Dite che è troppo presto per dirlo e che non se ne può più con questo essere sempre contro tutto e tutti? Avete ragione, in effetti è un po’ prestino; il governo non si è ancora insediato e io sono già qui a mettervi in guardia.

A mia discolpa c’è però un fatto che mi ha fatto drizzare le orecchie.

Come sapete il governo appena nato ha cambiato nome ad alcuni ministeri: per esempio lo Sviluppo Economico si chiamerà Ministero delle Imprese e del Made in Italy, quello della Transizione Ecologica diventerà Ambiente e Sicurezza Energetica, le Politiche Agricole prenderà il nome di Agricoltura e Sovranità Alimentare e così via.

Alcuni possono essere interessanti, altri forse un po’ meno, ma se la Meloni ha sentito l’esigenza di cambiarne i nomi credo voglia significare che, per lei e per i suoi, questi cambiamenti abbiano un significato maggiore che solo quello di facciata. Quindi, se così è, cosa dire del cambio di nome del Ministero dell’Istruzione che diventa il Ministero dell’Istruzione e del Merito? A chi si riferisce con quest’aggiunta qualitativa? Il merito di chi, degli insegnati, degli alunni o di entrambe?

Il nuovo ministro è il Professor Giuseppe Valditara, docente di Diritto Romano presso l’università di Torino (quindi sicuramente  noto a Ugo Mattei), relatore della riforma dell’università quando ministro dell’Istruzione era la Gelmini, riforma nota per i tanti tagli effettuati. Ma tralasciando l’uomo mi vorrei soffermare sulla dicitura “del Merito”, un aggettivo che non mi lascia tranquillo.

Probabilmente si vuol fare riferimento, dicono alcuni, alle linee guida sui fabbisogni che sostengono che

“Le assunzioni non consisteranno nella sostituzione di vecchie figure con altre identiche, ma guarderanno al futuro, alle nuove competenze che devono sostenere la trasformazione della Pubblica amministrazione prevista dal PNRR. Un processo che si tradurrà, dunque, in una progressiva riduzione delle figure amministrative aspecifiche a favore, ad esempio, di esperti del digitale, di e-procurement, di transizione verde, di project management”,

da cui si desume che si potrà accedere all’insegnamento solo con conclamati meriti. Forse si vuole alludere anche alla possibilità per i docenti di accedere a stipendi differenziati, a seconda degli obiettivi raggiunti in carriera. Ma quali obiettivi? I progetti che i vari istituti promuovono per soddisfare le richieste delle aziende presenti sul territorio e non, in modo da ottenere finanziamenti? E chi giudicherà i meriti degli insegnanti?

Non solo, ma ciò che più mi terrorizza è se l’aggettivo “merito” è riferito agli studenti, perché questo non farebbe altro che chiudere, una volta per tutte, la porta ad una scuola inclusiva e che abbia come obiettivo l’evoluzione e lo sviluppo della persona e non l’asservimento della stessa alle logiche aziendali.

È vero, come dicevo all’inizio, non si può dire ancora nulla, ma lasciate che esprima un po’ di sano scetticismo, perché non mi ricordo quando sia stata l’ultima volta che sono stato d’accordo con una delle scelte fatte dagli ultimi governi.

Vesto i panni della Cassandra e vedrete che il merito a cui fanno riferimento non sarà una qualità che noi vorremmo vedere nei nostri figli o nei loro insegnanti, ma una necessità delle aziende.

Ho sempre dichiarato di non essere d’accordo con chi pensa di cambiare le cose dall’interno del sistema politico e l’atteggiamento della Meloni mi conferma che, una volta entrato nei posti strategici del sistema, sei tu a cambiare, non il sistema stesso.

L’unica speranza per chi, come me, ha a cuore il futuro dei nostri figli, è darsi da fare per costruire un sistema alternativo che dimostri la sua efficacia e mostri alle persone che un altro mondo è possibile. E forse, piano, piano, riusciremo ad attrarre sempre più persone che si sono stufate di essere gli schiavi delle multinazionali e di questi buffoni di politici.

D’altronde, come dice il filosofo Roberto Mancini, la scuola deve essere il luogo dove l’esperienza dei docenti deve essere messa al servizio dei discenti in modo da renderli liberi di pensare ad un futuro diverso, dando loro la possibilità di inventare nuovi modi di vivere su questo pianeta.

Pensate sia questo che intendeva la Meloni quando parlava di merito?