo o quello che ci porta. Certo, viviamo esperienze di vita difficili, dolorose, ma in un contesto di vita più ampio, sono proprio le esperienze di vita dolorose e difficili che si rivelano essere quelle che arricchiscono di più la nostra vita, che ci rafforzano di più per la vita. Si tratta di sollevare questo stato d’animo persistente, presente nell’anima inferiore, un po’ nell’anima superiore, questo stato d’animo: Tu, vita, mi sollevi e mi porti, fai in modo che io vada avanti.

 

(…) La gratitudine verso la vita e la fiducia nella vita nella forma descritta sono in un certo senso collegate.
Se non nutriamo questa fiducia generale nel mondo, non possiamo ottenere una fiducia così forte in una persona che si estende oltre la morte, altrimenti è un ricordo di fiducia. Dovete immaginare che i sentimenti, se devono riguardare la persona defunta che non è più incarnata nel corpo fisico, devono essere modificati in modo diverso dai sentimenti che vanno ad una persona che è lì nel corpo fisico. Certo, possiamo avere fiducia in una persona nel corpo fisico; questa fiducia sarà utile anche per lo stato dopo la morte. Ma è necessario che questa fiducia sia rafforzata da una fiducia universale, generale, perché la persona defunta vive in circostanze diverse dopo la morte, perché non solo dobbiamo ricordare la fiducia che avevamo già in vita, ma perché dobbiamo anche evocare costantemente una fiducia rivitalizzata in un’entità che non risveglia più la fiducia attraverso la sua presenza fisica. Per questo è necessario irradiare nel mondo qualcosa che non ha nulla a che fare con le cose fisiche. E la fiducia universale nella vita descritta sopra non ha nulla a che fare con le cose fisiche.

Così come la fiducia si affianca alla gratitudine, qualcosa si affianca anche al senso di comunità che è sempre presente nell’anima inferiore, ma che può anche essere portato su nell’anima superiore (Rudolf Steiner, Morte sulla Terra e vita nel cosmo. Doni antroposofici per la vita. Le necessità della coscienza per il presente e l’avvenire O.O. 181). 

 

  1. GRATITUDINE PER LA VITA

Se, come si è visto, all’interno della sua vastissima opera, Rudolf Steiner si è occupato spesso del senso della gratitudine c’è una conferenza in particolare che sembra dedicata precipuamente a questo argomento; si tratta della XIV conferenza del V volume delle Considerazioni Esoteriche sui Nessi Karmici. 

In questa conferenza egli prende le mosse dalle esperienze che facciamo allorché ci dedichiamo all’esame della nostra vita ed in particolare a tutti gli eventi gioiosi e dolorosi di cui è costellata. 

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Quando ci dedichiamo a questi pensieri a volte ci chiediamo come sarebbe stata la nostra vita se ci fossero venute incontro esperienze diverse. Ma a questa domanda dobbiamo rispondere con un senso di gratitudine per la vita, anche se a volte possiamo rammaricarci di alcuni eventi che riteniamo ingiusti o dolorosi. 

Chi ha sviluppato una volta la gratitudine per la vita, proprio da tale gratitudine verrà condotto al riconoscimento e alla trasformazione dei ricordi in devozione amorevole verso gli invisibili datori spirituali della vita. Il più bel modo di venir condotti dalla propria personalità verso il sovrasensibile si ha quando si è condotti dalla gratitudine, la gratitudine per la vita.
La gratitudine è anche una via verso il sovrasensibile e da ultimo termina nella venerazione e nell’amore per lo spirito dell’uomo donatore di vita. La gratitudine genera l’amore, l’amore, poi, se è nato dalla gratitudine per la vita genera l’apertura del cuore verso le potenze spirituali che pervadono la vita.  

Se lavoriamo intimamente in questa direzione – prosegue Steiner – si rivelerà nel nostro sentimento d’amore l’intuizione del destino che opera nella nostra esistenza. Sentiremo, in altre parole, scorrere intensamente dinanzi a noi gli avvenimenti che ci hanno formato. 

Questa è la via della conoscenza che con l’aiuto della scienza iniziatica può svelare il karma. Grazie a tale via emerge che ognuno porta il karma attorno a sé come un’aura. Attraverso la gratitudine per la vita che ho descritto si può intuire che cosa l’uomo porta così attorno a sé. Ci si può fare un’idea dell’essere avvolti in un simile mantello karmico-aurico. Solo che non avviene nel corso di pochi giorni, come nella conoscenza iniziatica, ma si presenterà a poco a poco attraverso un’intima auto-osservazione per avvenimenti spesso lontani nel tempo verso cui volgiamo appunto lo sguardo (Rudolf Steiner, Considerazioni esoteriche sui nessi karmici O.O. 239). 

Questa auto-osservazione purtroppo oggi è – nella maggior parte delle persone – ostacolata dal fatto che gli uomini prendono la vita troppo superficialmente. 

Ci si precipita nella vita, non ci si ferma ad assaporare le singole esperienze. È proprio così: quando si è cresciuti con un certo sentore del significato cosmico della vita umana, ai giorni nostri potrebbe a volte proprio sembrare molto strano quanto poco la gente sia quello che rappresenta, quanto fortemente venga spesso trascinata dalla vita senza essere qualcosa di individualmente forte (ibidem). 

  1. GRATITUDINE NELLA SCUOLA ESOTERICA

Vi è, poi, un aspetto squisitamente esoterico riguardante la gratitudine che Rudolf Steiner affronta negli scritti destinati ai contenuti della Prima Sezione della Scuola Esoterica, nei quali egli sottolinea come l’importante sia imparare a percepire che, qualsiasi sia il nostro pensiero intellettuale, qualcosa sta pensando in noi. 

In questa esperienza è importante che noi abbiamo coscienza di non essere noi a pensare ma che è il pensiero in noi. 

Vi sono forze luciferiche e ahrimaniche – rileva Steiner – che cercano di agire sui lati deboli degli esoteristi in modo che essi sentano in modo decisamente forte, prima e durante la meditazione, le simpatie e le antipatie che provano per alcune persone, e che addirittura desideri e passioni di cui prima si vergognavano appaiano tollerabili. In tal caso… 

…c’è un solo rimedio: anche se per il momento questi pensieri hanno poco significato per noi, possiamo rafforzarli e incoraggiarli attraverso un sentimento, un sentimento di gratitudine verso le potenze superiori. Se dopo ogni momento di questo tipo – può essere stato breve come un battito di ciglia; è sufficiente che lo abbiamo notato – se dopo un momento del genere diciamo: “Vi ringrazio, voi potenze delle gerarchie superiori, che mi avete permesso di notare una cosa del genere”, allora attraverso questo sentimento di gratitudine, di riverenza, aumenteranno i momenti in cui i mondi superiori vorranno rivelarsi a noi. Saremo in grado di ricordare ciò che all’inizio passava oscuro nella nostra anima come un sogno, e infine saremo in grado di provocare questi stati a volontà, e allora ci renderemo gradualmente conto che questo pensiero ha sempre avuto luogo in primo luogo. 

L’importante è rendersi man mano più profondamente conto che un simile pensiero è sempre in noi, indipendente dal pensiero intellettuale, nonché da tutto quanto ci arriva dall’esterno attraverso la vita. Questo è il motivo per il quale un esoterista non potrà mai affermare che la vita esteriore gli impedisce di portare avanti correttamente la sua vita esoterica. Dipende sempre da lui, dallo stato d’animo che è in grado di sviluppare.  

Se risvegliamo questo sentimento di gratitudine e di riverenza – un sentimento che possiamo chiamare di preghiera – dopo ogni meditazione e ci rendiamo conto di quale grazia stiamo partecipando, se sentiamo la vera bellezza dietro ogni godimento della natura, ogni volta che guardiamo una rosa o ascoltiamo una sinfonia, allora i mondi spirituali si apriranno un giorno. (Rudolf Steiner, Storia e contenuti della Prima Sezione della Scuola esoterica 1904- 1914 O.O.264)

Per esempio, l’esercizio: Nei puri raggi della Luce…, naturalmente non basta immaginare simbolicamente la luce in cui opera la divinità, ma allo stesso tempo dobbiamo sviluppare in noi un sentimento di gratitudine, un calore di gratitudine, un entusiasmo deve pervaderci, deve aumentare fino a diventare un fuoco di gratitudine – dobbiamo sentirci come se stessimo nuotando in un mare di gratitudine. Così come prima, concentrati su noi stessi, abbiamo sviluppato un sentimento di isolamento, ora dobbiamo riversarci nell’universo, sentirci connessi con tutte le persone. 

Nei puri raggi della luce
Risplende la divinità del mondo.
Nel puro amore verso tutte le creature
Risplende il divino della mia anima.
Io riposo nell’essenza divina del mondo;
E nell’essenza divina del mondo
Io troverò me stesso.

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Se si segue questa linea di sviluppo interiore è possibile, ad un certo punto, sperimentare una sensazione  collegata alla frase: “Le forze del mondo tessono il mio sentire”. Concentrandosi sul “mi tesse” si percepisce che i pensieri del mondo pensano i nostri pensieri. 

Ma Steiner si spinge anche oltre, attribuendo a questa meditazione un’importanza unica: 

È possibile che la meditazione di queste parole: Esso mi pensa, Esso agisce in me, Esso mi tesse, unita ai sentimenti di pietà, gratitudine e riverenza, sostituisca tutte le meditazioni in generale e conduca da sola al mondo spirituale. (Tuttavia, non bisogna mai pensare alle tre cose contemporaneamente, ma solo una dopo l’altra) (Rudolf Steiner, Dai contenuti delle lezioni esoteriche O.O.266/II). 

Ma a cosa ci si riferisce con questo “Esso mi pensa”? Chi è il soggetto di tale azione? 

È l’Antroposofia questo “esso”. L’Antroposofia è il pensiero del mondo che mi ha pensato come “io”. Questo getta luce anche sul nostro dire e sui sentimenti che dovremmo coltivare. Non sempre siamo capaci di questi sentimenti di pietà, gratitudine o fiducia e riverenza, che dovrebbero accompagnare questo: Ex Deo nascimur. In Christo morimur. Per Spiritum Sanctum reviviscimus – ma solo se riusciamo a collegare questi sentimenti al detto lo usiamo nel modo giusto (Ibidem). 

Il compito dell’esoterista – prosegue Steiner – è quello di sentire il proprio Io, che è qualcosa di tessuto dai pensieri, come parte del mondo spirituale.  

Il sentimento di gratitudine più profondo e intenso deve sorgere in questo Esso mi tesse. La gratitudine verso tutto ciò che è divino-spirituale dovrebbe riempire l’anima dell’esoterista in generale; soprattutto quando si pensa a questa frase Esso mi tesse. 

Chiunque non avesse altro che questo esercizio e lo facesse con costanza, potrebbe crescere nel mondo spirituale in misura elevata con il suo aiuto. È un esercizio che chiunque può fare, anche la persona più impegnata. Ogni momento libero può essere utilizzato a questo scopo (Ibidem).  . 

 

  1. GRATITUDINE ED EDUCAZIONE MORALE E RELIGIOSA

 Il sentimento di gratitudine dovrebbe essere alla base di qualsiasi conoscenza si voglia acquisire, in quanto, in mancanza di tale sentimento, ogni conoscenza sarebbe addirittura dannosa per il proprio sviluppo: 

Qualsiasi conoscenza – per quanto logicamente giustificata – che non porti allo stesso tempo a un sentimento di gratitudine verso il mondo è dannosa per lo sviluppo dell’uomo e in un certo senso lo mutila mentalmente e spiritualmente. 

Qualsiasi conoscenza, anche la più alta, anche la più esatta, può portare a sentimenti, ma soprattutto a sentimenti di gratitudine. E se avete piantato il sentimento di gratitudine nel bambino, allora vedrete che avete piantato il terreno per l’educazione morale. Infatti, se si è coltivato questo sentimento di gratitudine e questo sentimento di gratitudine si dimostra compatibile con tutte le conoscenze, allora il sentimento del bambino diventerà facilmente impregnato del tipo di amore che l’uomo deve avere per tutte le altre persone e, infine, per tutte le creature del mondo. L’amore si può certamente sviluppare a partire dal sentimento di gratitudine (Rudolf Steiner, Educazione alla vita Autoeducazione e prassi pedagogica O.O.297A) 

Da ciò si evince con facilità che la gratitudine, di fatto, è il primo elemento dell’anima a cui dobbiamo fare appello per l’educazione morale e religiosa, seguito dall’amore.  

L’amore che possiamo coltivare nella scuola, praticamente facendo di tutto perché i singoli scolari si amino tra loro; l’amore a cui possiamo dare una base solida se permettiamo che quello che è diventato il principio di autorità tra il nono e il decimo anno di vita dal principio di imitazione passi attraverso tutto il nostro comportamento nella scuola in modo tale che il sentimento di autorità si trasformi gradualmente nel sentimento di amore, nel vero sentimento di amore, che è legato al rispetto, verso l’insegnante e l’educatore. 

In questo modo stabiliamo un duplice fondamento per la vita. Stabiliamo ciò che è contenuto in un antico detto: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Ma poiché allo stesso tempo sviluppiamo la gratitudine, che ci porta alla conoscenza del mondo, aggiungiamo a questo: “Ama il prossimo tuo come te stesso” il seguente: “Ama l’essere divino al di sopra di tutto” (Rudolf Steiner, Il sano sviluppo dell’essere umano. Una introduzione alla pedagogia e alla didattica della Scuola Waldorf, O.O. 303) 

Ma non basta insegnare questo sentimento ai bambini; esso deve essere vissuto prima di tutto dall’insegnante, dall’educatore. Deve essere sentito istintivamente anche da ogni persona a cui è affidata l’educazione di un bambino.  

La prima cosa significativa che si ottiene con la realizzazione spirituale, che si ricava gratitudine per il fatto di aver ricevuto un bambino da educare. La riverenza per la natura misteriosa del bambino – riverenza e gratitudine sono inseparabili a questo proposito – deve essere l’inizio dell’atteggiamento con cui l’educatore affronta il suo compito (Rudolf Steiner, Le forze animico-spirituali alla base della pedagogia. Valori spirituali nell’educazione e nella vita sociale O.O.305). 

 

  1. GRATITUDINE E FILOSOFIA

Tutti i nostri sentimenti più elevati – afferma Steiner – dovrebbero prendere le mosse dal sentimento di base della gratitudine per il semplice fatto che il cosmo ci ha fatto nascere da sé e ci ha collocato al suo interno. A questo non fa eccezione la filosofia che, qualora si limiti a visioni astratte senza accogliere la gratitudine verso il cosmo, non è una filosofia completa, bensì valida solo per l’attività mentale, e non per l’esperienza dell’intero organismo umano.  

Un’attività della testa che non riesce a riscaldare il resto dell’organismo non ci rende felici, ma infelici. Perché si sviluppa come un corpo estraneo, come un tumore mentale. Il capitolo conclusivo di ogni filosofia dovrebbe concludersi con questo sentimento di gratitudine verso le potenze cosmiche (Rudolf Steiner, Le forze animico-spirituali alla base della pedagogia. Valori spirituali nell’educazione e nella vita sociale O.O.305) .

 

  1. VIRTÙ ORIGINARIE DELL’UOMO

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Quali sono dunque le virtù che devono essere considerate, sia in relazione allo sviluppo del bambino, che all’intera vita sociale umana?
Steiner enuclea tre virtù fondamentali: 

In primo luogo, quella che può vivere nella volontà di gratitudine, in secondo luogo, quella che può vivere nella volontà di amore ed in terzo luogo, quella che può vivere nella volontà di dovere.  

Fondamentalmente, queste tre virtù sono le virtù originarie dell’uomo. Tutte le altre sono in un certo senso racchiuse in esse. 

Ora, lo sguardo dell’umanità è troppo poco concentrato su quella che vorrei chiamare gratitudine in questo contesto.
Ma la gratitudine è una virtù che, per essere pienamente realizzata nell’anima umana, è qualcosa che deve crescere con l’essere umano, qualcosa che deve fluire nell’essere umano nel momento in cui le forze di crescita sono più vivide e più plastiche.  

La gratitudine cresce con l’essere umano, confluendo nelle forze di crescita che fanno sviluppare le membra, che modificano la composizione chimica del sangue e degli altri succhi. La gratitudine deve vivere nel corpo altrimenti non sarebbe sufficientemente radicata nell’essere umano. 

E l’amore generato dalla gratitudine nella prima fase della vita di un bambino è l’amore di Dio. Bisogna rendersi conto che, come si devono piantare le radici di una pianta nel terreno per poterne poi vedere il fiore, così si deve piantare la gratitudine, perché questa è la radice dell’amore di Dio. Perché l’amore di Dio si svilupperà come un fiore proprio dalla radice della gratitudine universale (Rudolf Steiner, La prassi pedagogica dal punto di vista della conoscenza scientifico- spirituale dell’essere umano O.O.306).  

Dopo aver sviluppato la gratitudine nel bambino durante il primo periodo di vita, si apre la strada per sviluppare ciò che deve informare tutti i comportamenti tra i 7 e i 14 anni: l’amore, la virtù della seconda età.  

E dopo la maturità sessuale, ciò che si è sperimentato nell’amore tra il cambio dei denti e la maturità sessuale si sviluppa nel dovere come il più intimo degli impulsi umani. E allora il principio guida della vita diventa quello che Goethe ha espresso in modo così bello quando ha chiesto: “Che cos’è il dovere? “Dove si ama ciò che si comanda”. Dobbiamo essere portati a questo. Ma possiamo arrivarci solo se c’è una sequenza di passi: gratitudine – amore – dovere (Rudolf Steiner, Importanza della conoscenza dell’uomo per la pedagogia e della pedagogia per la cultura O.O.310). 

 

  1. GRATITUDINE COME TERAPIA

 Dopo aver esplorato quanto Rudolf Steiner ha detto, all’interno della sua vastissima attività di autore e di conferenziere, sulla gratitudine, passiamo a esaminare alcune stimolanti considerazioni di Massimo Scaligero su tale sentimento.   

Per Scaligero la gratitudine è addirittura un elemento di guarigione, avendo in sé un impulso di liberazione del pensiero dall’influenza luciferica e, per converso:  

L’assenza di questo sentimento è alla base di tutte le malattie del sistema nervoso. La gratitudine è infatti, in sé, sostanzialmente pensiero puro, che reca l’accordo del pensare con le forze profonde del sentire e del volere 

Il riesaminare la storia della propria vita e il rendersi conto di quanto si deve agli altri per ciò che si vale ora, il rievocare determinati esseri da cui si è ricevuto aiuto morale o pratico, il ristabilire mediante il ricordo il rapporto di riconoscenza con coloro che sono all’origine di mutamenti decisivi della nostra vita: significa ristabilire una condizione di verità dell’anima, che si era necessariamente deteriorata. Significa connettere l’anima con le proprie forze originarie: cioè congiungersi con il contenuto benefico del karma, e sollecitarne la continuità. Il sentimento della gratitudine reca virtù terapeutica, perché risveglia mediante il ricordo le forze estrasoggettive dell’anima: che sono le forze di profondità dell’Io, normalmente operanti mediante il karma.  

L’esercizio della gratitudine, come medicazione, libera l’anima dai vincoli sottili della malvagità, in quanto realizza la connessione con l’elemento di perennità delle altrui anime: in realtà il Divino cerca il Divino da anima a anima.  

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Cosa rappresenta allora l’opposto della gratitudine, vale a dire l’ingratitudine? 

Scoprire il celato elemento della ingratitudine verso chi ci ha aiutati o illuminati, significa aprire il varco alla più intima potenza di Luce. L’ingratitudine è in effetto la celata avversione dell’ente ahrimanico verso chi ha cooperato al risveglio della vita interiore. Sbloccare il sentimento della gratitudine è un’operazione essenzialmente logica, perché ristabilisce la connessione interrotta tra la coscienza e il suo fondamento sovrasensibile. La connessione ristabilita è la forza della guarigione. L’esercizio della gratitudine diviene particolarmente rigeneratore della vita dell’anima, quando in riferimento alla medesima persona, deve lottare contro sentimenti di accusa o di rancore. Questi sentimenti vanno eliminati come non rispondenti alla verace natura dell’anima, ma soprattutto non rispondenti alla realtà interiore della persona in questione: realtà verso la quale unico veicolo dell’anima è la gratitudine. Ciò che di buono ci è venuto da un altro essere, ci congiunge con la sua verità: non si verifica l’opposto. Occorre in tal senso rivedere i rapporti umani trascorsi. per scoprire stati di menzogna che ci impediscono di trovare la connessione di verità con gli altri: la vera socialità, il germe della guarigione.  

E questo vale per ogni essere umano in quanto – rileva Scaligero questo è il vero rapporto con l’altro, poiché non v’è individuo incontrato nell’esistenza, a cui non si debba gratitudine per qualcosa che si è ricevuto; ciò è altresì alla base del problema sociale..  

Ma, oltre a creature umane verso cui restaurare la gratitudine, esistono avvenimenti o occasioni di destino, cui si debbono i mutamenti benefici della propria vita: rispetto ai quali è suscitabile il più efficiente sentimento di gratitudine: quello che essenzialmente postula nell’umano il Superumano. Qui s’incontra la fonte stessa delle forze guaritrici, perché sollecita la connessione dell’Io con l’Io superiore. In tale direzione il sentimento di gratitudine può essere esteso a tutto ciò che quotidianamente ci viene incontro a facilitarci il compito dell’esistenza: a tutti i mezzi necessari allo scorrimento della vita, che troviamo a nostra disposizione e a cui ha operato l’umanità precedente. Di tutto quello di cui fruiamo durante il giorno per continuare l’esperienza umana, dobbiamo essere grati a coloro che hanno operato prima di noi, così come a coloro che nel presente quotidianamente operano.  

L’assenza di un sentimento di gratitudine sia verso gli uomini sia verso il creato — il mondo minerale, il vegetale, l’animale — che è a nostra disposizione, è in effetto uno stato di menzogna, di cui è essenziale guarire.  

È evidente che la gratitudine riguardi in primo luogo il passato, vale a dire la connessione karmica – che è sempre funzionale alla nostra evoluzione interiore – sulla base del nostro sacrificio per gli altri e del sacrificio degli altri per noi, elementi di cui dobbiamo essere consapevoli.
Allora: 

La conoscenza diviene riconoscenza.
La riconoscenza, come gratitudine, è una scaturigine di guarigione, perché è il sentimento della verità: la condizione in cui il sentimento si libera dall’influsso soggettivo che gli è inevitabile e che è all’origine della sordità del corpo eterico rispetto alla propria funzione ritmizzatrice. Il sentimento della gratitudine, come riconoscimento del sacrificio in funzione della fraternità umana, non solo rianima di vita ritmica il corpo eterico, ma irradia nel Macrocosmo, da cui viene assunto e rinviato come forza modificatrice del destino umano, secondo il suo segreto nucleo divino.  

Contrastare, nei confronti dell’altro, il proprio sentimento di condanna o di accusa, trovare giustificazioni concrete, originarie, del suo operato, scoprire motivi di gratitudine nei suoi riguardi, significa operare secondo l’attitudine reale dell’Io: aprire il varco alle forze di verità edificatrici della vita. Naturalmente qui ci si riferisce a un livello puramente interiore, indipendente da quello necessario alle leggi umane per la salvaguardia giuridicamentc convenuta della relazione sociale, rispetto a coloro che contravvengono ad essa: questi livelli non vanno confusi.  

Divengono terapeuti mistici, capaci di operare guarigioni prodigiose in nome del Logos, coloro che giungono a tale trasparenza interiore, da avvertire la segreta gratitudine verso tutto e da poter rispondere con un atto di conoscenza, e perciò di amore, agli attacchi dello spirito di malvagità, come a qualsiasi forma di insidia dello Spirito della Menzogna. La malattia è sempre un disaccordo tra Io, corpo astrale, corpo eterico e corpo fisico: la guarigione è la restituzione dell’accordo (Massimo Scaligero. Guarire con il pensiero). 

 

  1. RESURREZIONE DEL SENTIRE

 Scaligero, nell’affrontare l’argomento dell’ascesi del sentire – oltre a quella del pensare – ribadisce la necessità di armonizzare il pensiero con la volontà, in quanto il sentire è la forza extra-cosciente che collega il pensiero con la volontà. Questo va tenuto presente nell’impegno meditativo che dovrebbe sempre concludersi con un sentimento di gratitudine. 

Ogni volta il meditare dovrebbe essere concluso con un sentimento di gratitudine ed un congiungimento dell’anima con l’Io Superiore: con il Logos. Dovrebbero inoltre essere controllati gli impulsi dell’anima senziente e razionale, tendenti a far proprio il contenuto finale dell’ascesi: solo la Forza del Cristo nell’anima può dar modo di custodire intatto questo contenuto. 

E ancora: 

L’intervento di una forza di Grazia, è possibile in relazione a ciò che il paziente ha saputo maturare, sia pure soltanto come sentimento intuitivo della sua situazione umano-sovrasensibile. Questo genuino sentimento, che è in realtà una percezione interiore scaturita dalla sofferenza, può essere appunto il varco aperto alla Grazia. Ma dal momento in cui questa entra in azione e la guarigione si compie, è necessario, affinché il suo dono sia custodito intatto nel tempo, che l’accensione di quel sentimento divenga un rito quotidiano: sia un ricordo vivente, ogni volta riconseguibile all’anima, come un elemento di vita: necessario ad essa non diversamente che l’ossigeno al respiro fisico. L’oblio del dono e la cessazione della gratitudine sono un varco decisamente riaperto alle forze distruttive eccezionalmente dominate nel momento del pericolo dalle Forze reintegratrici (Massimo Scaligero, Manuale Pratico della Meditazione). 

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