Elezioni in Armenia: ha vinto Soros, con brogli, ovvio

Soros

E’ tripla A: America, Albania ed ora Armenia, alle elezioni tripletta di Soros che vince con brogli.
Infatti, a margine il burattino Biden, sia il premier albanese Edi Rama che l’armeno Nikol Pashinyan, entrambi confermati al potere, sono tipiche espressioni di politici sorosiani.  

A suo tempo, sui quotidiani cartacei di Milano spiccava l’annuncio che iniziava con AAA di una bionda tirolese (vera o presunta) che proponeva i suoi servizi. 

Ma nel caso la prostituzione non è più carnale bensì intellettuale, le international presstitutes, i media al soldo del più becero potere finanziario, di cui Soros è figura apicale. Infatti, oltre ad aver ignorato le frodi in America ed Albania, non si addentrarono sui veri motivi del conflitto tra Armenia ed Azerbajan, appunto le ingerenze di un governo targato OSF (Open Society Foundation, Casa Madre delle strategie globaliste sorosiane) ed ONG connesse.

Pare che per i media sia taboo nominare George Soros, padrino sia di Edi Rama che di Pashinyan, infatti le ingerenze dei tentacoli sorosiani, con canonici doppi giochi, indussero il suo occulto (ma non troppo) alleato Erdogan a suggerire al Premier azero Aliyev di attaccare l’Armenia poiché Putin non sarebbe intervenuto a sostegno di Yerevan. 

Non era difficile intuirlo, visto che il genialissimo Pashinyan aveva lanciato pesanti attacchi verbali alla Russia, oltretutto nominando ministri che vedevano Mosca e Putin come fumo negli occhi, personaggi del calibro di Babken Ter-Grigoryan, il quale, prima della “rivoluzione di velluto” che portò al potere Pashinyan, manifestava sotto l’ambasciata russa col cartello, in inglese ed armeno, “Putin go fuck yourself”, ovviamente apprezzato da Zio Vladimir.

Garbato invito a Putin da parte di Babken Ter-Grigoryan, prima che venisse nominato Ministro.

Gli esiti delle urne sono ancor più clamorosi proprio per il recente conflitto nel Nagorno-Karabakh, con Pashinyan, apertamente criticato dai propri vertici militari, che a conflitto concluso scampò ad un tentativo di linciaggio, per poi dimettersi, mossa strategica per far calmare le acque.

Così l’Armenia tornò alle urne, in anticipo rispetto alla naturale scadenza. Il 21 Giugno al premier uscente si contrappose uno stretto alleato di Putin, l’ex Premier Robert Kocharyan, presidente dal 1998 al 2008, che accusava d’incompetenza il suo avversario.
L’ultimo sondaggio di Gallup International, dava l’alleanza di Kocharyan al 28,7% ed il “Contratto Civile” di Pashinyan al 25,2%, ma le urne lo hanno fatto lievitare al 53,92%, da cui 71 seggi, con l’opposizione scesa al 21,04% e 29 seggi.
Come d’abitudine, l’OSCE (acronimo di Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, di cui fanno parte esponenti politici, europarlamentari di matrice globalista) ha sostenuto vi siano state lievi irregolarità, però irrilevanti ai fini dell’esito, dunque elezione regolare.
Come d’abitudine, anche Zio Vladimir si è mosso con largo anticipo, infatti a fine maggio scattarono le manette per Andrei Pivovarov, direttore di Open Society Russia, accusato di attività sovversiva a favore di nazioni estere, mentre i media, come d’abitudine l’hanno raccontata a metà per non nominare  Open SocietySoros, infatti riportarono l’arresto di un dissidente politico.
Una Corte di San Pietroburgo il 23 Giugno ha multato Pivovarov di 50,000 rubli (circa 580€) e la sua organizzazione, aperta nel 2017 con “fini educativi” di 150,000 rubli.
Vediamo il recente passato, oltre alla Russia è coinvolto l’Iran, da sempre in ottimi rapporti con l’Armenia.

George Soros con Ilham Aliy

GUERRA TRA AZERBJIAN ED ARMENIA: UN SOROS VINCE SEMPRE, COME PUTIN.  

Giornalisti allineati categoria incredibile: narrare della guerra tra Azerbaijan ed Armenia nel Nagorno Karabakh indicando solo Erdogan è come partecipare ad un matrimonio porgendo gli auguri ad uno solo dei nubendi. Nel caso hanno scordato (diciamo scordato) di nominare l’innominabile di manzoniana memoria: George Soros. Il tutto in un contesto di tradimenti e doppi giochi che vedono il popolo armeno vittima di se stesso, dell’aver sostenuto un governo di irresponsabili targato ONG finanziate e subordinate ad OSF.    

Il conflitto è solo in minima parte su base etnico-religiosa, azeri-musulmani sciiti contro armeni-cristiani, a prova l’Iran, paese sciita, nonostante una cospicua minoranza azera, ha sostenuto gli armeni, infatti a Teheran ed Esfahan la minoranza cristiana ha protestato, previo assenso degli Ayatollah. 


Vi sono interessi strategici, geopolitici, la gestione di giacimenti minerari, in primis l’oro del Nagorno. Ovvio, c’entrano i soliti diavoli Soros ed Erdogan, in modo diretto od indiretto entrambi promotori della guerra. Nel caso doppio Soros, padre George e figlio Alex, in rapporti sia con Heidar Aliyev, padre del semidittatore azero Ilham, che con Pashinyan, salito al potere nel 2018 grazie ad una delle rivoluzioni colorate promosse dalle ONG sponsorizzate OSF al fine di sovvertire i governi dei paesi ex-sovietici, così da avere governi fantoccio fedeli al globalismo sorosiano. 

La Piovra OSF non è riuscita nei propri intenti in Bielorussia, dove di sicuro sono avvenuti brogli elettorali pro Lukashenko, il quale, osservano alcuni analisti, avrebbe comunque abbondantemente sorpassato il 50% grazie ad una politica populista apprezzata nelle aree rurali. Così a prescindere da chi vinca la guerra, un Soros – padre o figlio – vince sempre, per poi passare alla cassa, in un modo o nell’altro, tramite il tentacolo che gestisce il business minerario. A margine i deliri globalisti di un mondo no border, no gender e gayfriendly, incarnato proprio da Alex, gay con amichetto afroamericano. 

Mentre Erdogan risponde al suo smodato ego ed alla brama di un ritorno ai fasti dell’Impero Ottomano, dunque ad un contesto di panturchismo, Aliyev ad interessi nazionali e personali.   Invece, consapevole o meno, Pashinyan ha fatto i giochi di Soros, non del popolo armeno, a cui ha causato un enorme danno sia in termine di perdita di vite umane che di territorio concesso all’Azerbaijan nel corso delle trattative per il cessate il fuoco, dopodiché scampò ad un tentativo di linciaggio, pare ordito dal responsabile dell’intelligence armena. Fondamentale inquadrare i retroscena antecedenti alla sua nomina a Premier: oltre a promuovere l’adesione a Nato ed Unione Europea, dunque allontanandosi da Mosca, elevò a ministro attivisti di ONG che si erano contraddistinti per promuovere proteste anti Russia, ovviamente sgradita a Putin. 

LUCIDISSIMA ANALISI FORIERA DEGLI EVENTI

Risale al Maggio 2018, appena presentata la squadra ministeriale, la lucidissima e lapidaria analisi di Nerses Haroutiunyan:

“Non è chiaro come Pashinyan andrà a migliorare le relazioni tra Russia ed Armenia con questo team di russofobi

Davvero geniale Pashinyan: dopo aver dichiarato fedeltà alla Russia, nominò responsabile del Consiglio di Sicurezza Nazionale Armen Grigoryan, già coordinatore per il programma elettorale di Transparency International, uno dei tentacoli della piovra OSF.

Il futuro Ministro David Sanasaryan protesta davanti all’ambasciata russa

Geniale piazzare alla Corte dei Conti David Sanasaryan, responsabile di organizzazione sorosiana con base a New York, che in precedenza lanciava uova contro l’Ambasciata russa della capitale Yerevan, esibendo poster in cui chiedeva il ritiro delle truppe russe dal territorio armeno. Detto fatto, così l’Azerbaijan ha sferzato l’attacco. 

Geniale nominare Ministro del lavoro e degli affari sociali Mane Tandilyan, del partito “Armenia Prosperosa”, attivista di ONG finanziata da organizzazione sorosiana per gettare discredito al processo di adesione dell’Armenia all’UEE (Unione Euro Asiatica) micro-Schengen caucasica che gravita attorno a Mosca, infatti sosteneva che l’Armenia avrebbe avuto migliori opportunità unendosi a Bruxelles. Chiosa sarcastico l’ottimo Nerses Haroutiunyan:

la stessa ricetta applicata in Georgia dal team di ‘Ministri di Soros’ che ha rovinato il settore agricolo“.

 

Circa le falsità divulgate per confondere l’opinione pubblica, è arte in cui le ONG sorosiane raggiungono sublime perfezione, vedasi le frottole su Albania, Kosovo e Serbia, terre della Piovra, con trappola in cui di recente sono caduti, in Italia, anche parlamentari Lega e FdI. 

Il Premier armeno Nikol Pashinyan assieme a George Soros

Geniale nominare Ministro della Diaspora Babken Ter-Grigoryan che, come da foto in alto, pochi mesi prima protestava a Yerevan con un sobrio cartello in inglese “Putin vai a farti fottere” certamente gradito al titolare del Cremlino. Anche un idiota avrebbe capito che isolarsi dalla protezione russa sarebbe stato errore mortale in un area geopoliticamente di primaria rilevanza stante il doppio confine, etnico-religioso e geografico con l’Azerbaijan, in un territorio ricco di giacimenti minerari, in primis oro, che facevano e fanno gola a tutti. Anche un idiota ci sarebbe arrivato, ma non i geni del governo Pashinyan. Osserva una fonte armena:

“Pashynian risponde agli interessi di Soros, non agli interessi nazionali, anche un idiota avrebbe capito che toglierci dall’orbita russa, oltretutto provocando Putin, avrebbe conseguito disastri per l‘intera nazione” 

NON GUERRA DI RELIGIONE MA PER GESTIRE MATERIE PRIME E MERCATO

Erdogan (musulmano sunnita) sapendo che Putin (cristiano ortodosso) non sarebbe intervenuto a sostegno dell’Armenia cristiana, ha indotto Aliyev (musulmano sciita) ad attaccare l’Armenia, facile ipotizzare col tacito assenso di Putin, a cui, facile dedurre, premeva sbarazzarsi di Pashinyan. In parallelo, Aliyev comprò armi da Israele, conscio che sarebbero state usate per attaccare un governo nelle solide mani di Soros, ebreo ma inviso ai reggenti dello Stato Ebraico. Non bastasse, Erdogan spostò a Baku le truppe speciali (sunnite) che in Siria combattevano l’esercito del presidente Assad, alawita, dunque sciita. Dopo un esercitazione congiunta nel Naxivan, exclave azera racchiusa tra Turchia, Armenia ed Iran, le truppe della coalizione tentarono di transitare dal territorio iraniano ma appena dal Naxivan valicarono il confine, l’Iran sciita fece fuoco. Iran in ottimi rapporti con Russia ed Armenia, uscita vincente dalla guerra conclusa nel 1994 unicamente per gli aiuti di Mosca e Teheran. 

Lingua e cultura azera è un mix tra turco e persiano, ma di tradizione sciita, al pari dei kurdi, a differenza dei turchi, la cui stragrande maggioranza è di credo sunnita. Riferisce una fonte che  all’inizio dei bombardamenti, Pashinyan, con tono non proprio adeguato chiamò Putin pretendendo soccorso, ma per il Cremlino il problema era proprio il suo governo russofobo, non il semi-regime del vassallo Aliyev: da ciò il mancato intervento. Non è difficile dedurre che Putin attese che l’avanzata azera mettesse in ginocchio l’Armenia, così che i successivi accordi fossero a discapito di Yerevan in modo che la popolazione se la prendesse con il governo di Pashinyan, su cui, a tutti gli effetti, grava il pesante fardello dell’aver rotto i fragili equilibri successivi all’armistizio del 1994. E così l’Armenia ha reso all’Azerbaijan parte del territorio conquistato, guarda caso inclusivo dei territori ricchi di giacimenti minerari, in primis oro, nonché quelli importanti per il gasdotto. 

A margine le puntualmente dolorose scene dei profughi (veri profughi) in fuga e delle abitazioni bruciate per non farle cadere nelle mani del nemico, da sempre la guerra distrae da altri problemi, Erdogan se ne inventa di ogni per distrarre dal crollo della valuta turca, mentre anche i pochi media occidentali attendibili hanno sbagliato nell’asserire che l’origine del conflitto fosse le differenze religiose. I luoghi di culto cristiani non furono oggetto di bombardamento deliberato, fuorvianti foto e video di invasati arrampicati sulle chiese urlando “Allah Akbar”: chi sono? Difficile ipotizzare azero-sciiti, facile siano uomini di Erdogan, magari i mercenari prima in Siria, a fianco dei jihadisti, impegnati a combattere proprio il governo di Assad, alawita, dunque sciita,  protettore dei cristiani della Siria. A proposito: senza la protezione degli alleati dell’Iran sciita non ci sarebbero più cristiani in Medio Oriente, sradicati dalla loro terra nativa dall’estremismo salafowahabita, cancro che ha colpito l’Islam sunnita.     

Nella foto: Putin riceve la delegazione di Erdogan piazzandola sotto la statua dell’Imperatrice Caterina, che sconfisse gli ottomani nella guerra del 1768-1774 in cui la Russia ottenne la Crimea.

Nulla di più umiliante per il Sultano.

Foto estrapolata da pagina FB di Mohammad Tawhidi, Imam australiano, sovranista, sciita, odiato dagli islamisti poiché un giorno sì e l’altro pure li prende per i fondelli. 

Mauro Mauri

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