Cecilia Sala, ovvero la Stupidità della Narrazione occidentale

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Fatti e… misfatti

È uno schema familiare e perfettamente funzionante quello adottato nel caso di Cecilia Sala, giornalista italiana mainstream, arrivata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico e arrestata il 19 “per aver violato la legge della Repubblica islamica dell’Iran”. Il fatto è avvenuto pochi giorni dopo l’arresto in Italia, all’aeroporto di Milano Malpensa, dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi.

Fin qui nulla di strano. Queste cose accadono per molte ragioni. Le persone vengono arrestate ogni giorno e questa non è una novità.

Le stranezze, tuttavia, iniziano quando si esplorano i retroscena.

Partiamo da Abedini: un ingegnere specializzato nella progettazione di droni, che era in viaggio d’affari. Viene arrestato non per aver violato alcuna legge, ma perché… gli Stati Uniti d’America lo hanno chiesto. Il padrone ordina, il servo esegue. Ora gli Stati Uniti hanno chiesto la sua estradizione e si può intuire che non hanno intenzione di trattare Abedini con gentilezza. L’accusa, ovviamente, è di terrorismo internazionale.

Per quanto riguarda Cecilia Sala, le cose sono ancora più accattivanti. Il suo curriculum lascia pochi dubbi. Nata nel 1995, ha studiato alla Bocconi ma non si è laureata. Ha iniziato a lavorare per Vice Italia, poi è passata ad altre riviste tutte dello stesso editore e quindi è apparsa in televisione. La cosa interessante è che è sempre passato sotto l’egida di Rupert Murdoch, uno degli “oligarchi” dell’intelligence e della politica britannica, che in Italia ha investito molti soldi prima nel calcio e poi nelle telecomunicazioni, ma anche l’uomo che possiede Fox, News Corp e Disney. Uno degli uomini più ricchi del mondo, il cui primo interesse è ovviamente quello di fare giornalismo indipendente e veritiero, giusto?

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Curioso che i suoi numerosi dipendenti, soprattutto giornalisti, abbiano collaborazioni costanti con le agenzie di intelligence di Stati Uniti, Regno Unito e Israele, con uffici che appaiono come vere e proprie “scuole” di infowarfare e human intelligence; curioso che ci siano già state condanne in tal senso, come per il Sunday Times alla fine degli anni ’70 e nel 2011 con il News of the World; altrettanto curioso che una buona fetta dell’informazione mainstream sia in mano a quest’uomo e al suo impero. E ancora più curioso è che si pensi a Cecilia Sala come a una persona “pulita” che lavora per il bene universale.

Visto che siamo nel regno della fantasia, proviamo a fare una proposta immaginifica: pensiamo per un attimo a Cecilia Sala come a un consigliere o a un agente dei servizi segreti, magari sotto bandiera britannica o americana, che si reca in Iran, Paese notoriamente ostile ai due imperi sopra citati, e viene arrestata. Se la vediamo per un solo minuto così, ci rendiamo subito conto che non c’è nulla di strano. Se Abedini può essere considerato un “terrorista” e arrestato solo perché si occupa di droni, perché non dovremmo poter considerare Sala una “spia” che va in missione in terra straniera per fare qualcosa che le è stato chiesto?

Aggiungiamo un altro dettaglio biografico: Il padre di Cecilia Sala è stato dirigente del Monte dei Paschi di Siena, è Senior Advisor per l’Italia di J.P. Morgan Chase Bank e dal 2017 è membro del Greenmantle Think Tank. È uno dei Soci Fondatori del Canova Club di Milano. Attualmente è amministratore delegato di Advisor S.R.L. JP Morgan Chase & Co.

Che curiosa coincidenza… perché di coincidenza si tratta, no?

Alcune macchie sul curriculum

Va sottolineato che Cecilia Sala era una nota propagandista anti-russa, anti-cinese, anti-palestinese e anti-iraniana, casualmente giornalista de Il Foglio, in contatto con i settori sionisti dell’opposizione anti-iraniana, e nonostante ciò è stata liberamente autorizzata a entrare in territorio iraniano dal governo di Teheran. Non è così, ad esempio, per i giornalisti russi.

Dopo l’anomalo arresto di Abdeini, poiché la signora Sala aveva tutti gli elementi per essere detenuta dalla giustizia iraniana, collaborando culturalmente con una parte di quell’opposizione che ha compiuto attentati terroristici in territorio iraniano, anche mortali, non ne consegue che il governo di Teheran, non essendo il mostro dipinto oggi dai media occidentali e italiani, ma semplicemente una nazione sovrana che non accetta interferenze, abbia proceduto alla detenzione della goliardica giornalista.

Lo ribadiamo per chi non avesse colto la “sottile” differenza: L’arresto di Abedini a Malpensa è del tutto arbitrario, mentre quello di Sala è giustificato dalle leggi vigenti nella Repubblica Islamica.

La stampa italiana si è immediatamente prodigata in salti mortali degni delle Olimpiadi per attaccare l’Iran, ignorando sia la verità dei fatti – un argomento, quello della verità, che da anni non interessa alla maggior parte dei giornalisti occidentali – sia il funzionamento di alcuni protocolli diplomatici ordinari tra Paesi ostili.

Organi diplomatici e agenzie di intelligence sono in costante contatto tra loro e svolgono attività di questo tipo ogni giorno.

Una giornalista con il curriculum di Cecilia Sala non viene arrestata per caso. È chiaro?

Non sappiamo nulla delle circostanze del suo arresto. Tuttavia, chi conosce un po’ il Paese sa che è improbabile che sia stata arrestata per il suo lavoro di reporter sui movimenti femminili o per le sue opinioni, che potrebbero trasparire dai suoi scritti, certamente vagliati da chi le ha concesso il visto. In condizioni normali, cioè non in questo contesto geopolitico che si è delineato nell’ultimo anno, e non con l’Iran come obiettivo “vivo” e forse imminente delle amministrazioni statunitense, britannica e israeliana, avremmo potuto ipotizzare una classica detenzione dovuta alla partecipazione attiva a manifestazioni politiche o più probabilmente a eventuali foto a installazioni militari, governative o nucleari; tuttavia, è molto probabile che Cecilia Sala sapesse bene queste cose e non facesse questo tipo di giornalismo. Forse dietro c’è molto di più.

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Il punto è che questo “di più” non è oggetto di commento giornalistico. La stragrande maggioranza dei giornalisti occidentali parla a vanvera di cose che non conosce.

Gli Stati Uniti hanno ordinato la cattura in Italia di un ingegnere iraniano in viaggio, l’Iran ha arrestato una giornalista con un curriculum di tutto rispetto per trovare lavoro presso l’MI6 e la CIA perché ha violato le leggi della Repubblica. Per inciso, in America si può essere arrestati su libera iniziativa di un poliziotto, che può anche sparare a una distanza di 21 passi di sua libera iniziativa. Questo, in Iran, è illegale. Ma la stampa occidentale non lo sa e scrive comunque sciocchezze.

I giornali hanno parlato dell’ombra di un “ricatto” iraniano, ma se vogliamo accettarlo come tale, dobbiamo ricordare due cose: come si è arrivati a questo punto, dopo 20 anni di assassinii di scienziati e fisici iraniani, cioè al punto che l’Iran, sotto la minaccia di bombardamenti da parte di Israele, ricorre anche a un Paese considerato “amico” come l’Italia ai metodi del soft power diplomatico per ottenere una pausa nell’interminabile attacco occidentale.

Il punto è che l’Iran non è un Paese nato ieri, né una colonia qualsiasi da sfruttare a piacimento. Gli iraniani godono ancora di due cose che mancano amaramente in Occidente: la sovranità e la dignità.

Da slogan a slogan

Alla luce dei fatti, il caso di Cecilia Sala è un ottimo espediente per la propaganda anti-iraniana e sarà utilizzato ancora a lungo.

Il tutto, ovviamente, con la solita ipocrisia occidentale.

È pieno di giornalisti che sui social network (malati!) si indignano per l’arresto e scrivono post sull’importanza del giornalismo libero, ma nessuno di loro si è strappato i capelli per tutti i crimini commessi contro la libertà di stampa e di informazione in Occidente o in Israele, per esempio, con più di 200 giornalisti uccisi in Palestina in un anno, anche con omicidi mirati

Notizia succulenta per la stampa occidentale: in Iran è arrivato molto di peggio, Il Foglio per fortuna non conta nulla al mondo, e chi è arrivato ha scritto cose ben peggiori di Cecilia Sala che, diciamolo, non vale una lira come giornalista (lo dimostrano i suoi stessi articoli e post, molti dei quali resteranno negli annali delle nefandezze propagandistiche).

In Iran, e altrove, come straniero ti fermano o ti arrestano se sospettano che tu sia una spia, e questo è un fatto che dovremmo imparare a capire e a tenere a mente, perché in patria questi termini e definizioni o accuse appartengono solo alla dimensione cinematografica, ma in certi quadranti del mondo sono ancorati alla realtà tangibile.

Nei giorni scorsi ho letto un brillante commento sulla questione, che cito a memoria:

Abbiamo accettato di partecipare al festival delle sanzioni americane – iniziato ben prima dell’anno scorso – e di considerare una ‘minaccia globale’ anche chi non lo è, o lo è nel peggiore dei casi per Israele, e non per noi; abbiamo accettato di molestare, detenere, interdire cittadini iraniani che fino a prova contraria sono civili e non colpevoli di alcun reato che non sia stato configurato ad hoc negli ‘atti’ americani; abbiamo persino accettato di interrompere in alcuni momenti le forniture di scorte di beni già pagati, così come gli Stati Uniti si sono riservati per decenni il diritto di trattenere decine di miliardi di dollari di proprietà dello Stato iraniano; abbiamo deciso di entrare a far parte di una coalizione belligerante e ostile, senza aver ancora capito quale ruolo svolgere, se non quello di passacarte. Dovremmo però stare attenti in futuro a quali carte passiamo al prossimo”.

Ancora una volta, di slogan in slogan, la verità che il giornalismo dovrebbe indagare e raccontare non interesserà a nessuno. D’altra parte, nessuno è interessato a raccontare ciò che sta accadendo a Gaza, ma non è mai mancato il tempo per postare qualche nuovo hashtag per vincere la guerra contro la Russia, la Cina, l’Iran e qualsiasi altro nemico, evidentemente terrorizzato dall’uso di post sui social network con qualche parola chiave ben funzionante per le psy ops marketing.

Ancora una volta, dovremo accontentarci delle parole di Seneca:

Magis veritas elucet quo sepius ad manum venit.

Fonte

Tradotto dall’inglese da Piero Cammerinesi per LiberoPensare


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