di Piero Cammerinesi
Scrivo queste righe, come si dice, a caldo – in tutti i sensi – mentre è in pieno svolgimento lo scontro tra Hamas e Israele che ora coinvolge anche Gaza e il Libano.
Solo per fare qualche ragionamento su cosa ci può essere dietro a questa vicenda che sembra mostrare alcune stranezze sin dal primo istante.
Al momento in cui scrivo – dopo 24 ore di guerra – il bilancio comunicato dall’ANSA è di 400 israeliani morti, 2048 feriti mentre risultano ‘dispersi’ in 750.
Sul fronte palestinese i morti sarebbero 313 e i feriti 1.990. L’Esercito di Israele fa sapere di aver condotto 500 attacchi su Gaza e di aver ucciso 400 miliziani. il bilancio delle vittime è salito a più di 400 con almeno 2000 feriti, secondo il Ministero della Salute israeliano.
Ma a parte la storica opposizione tra israeliani e palestinesi che ha caratterizzato il medio Oriente da quasi un secolo a questa parte creando – e mantenendo ad arte – una ferita sanguinante nel cuore del Mediterraneo – questa nuova situazione bellica, presenta delle stranezze molto appariscenti.
La più rilevante è il fatto che la migliore intelligence del mondo sarebbe stata colta di sorpresa dall’aggressione di Hamas.
Leggo, infatti, sulla stampa internazionale che ex funzionari israeliani definiscono l’offensiva militare di Hamas contro Israele un fallimento “catastrofico” dell’intelligence che avrà immense e rapide ramificazioni politiche.
Partiamo dal Guardian dove Peter Beaumont nota che l’offensiva di Hamas è stata permessa da un “fallimento dell’intelligence che verrà ricordata nei secoli” visti i sofisticati sistemi di sorveglianza tecnologica di Israele e la rete di informatori tra i palestinesi.
Beaumont aggiunge che, secondo i membri dell’Unità 8200 dell’intelligence israeliana,
la rete degli informatori è quasi onnicomprensiva nei territori palestinesi occupati
Senza contare che Israele impiega anche una sofisticata tecnologia di sorveglianza, come il software spia Pegasus, per monitorare le comunicazioni di Hamas e controlla al millimetro la barriera di confine con Gaza utilizzando una rete di pattuglie, telecamere e sensori di movimento al suolo e impiegando mini-cannoni controllati a distanza per dissuadere combattenti e manifestanti palestinesi dal violare la barriera.
Eppure, sembrerebbe che, nonostante tutto questo, l’intelligence israeliana non fosse a conoscenza dei preparativi di Hamas per la grande offensiva.
Persino senza accorgersi dei combattenti di Hamas che si ammassavano per sfondare la barriera di confine.
Ora, a parte le fiabe e le menzogne politicamente corrette, intendo nel mondo reale, vi sembra possibile?
Secondo Chuck Freilich, ex vice consigliere per la sicurezza nazionale del Paese, l’offensiva senza precedenti di Hamas è stata permessa dal “disordine” delle forze armate e dei servizi di intelligence israeliani. Si tratta di un fallimento catastrofico nei confronti di Gaza, ha dichiarato a Politico.
È un fallimento in termini di intelligence, dal punto di vista operativo. È chiaro che siamo stati colti totalmente impreparati da questa situazione. Il quartier generale della divisione responsabile per Gaza è stato occupato, è in disordine, e quindi l’intera risposta è stata ritardata.
In effetti, nonostante Israele abbia una delle – se non la – agenzie di intelligence più rinomate al mondo, come ha permesso che si verificasse questa situazione? Dov’era l’esercito? La polizia?
Poi, sempre nell’intervista a Politico, Freilich aggiunge:
L’entità delle carenze di sicurezza avrà probabilmente ripercussioni importanti per i membri del governo. C’è sempre un raccogliersi a breve termine intorno alla bandiera. Ma una volta che il polverone si sarà posato, avremo importanti conseguenze politiche. Dopo la guerra dello Yom Kippur, ci sono voluti tre anni e mezzo per rovesciare il governo di Golda Meir – non credo che questa volta ci vorrà così tanto.
Ecco, forse questo è un indizio importante da seguire.
In effetti, Benjamin Netanyahu è stato sepolto dalle critiche alla sua proposta di legge sulla revisione giudiziaria che avrebbe danneggiato la preparazione militare di Israele. Il suo progetto di limitare il potere della Corte suprema di Israele di bloccare la legislazione approvata dalla Knesset ha provocato proteste di massa e il rifiuto di alcuni riservisti dell’esercito di continuare il loro servizio.
Cè anche chi, come Amos Yadlin, ex capo dell’intelligence dell’IDF, ha paragonato – in un articolo su The Times of Israel – gli eventi di sabato al “fallimento dell’intelligence” della Guerra dello Yom Kippur – il cui cinquantenario è caduto, guarda caso proprio il 6 Ottobre – quando Siria ed Egitto colsero di sorpresa l’esercito israeliano.
Eli Marom, ex capo della marina israeliana, ha domandato in diretta televisiva:
Tutto Israele si sta chiedendo: Dov’è l’IDF, dov’è la polizia, dov’è la sicurezza? … È un fallimento colossale; le gerarchie hanno semplicemente fallito, con enormi conseguenze.
Scrive Jack Engelhard:
All’interno della intelligence di Israele quantomeno i migliori e i più brillanti dovevano sapere che Hamas, sostenuto dall’Iran, si stava riarmando a un ritmo indiavolato, oltre a nascondere decine di tunnel. Tutto questo nella porta accanto, proprio sotto il loro naso. Perché non hanno preso provvedimenti preventivi?
Ciò che li ha fermati è: 1) che non lo sapevano, il che è impossibile da credere; 2), che si è instaurata una forma di compiacenza tra l’opinione pubblica israeliana e persino tra i militari. Questo sembra più plausibile.
Fin qui due commentatori autorevoli indicano come possibili concause della nuova guerra questioni interne di Israele.
Anche l’ex ambasciatore americano in Israele, Martin Indyk, in un incontro del Council on Foreign Relations, parla di un totale fallimento dell’intel israeliana che è stata apparentemente colta di sorpresa.
Egli sottolinea che questo è un aspetto certamente rilevante per chi sa bene come i servizi israeliani siano estremamente sofisticati e ben integrati nei territori tradizionalmente ostili ad Israele. C’è da chiedersi se l’attacco di sabato sia il risultato di un’operazione più ampia, con diversi intrecci alla situazione internazionale complessiva.
Indyk ha affermato, infatti:
C’è un elevato potenziale di escalation: non sappiamo ancora quale è il ruolo dell’Iran, se dovesse unirsi allo scontro fra Israele e Hamas il conflitto si amplierebbe. Gli Stati Uniti non possono fare molto in questo momento».
A conferma di quanto sopra, per passare ad un commentatore di casa nostra, va considerato anche quanto scrive Cesare Sacchetti, sempre a caldo, sugli eventi in Israele:
L’attacco di Hamas giunge dunque come provvidenziale nell’ottica di Netanyahu. Il premier israeliano attraverso la logica del nemico esterno ha potuto allontanare da sé la pressione che lo vedeva nell’occhio del ciclone e ha spostato l’attenzione degli israeliani sulla minaccia di Hamas.
Le immagini che stiamo vedendo in queste ore sembrano rafforzare l’ipotesi di attacchi consentiti o quantomeno non affatto respinti dalle forze armate israeliane, e questo in uno degli Stati più militarizzati al mondo è certamente un elemento alquanto anomalo.
Israele è uno stato dove ogni centimetro è presidiato dalle forze armate e questo appare sicuramente come una circostanza che non ha spiegazioni a meno che non si prenda in considerazione l’ipotesi di un’improvvisa e completa inettitudine dell’agguerrito esercito israeliano.
A questo proposito forse una delle riflessioni più interessanti viene da Alexander Dugin che scrive, in un post su Twitter (ora X):
…è la reazione a catena – e soprattutto il comportamento degli Stati islamici (in primo luogo Iran, Turchia, Arabia Saudita, altri Stati del Golfo ed Egitto) – che potrebbe essere la logica continuazione. O almeno, questo è ciò che gli strateghi di Hamas potrebbero aver avuto in mente quando hanno deciso di iniziare il conflitto. Il multipolarismo si sta rafforzando, l’intensità dell’egemonia occidentale nel non-occidente collettivo si sta indebolendo. Gli alleati dell’Occidente nel mondo islamico – soprattutto la Turchia e i sauditi – non seguono automaticamente ogni ordine di Washington. Questa è la situazione in cui il polo islamico, che di recente si è unito in modo provocatorio ai BRICS, sarà messo alla prova.
Ecco, qui si amplia la prospettiva.
Non solo questioni interne di Israele ma anche il panorama internazionale che sta mutando vertiginosamente e con esso gli equilibri geopolitici.
Anche Sacchetti è della stessa opinione:
Lo stato ebraico attraversa un momento molto delicato della sua esistenza e si trova a dover fare i conti non solo con un isolamento internazionale ormai assoluto, vista la presa di distanza dell’Arabia Saudita, ormai membro dei BRICS, e la freddezza di Washington nei suoi riguardi.
Il nemico più pericoloso per Israele stavolta non è fuori. È dentro le sue viscere e non sarà certo Hamas a farlo sparire.
Ma Dugin allarga ancora la visione ad una dimensione spirituale:
Molto dipenderà ora dall’evoluzione degli eventi futuri. Sì, e naturalmente non dobbiamo perdere di vista la dimensione escatologica degli eventi. I palestinesi hanno chiamato la loro operazione “Tempesta di Al-Aqsa”, cioè la tensione intorno a Gerusalemme e all’orizzonte messianico (per Israele) della costruzione del Terzo Tempio sul Monte del Tempio (impossibile senza demolire la Moschea di Al-Aqsa, importante santuario musulmano) sta crescendo di nuovo. I palestinesi stanno cercando di accendere la sensibilità escatologica dei musulmani – sia degli sciiti, che sono sempre più sensibili a questo tema, sia dei sunniti (del resto, non sono estranei ai motivi della fine del mondo e della battaglia finale). Israele e il sionismo sono il Dajjal per i musulmani. Fino a che punto sia una cosa seria, lo vedremo presto, ma in ogni caso è chiaro che chi ignora l’escatologia non capirà nulla della grande politica moderna. E non solo in Medio Oriente, anche se lì è più evidente.
Ora, dato che siamo solo all’inizio di questo ennesimo massacro, dove periranno ancora migliaia di innocenti – a cui deve andare il nostro pensiero e la nostra pietà – non possiamo certamente prevederne gli esiti.
Tuttavia, se è vero che – come si dice – il buongiorno si vede dal mattino, penso che avremo presto delle conferme – naturalmente per chi vuole cercare la verità nei fatti – che le cause di questi eventi partono da lontano, da piani strategici globali in cui gli stessi israeliani e palestinesi sono solo marionette inconsapevoli.
Staremo a vedere.