di Piero Cammerinesi
Alla riscoperta di Steiner
‘Roma’, Terza Pagina, Domenica 2 Aprile 1978 (Anno 117 – Numero 90)
Non si può certamente affermare che i cinquantatré anni trascorsi dalla morte di Rudolf Steiner – egli si spense a Dornach, nei pressi di Basilea, il 30 marzo 1925 – siano riusciti a rendere giustizia né al personaggio né alla sua opera, tanto vasta e multiforme quanto abitualmente ignorata o fraintesa.
La tracotanza specialistica dell’uomo di scienza, la mancanza di autonomia interiore del religioso, il borioso disprezzo dell’accademico, per non parlare del fanatismo del seguace e dell’insipienza dell’epigono, hanno costruito attorno alla sua figura un’aureola di fumoso misticismo e di sterile polemica.
Né può valere a molto rievocarne la vita ed il pensiero in trasmissioni televisive, come se ne sono avute in Germania recentemente per la regia di Roman Brodmann: dall’oscuro ma carico di significato, al volgarmente divulgativo il passo è breve.
I diffusi preconcetti che gravitano tutt’oggi intorno alla sua persona ed all’insegnamento – va detto a chiare note – non sono fugabili da quell’approccio intellettualistico-materialista che fonda con leggerezza la propria stessa possibilità interpretativa su esperienze di pensiero non compiute e spesso financo non supposte.
Il pensatore al quale Benedetto Croce – entusiasta della Relazione che lo Steiner tenne al Congresso Internazionale di Filosofia di Bologna nel 1912 – mise a disposizione la casa editrice Laterza (che pubblicò, infatti, negli anni successivi diversi suoi scritti, spesso a distanza di pochi mesi dall’edizione tedesca), diretto ispiratore di personalità della statura di Rainer Maria Rilke, Christian Morgenstern, Alexander Seriabin, Bruno Walter, Ibsen, Onofri, Tombari, Massimo Scaligero, è ancora oggi una delle più ignorate ed incomprese figure del nostro tempo.
A che giova se Saul Below, Nobel per la letteratura, pone al centro del suo arcinoto “Il dono di Humboldt” la riflessione sul pensiero di Rudolf Steiner, quando una vera e propria congiura del silenzio mette al bando tutto ciò che – non rientrando, anzi, contraddicendo profondamente i canoni dell’intellettualismo borghese – è in grado di scuoterne realmente le fondamenta?
Nato nel 1861 a Kraljevec (allora Austria-Ungheria, oggi Jugoslavia), Rudolf Steiner si dedica dapprima agli studi scientifici a Wiener Neustadt, sino alla laurea, conseguita a Vienna nel 1884. I suoi interessi sin da allora vastissimi, lo portano a conseguire una seconda laurea nel 1891 in filosofia. Ha, nel frattempo, curato una edizione degli scritti scientifici di Goethe e gli viene offerto di occuparsi anche dell’Edizione delle opere di Schopenhauer e di Jean Paul. Trasferitosi a Weimar, è attivissimo in diversi circoli letterari e scientifici; collabora e stringe amicizia con i personaggi più significativi del tempo, tra cui Hartleben, Frank Wedekind, Paul Scheerbart, Eduard von Hartmann, Ernst Haeckel, Franz Brentano.
Dirige poi a Berlino il «Magazin fur Literatur» ed inizia la sua attività di conferenziere. Si interessa a fondo del pensiero di Nietzsche e dedica al grande pensatore tedesco un libro e numerosi saggi ed articoli.
Per un breve periodo è Segretario Generale della sezione tedesca della Società Teosofica, ma se ne distacca quando non si sente più libero di parlare esclusivamente sulla base delle proprie esperienze interiori. Aveva infatti accettato la carica offertagli a condizione che la sua attività potesse svilupparsi indipendentemente dal dogmatismo, peraltro imperante negli ambienti teosofici.
La fondazione della Società Antroposofica è il risultato di questa separazione: molti sono, infatti, a seguirlo di coloro che – insoddisfatti della Teosofia – anelano ad un sentiero di conoscenza libero da misticismi o dogmi di ogni sorta.
Nell’edificio di Dornach, presso Basilea, nella Svizzera Tedesca – il Goetheanum – inteso come centro di ricerche e di incontro, egli riesce ad esprimere – sono infatti sue la progettazione del primo e del secondo edificio e parte della decorazione interna del primo, che viene distrutto da un incendio nella notte del 31 dicembre 1922 – in puri ritmi architettonici quella nuova concezione dello spazio umano e della struttura tripartita dell’universo, desunte dall’indagine interiore e dall’approfondimento delle opere scientifiche di Goethe.
Le ricerche dello Steiner in campo pedagogico trovano la loro espressione nella fondazione della Scuola Waldorf, nella quale si applica il suo metodo educativo. Oggi si contano, in tutto il mondo, oltre 65 scuole ad indirizzo pedagogico steineriano, di cui una anche in Italia, a Milano.
In campo medico egli dimostrò come la Scienza dello Spirito (o Antroposofia) possa fornire un contributo determinante ad un ampliamento dell’arte medica. Sulla base delle sue indicazioni viene fondato, nel 1921 in Svizzera, un Istituto Clinico Terapeutico, ed in Germania – a Schwabisch Gmund, nei pressi di Stoccarda – si incominciano a produrre i medicamenti da lui suggeriti: nasce la Weleda AG, marca di medicinali oggi presente in ogni farmacia.
Anche all’agricoltura sa indicare la strada di una evoluzione dei metodi e degli strumenti più consona ai tempi: è la creazione dell’agricoltura biologico-dinamica, la quale – a distanza ormai di oltre mezzo secolo – ha dimostrato la sua validità in ogni parte del mondo dove è stata applicata.
Ispirati dalle sue ricerche e dalle sue prima comunicazioni al riguardo, nascono due metodi di indagine nelle scienze naturali: il metodo «capillare-dinamico» elaborato da L. Kolisko ed il metodo delle «cristallizzazioni» da E. Pfeiffer. In particolare, nel campo dello studio degli alimenti e della diagnosi precoce di diverse malattie – tra le quali il cancro – questi metodi di ricerca hanno dato risultati eccellenti.
Si potrebbe continuare così, passando in rassegna ogni disciplina dello scibile umano, senza trovarne alcuna alla quale lo Steiner – nella sua instancabile attività di conferenziere e di saggista – non abbia fornito per lo meno qualche suggerimento e qualche indicazione metodologica: dallo studio della storia alla formulazione di una nuova struttura sociale («tripartizione dell’organismo sociale» chiama il suo progetto, tendente a restituire a ciascun elemento dell’organismo sociale – rispettivamente spirituale, giuridico ed economico – la sua funzione e, con essa, la indispensabile autonomia dalla prevaricazione di uno di essi sugli altri), dall’euritmia alle arti drammatiche, dalla teologia alla filosofia.
È indubbiamente comprensibile – sulla base di quanto appena ricordato – il sospetto che a tutta prima sorge nell’animo di colui che si accosta a tale singolare figura di pensatore e di scienziato: come può un uomo – ci si chiede – nell’epoca dello specialismo esasperato in ogni branca del sapere, aver spaziato – per di più con competenza fuori del comune – su argomenti e settori così eterogenei?
Ma allo studioso onesto e libero da pregiudizi, che desideri approfondire le opere dello Steiner e le medesime basi conoscitive dell’Antroposofia (da Anthropos – uomo e Sophia – conoscenza), apparirà ben presto chiaro che esse non solo non contraddicono la sua logica, ma neppure i risultati delle scienze naturali, ove si prescinda da alcuni grossolani errori che queste vanno via via correggendo – ma errori che furono rilevati, spesso con oltre vent’anni di anticipo, dallo stesso Steiner.
Basterà, a tal proposito, ricordare la presunta funzione motoria dei nervi, sostenuta dall’indagine scientifica dell’epoca – nervi che furono distinti artificiosamente in sensori e motori – contestata già nel 1917 dallo Steiner, sulla base della ricerca spirituale.
I cosiddetti nervi motori – egli ribadì allora – non servono ad altro che a percepire il movimento, non a trasmetterlo.
Invero l’anelito di verità di Rudolf Steiner si configura come critica di quella scienza che, non libera da presupposti assiomatici, non fa superare all’uomo la condizione di servaggio fideistico nei confronti di una realtà non sperimentata nelle strutture più profonde. Egli si rivolge, d’altra parte, alla scienza, nell’intento di rendere utilizzabili per l’esistenza umana i frutti conoscitivi dell’indagine empirica, la quale deve – però – porsi in modo radicalmente nuovo il problema dei «limiti della conoscenza umana» teorizzati da Kant e non più realmente contraddetti.
Nell’analisi dello Steiner, l’impotenza dell’epoca moderna a realizzare coscientemente l’essenziale distinzione tra «percezione» e «pensiero» – che solo armonicamente affiancati possono garantire la realtà dell’umano conoscere – ha condotto la speculazione del XIX secolo a rivolgersi esclusivamente ai frutti della percezione, nella vana pretesa di ravvisare, nella «obiettività del dato», sussunto dal mondo esteriore, la verità della conoscenza.
Ma in tal modo si è giunti solo ad una – per così dire – mezza verità, che non tiene conto della parte di realtà che noi «produciamo» portando incontro al «dato» il nostro pensiero, la nostra attività interiore. Questa attività è la grande sconosciuta, il mistero della quale la psicologia sperimentale è riuscita solo in parte a rischiare. Invero lo studioso dell’anima solo molto raramente sperimenta coscientemente in sé quei processi di pensiero che poi usa per interpretare e categorizzare la realtà animica.
Rudolf Steiner analizzò, nella sua «Filosofia della libertà», del 1894, che ha come sottotitolo «Risultati di osservazione animica secondo il metodo delle scienze naturali», la possibilità di esperire coscientemente la libertà del proprio essere. Questa deve venire però conquistata mediante una disciplina interiore che coinvolga tutto l’essere umano tripartito – pensiero, sentimento, volontà.
Il pensiero, ordinariamente teso a compenetrare di sé i dati percettivi ed a muoversi disordinatamente tra le rappresentazioni, deve venire rivolto coscientemente – all’inizio della disciplina per brevi periodi e poi sempre più a lungo – verso il proprio movimento irriflesso, onde cogliere immediatamente l’elemento di libertà che, reale sostanza dell’Io – inteso come vero soggetto del conoscere – si fa destino nell’esistere sensibile.
Ed azione libera e morale si darà nell’esistenza umana solo se si sarà in grado di creare puri motivi per l’agire. Lo Steiner chiama questa capacità «Fantasia morale»: essa sola può fornire una base operativa salda, perché fondata sul reale soggetto umano.
Su queste basi egli costruisce l’impalcatura teoretica della «Scienza dello Spirito», che si costituisce esteriormente con il nome di Antroposofia.