L’Unione economica eurasiatica guidata dalla Russia e la Cina hanno appena concordato di progettare il meccanismo per un sistema finanziario e monetario indipendente in grado di aggirare le transazioni in dollari.
La Russia dice che metà dei suoi asset in oro è stata congelata: è vero o è un gioco furbo di Mosca?
Ci è voluto molto tempo, ma finalmente si stanno rivelando alcuni punti chiave delle nuove fondamenta del mondo multipolare.
Venerdì, dopo una riunione in videoconferenza, l’Unione economica eurasiatica (EAEU) e la Cina hanno concordato di progettare il meccanismo per un sistema monetario e finanziario internazionale indipendente. L’EAEU, composta da Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Bielorussia e Armenia, sta stabilendo accordi di libero scambio con altre nazioni eurasiatiche e si sta progressivamente interconnettendo con la Chinese Belt and Road Initiative (BRI).
In effetti, l’idea viene da Sergei Glazyev, il principale economista indipendente russo, ex consigliere del presidente Vladimir Putin e ministro per l’Integrazione e la Macroeconomia della Commissione economica dell’Eurasia , l’organismo di regolamentazione dell’EAEU.
Qui è stato esaminato il ruolo centrale di Glazyev nell’elaborazione della nuova strategia economico/finanziaria russa ed eurasiatica. Ha visto la stretta finanziaria occidentale su Mosca arrivare anni luce prima di altri.
Abbastanza diplomaticamente, Glazyev ha attribuito l’idea alle
“sfide e rischi comuni associati al rallentamento economico globale e alle misure restrittive contro gli stati dell’EAEU e la Cina”.
Traduzione: poiché la Cina è una potenza eurasiatica tanto quanto la Russia, entrambe hanno bisogno di coordinare le loro strategie per aggirare il sistema unipolare degli Stati Uniti.
Il sistema eurasiatico sarà basato su “una nuova valuta internazionale”, molto probabilmente con riferimento allo yuan, calcolato come indice delle valute nazionali dei paesi partecipanti, nonché dei prezzi delle materie prime. La prima bozza sarà già discussa entro fine mese.
Il sistema eurasiatico è destinato a diventare una seria alternativa al dollaro USA, poiché l’EAEU potrebbe attrarre non solo le nazioni che hanno aderito alla BRI (il Kazakistan, ad esempio, è membro di entrambe) ma anche i principali attori della Shanghai Cooperation Organization (SCO) e ASEAN. Gli attori dell’Asia occidentale – Iran, Iraq, Siria, Libano – saranno inevitabilmente interessati.
Nel medio-lungo termine, la diffusione del nuovo sistema si tradurrà nell’indebolimento del sistema di Bretton Woods, che anche i seri operatori/strateghi del mercato statunitense ammettono essere marcio dall’interno.
Il dollaro USA e l’egemonia imperiale stanno affrontando mari tempestosi.
Dov’è quell’oro congelato?
Nel frattempo, la Russia ha un serio problema da affrontare. Lo scorso fine settimana, il ministro delle finanze Anton Siluanov ha confermato che metà delle riserve finanziarie e auree Russe all’estero sono state congelate da sanzioni unilaterali. Appare sconvolgente che gli esperti finanziari russi abbiano collocato gran parte della ricchezza della nazione dove poteva essere facilmente accessibile – e persino confiscata – dall’“Impero delle bugie” (copyright Putin).
All’inizio non era esattamente chiaro cosa intendesse Siluanov. Come hanno potuto Elvira Nabiulina della Banca Centrale e il suo team, lasciare che metà delle riserve estere e persino dell’oro fossero immagazzinati nelle banche e/o nei caveau occidentali? O si tratta di una subdola tattica diversiva di Siluanov?
Nessuno è meglio attrezzato per rispondere a queste domande dell’inestimabile Michael Hudson, autore dell’edizione, recentemente rivista, di Super Imperialism: The Economic Strategy of the American Empire (Superimperialismo: la strategia economica dell’impero americano).
Hudson è stato abbastanza franco:
“Quando ho sentito per la prima volta la parola ‘congelato’, ho pensato che questo significasse che la Russia non avrebbe speso le sue preziose riserve auree per sostenere il rublo, cercando di combattere un’incursione in stile Soros da Ovest. Ma ora la parola “congelato” sembra voler dire che la Russia le aveva inviate all’estero, fuori dal suo controllo”.
“Sembra che, almeno fino allo scorso giugno, tutto l’oro russo fosse conservato nella Russia stessa. Allo stesso tempo, sarebbe stato naturale mantenere titoli e depositi bancari negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, perché è lì che si verifica la maggior parte degli interventi sui mercati valutari mondiali”,
ha aggiunto Hudson.
In sostanza, è ancora tutto nell’aria:
“La mia prima lettura presumeva che la Russia stesse facendo qualcosa di intelligente. Se è stato intelligente spostare l’oro all’estero, forse stava facendo quello che fanno le altre banche centrali: “prestarlo” agli speculatori, dietro pagamento di interessi o commissioni. Fino a quando la Russia non dirà al mondo dove è stato messo il suo oro e perché, non riusciremo a capirlo. Era nella Banca d’Inghilterra, anche dopo che l’Inghilterra ha confiscato l’oro del Venezuela? Era nella Fed di New York, anche dopo che la Fed ha confiscato le riserve dell’Afghanistan?”
Finora non ci sono stati ulteriori chiarimenti né da Siluanov, né da Nabiulina. Gli scenari ruotano intorno a una serie di deportazioni nel nord della Siberia per tradimento nazionale. Hudson aggiunge elementi importanti al puzzle:
“Se [le riserve] sono congelate, perché la Russia sta pagando gli interessi sul suo debito estero in scadenza? Può indirizzare il “congelatore” a pagare, a spostare la colpa per l’inadempienza. Può parlare del congelamento da parte di Chase Manhattan del conto bancario iraniano da cui l’Iran ha cercato di pagare gli interessi sul suo debito denominato in dollari. Può insistere sul fatto che qualsiasi pagamento da parte dei paesi della NATO sia regolato in anticipo con oro fisico. Oppure può sbarcare paracadutisti sulla Banca d’Inghilterra e recuperare oro, un po’ come Goldfinger a Fort Knox. L’importante è che la Russia spieghi cosa è successo e come è stata attaccata, come monito per gli altri Paesi”.
Come argomento decisivo, Hudson non poteva che strizzare l’occhio a Glazyev:
“Forse la Russia dovrebbe nominare un non filo-occidentale alla Banca centrale”.
Il cambio di gioco del petrodollaro
Si è tentati di leggere le parole del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, al vertice diplomatico di Antalya lo scorso giovedì, come una velata ammissione che Mosca potrebbe non essere stata del tutto preparata per la pesante artiglieria finanziaria dispiegata dagli americani:
“Risolveremo il problema e la soluzione sarà quella di non dipendere più dai nostri partner occidentali, siano essi governi o aziende che agiscono come strumenti dell’aggressione politica occidentale contro la Russia invece di perseguire gli interessi delle loro attività. Faremo in modo di non trovarci mai più in una situazione simile e che né qualche zio Sam né nessun altro possano prendere decisioni volte a distruggere la nostra economia. Troveremo un modo per eliminare questa dipendenza. Avremmo dovuto farlo molto tempo fa”.
Quindi, “molto tempo fa” inizia ora. E uno dei suoi assi nella manica sarà il sistema finanziario eurasiatico. Nel frattempo, “il mercato” (come nel casinò speculativo americano) ha “giudicato” (secondo i suoi oracoli autoprodotti) che le riserve auree russe – quelle che sono rimaste in Russia – non possono sostenere il rublo.
Non è questo il problema, a diversi livelli. Gli oracoli che si sono fatti da sé, a cui è stato fatto il lavaggio del cervello per decenni, credono che l’Egemone detti ciò che fa il “mercato”. Questa è mera propaganda. Il fatto cruciale è che nel nuovo paradigma emergente, le nazioni della NATO rappresentano al massimo il 15 per cento della popolazione mondiale. La Russia non sarà costretta a praticare l’autarchia perché non ne ha bisogno: la maggior parte del mondo – come abbiamo visto rappresentato nella pesante lista delle nazioni non sanzionatorie – è pronta a fare affari con Mosca.
L’Iran ha mostrato come farlo. I commercianti del Golfo Persico hanno confermato a The Cradle che l’Iran sta vendendo non meno di 3 milioni di barili di petrolio al giorno anche adesso, senza che sia stato firmato un JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action Agreement – Piano di azione globale comune -, attualmente in fase di negoziazione a Vienna). Il petrolio viene rietichettato, contrabbandato e trasferito dalle petroliere nel cuore della notte.
Un altro esempio: la Indian Oil Corporation (IOC), un’enorme raffineria, ha appena acquistato 3 milioni di barili degli Urali russi dal commerciante Vitol per la consegna a maggio. Non ci sono sanzioni sul petrolio russo, almeno non ancora.
Il piano riduzionidsta e mackinderesco di Washington è quello di manipolare l’Ucraina come una pedina usa e getta per fare terra bruciata sulla Russia, e poi colpire la Cina. In sostanza, il divide et impera per distruggere non solo uno, ma due concorrenti in Eurasia che stanno avanzando di pari passo come partner strategici globali.
Per come la vede Hudson:
“La Cina è nel mirino e quello che è successo alla Russia è una prova generale per quello che può succedere alla Cina. Meglio rompere prima che poi in queste condizioni. Perché il vantaggio è più alto ora”.
Tutte le chiacchiere sul “crash dei mercati russi”, la fine degli investimenti esteri, la distruzione del rublo, un “embargo commerciale completo”, l’espulsione della Russia dalla “comunità delle nazioni” e così via – questo è per le tribune zombificate. L’Iran ha avuto a che fare con la stessa cosa per quattro decenni ed è sopravvissuto.
La giustizia storica, come ha lasciato intendere Lavrov, ora stabilisce che Russia e Iran stanno per firmare un accordo molto importante, che potrebbe essere probabilmente l’equivalente del partenariato strategico Iran-Cina. I tre nodi principali dell’integrazione dell’Eurasia stanno perfezionando la loro interazione di giorno in giorno e, prima piuttosto che dopo, potrebbero utilizzare un nuovo sistema monetario e finanziario indipendente.
Ma c’è più giustizia in arrivo, che ruota attorno all’ultimo punto di svolta. Ed è arrivata molto prima di quanto pensassimo.
L’Arabia Saudita sta valutando la possibilità di accettare lo yuan cinese – e non il dollaro USA – per la vendita di petrolio alla Cina. Traduzione: Pechino ha detto a Riyadh che questo è il nuovo corso.
La fine del petrodollaro è a portata di mano – ed è il chiodo definitivo nella bara dell’indispensabile Egemone.
Nel frattempo, c’è un mistero da risolvere: dov’è quell’oro russo congelato?
Pepe Escobar
Tradotto dall’inglese da Diana Ambanelli per LiberoPensare
NdR (23 Marzo 22):