di Piero Cammerinesi

Si sa che le crepe all’inizio non si vedono.

Si sentono magari degli scricchiolii sinistri ma tutto sembra in ordine.

Vengono anche fatte delle indagini, arrivano gli esperti – con tanto di caschi gialli e di strumenti misuratori – ma tutto sembra a posto.

Tanto che chi parla di pericolo viene deriso, considerato visionario o, peggio, demente.

Ricordate la vicenda di quel sismologo che aveva previsto il terremoto dell’Aquila? Si chiamava Giampaolo Gioacchino Giuliani. Nessuno lo ascoltò, anzi la Protezione Civile, guidata dall’inossidabile Bertolaso, lo derise e accusò di allarme ingiustificato, intimandogli di non esprimersi più pubblicamente sui terremoti.

Vi fu una conferenza stampa in cui venne data agli abitanti de L’Aquila – nonostante gli sciami sismici che avevano già prodotto danni agli edifici –  l’impressione erronea che non avrebbero avuto nulla da temere.

Ma il terremoto arrivò nella notte e si portò via centinaia di vite.

Come le crepe fisiche così anche le crepe nella narrazione ufficiale si formano anche se nessuno le vede. 

O, meglio, non le vuole vedere.

Ma poi l’edificio crolla tutto insieme, senza preavviso, come le case de L’Aquila.

O di Amatrice, che ancora spera in una ricostruzione.

Nel caso della narrazione del pensiero unico atlantista non servono dei sismologi per intuire che qualcosa sta accadendo.

Basterebbe osservare con pensiero lucido e spregiudicato le notizie di cronaca.

Notizie che sono sotto gli occhi di tutti.

Basterebbe solo cercare di togliersi il prosciutto della propaganda dagli occhi per intravvedere i fatti.

Mi riferisco specificatamente a due notizie recentissime.

La prima narra come – d’improvviso – venga proprio dagli Stati Uniti una messa in guardia dal tagliare le importazioni del gas russo.

Infetti è notizia di ieri [21 Aprile] che addirittura Janet Yellen, segretario al Tesoro USA  ha dichiarato che

un divieto europeo completo sulle importazioni russe di petrolio e gas aumenterebbe “chiaramente” i prezzi globali del petrolio e potrebbe infliggere danni all’Europa e ad altre parti del mondo.

Ma va, che notiziona, direte voi; non ci serviva certamente il caveat della Yellen per capirlo.

La notizia, infatti, non è questa.

La notizia è che la Yellen lo dica.

Di regola personaggi di questo livello non parlano mai per caso. Ogni affermazione, ogni parola sono meticolosamente soppesate per raggiungere dei risultati prefissati.

Se  il segretario al Tesoro americano afferma pubblicamente – parlando ai giornalisti a seguito di un incontro con il primo ministro ucraino Denys Shmyhal e il ministro delle finanze Sergiy Marchenko a Washington – che un embargo dell’UE sulle importazioni di petrolio e gas potrebbe danneggiare l’economia globale, state certi che Mrs.Yellen non lo fa a caso e certamente non perché si preoccupa degli europei.

Vi ricordate la simpatica frase della Victoria Nuland “Fuck the EU”, si fotta l’Unione Europea?

“L’Europa ha chiaramente bisogno di ridurre la sua dipendenza dalla Russia per quanto riguarda l’energia. Ma dobbiamo stare attenti quando pensiamo a un divieto europeo completo, diciamo, delle importazioni di petrolio”

ha affermato la Yellen.

Un divieto energetico europeo aumenterebbe i prezzi globali del petrolio

“e, paradossalmente, potrebbe effettivamente avere un impatto negativo molto limitato sulla Russia, perché sebbene la Russia possa esportare di meno, il prezzo che ottiene per le sue esportazioni aumenterebbe”.

Effetto boomerang.

“se potessimo trovare un modo per farlo senza danneggiare l’intero globo attraverso prezzi dell’energia più elevati, sarebbe l’ideale”.

Guarda guarda.


Ma come, sono anni che gli americani combattono apertamente il North Stream 2 e, finalmente ora che, grazie alla guerra erano riusciti a mettere una pietra tombale sul progetto, gli americani ci ripensano?

Qual è il il motivo dei questo avvertimento allora?

Semplice: l’avvertimento di Yellen arriva quando i principali paesi europei, Francia Germania, iniziano a prendere le distanze da Washington perché iniziano a capire che continuare a prendere ordini da oltreatlantico significherebbe il proprio suicidio.

E anche la perdita delle proprie poltrone.

Macron, infatti – guarda caso sotto elezioni – ha sottolineato la necessità di parlare col capo del Cremlino, “anche se è molto dura”, per “preparare la pace”: altrimenti “saranno i non europei”, come Cina, India e Turchia, “a costruire la pace in Europa”. 

Chiaro no? Se l’Europa non vuole farsi sorpassare dai BRICS deve pensare ai suoi interessi e non solo a quelli americani.

Quanto a Scholz – la cui popolarità sta scendendo a vista d’occhio – il Cancelliere tedesco ha riaffermato il suo no alla fornitura di armi pesanti a Kiev:

“Faccio di tutto per evitare un’escalation con la Nato che possa condurre a una terza guerra mondiale. Le conseguenze di un singolo errore sarebbero drammatiche”.

Sembrerebbe allora che gli USA non vogliano andare troppo avanti e trovarsi fuori gioco, usando una definizione calcistica.

Eccole le crepe.

Sono troppo ottimista?

Forse.

Ma tanto noi non dobbiamo preoccuparci; siamo dei veri professionisti dell’autolesionismo.

Basterà seguire i consigli del nostro ineffabile presidente del Consiglio e rinunciare ai condizionatori.

Enrico di Navarra disse “Parigi val bene una messa”; oggi potremmo parafrasare il celebre motto in : “Kiev val bene un po’ di caldo”.

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