di Andrea Zhok

Di fronte agli annunciati dazi di Trump sulle esportazioni europee la tedesca Von der Leyen si dice “profondamente dispiaciuta” e promette risposte e “contromisure ferme e proporzionate”, aggiungendo con grande senso del comico: “proteggeremo i nostri lavoratori, le nostre aziende e i nostri consumatori”.
2) La von der Leyen, neanche a farlo apposta, è tedesca della CDU, cioè rappresenta il cuore pulsante del progetto mercantilista di cui l’UE è stata esempio mondiale. Questo modello, è bene ricordarlo, ha sostenuto per decenni l’idea che la carta vincente europea era un’aggressiva politica di esportazioni, con bilancia commerciale perennemente in attivo, politica perseguita al costo di una costante compressione delle condizioni lavorative e dei salari europei.
Gli “esperti”, i “tecnici”, ci hanno spiegato che i sacrifici dei lavoratori europei sarebbero stati più che compensati dall’afflusso di capitali esteri (capitali che, secondo la trickle-down theory, sarebbero percolati naturalmente dai grandi gruppi finanziari alla società tutta). A questo punto la successione nel processo di autoevirazione presenta tratti geniali.
Dapprima l’Europa ha scommesso tutto sullo “schiacciare l’avversario a colpi di esportazioni” e così facendo ha distrutto il mercato interno. Poi ha rotto i ponti con la Russia, e ha spezzato le iniziative cinesi della nuova via della seta, riducendo i propri margini di esportazione a oriente (naturalmente nel nome della libertà contro le autocrazie). Poi, dando udienza a qualche lobby, ha avviato obiettivi ridicolmente irrealistici sotto forma di Green Economy, creandosi ostacoli artificiali a produzione e consumo (ma, ça va sans dire, per dare il buon esempio al mondo). Infine, ha scoperto che uno stato sovrano che abbia il physique du role, come gli USA, può cancellare con un tratto di penna tutto il tuo vantaggio competitivo. Risultato finale: ogni privilegio sul mercato esterno è andato perduto mentre il mercato interno lo hai ucciso. Roba da Darwin Awards.

3) Scholz cuor di leone è quello che alla vigilia dell’Operazione Speciale russa ha chiuso il North Stream 2 (NB: PRIMA dell’invasione dell’Ucraina), ed è quello che poi quando l’oleodotto è stato fatto saltare in aria (come dice autorevolmente Seymour Hersh, dagli americani con l’ausilio dei norvegesi) ha prontamente accusato i russi di autosabotaggio. Dopo aver così spettacolarmente pulito le scarpe degli americani – che hanno ottenuto su un piatto d’argento la chiusura degli approvvigionamenti energetici europei a basso costo – ora Scholz può essere scaricato come un vecchio clown, che non fa più ridere nessuno.
Il tragico quadro della peggiore classe dirigente europea di tutti i tempi potrebbe continuare. Ma purtroppo non possiamo continuare a goderci il divertimento di fronte a tale dabbenaggine, perché ne siamo e saremo le prime vittime.
L’Europa esce da questa vicenda letteralmente annientata. L’Europa ha infatti perso l’unica vera leva di potere contrattuale che le era rimasta in mano, cioè l’eccellenza sul piano della trasformazione industriale. Oggi l’Europa, tra riduzione degli sbocchi di mercato (interni ed esterni) ed esplosione dei costi energetici, è in piena deindustrializzazione.
Quanto al resto, l’Europa è da tempo un’area del mondo anziana, demograficamente al collasso, in cui le famiglie e tutte le relazioni durevoli sono sistematicamente sotto attacco, sia per le celebri esigenze della flessibilità di mercato sia per la diffusione di ideologismi astratti (woke, etc.). Militarmente l’Europa non ha mai rimesso in discussione gli esiti della seconda guerra mondiale – salvo per un periodo la Francia – ed è rimasta terra di occupazione. Culturalmente l’Europa ha abbracciato il modello americano senza remore, smantellando le sue eccellenze nelle scienze e nelle arti, ed abbracciando qualunque schifezza provenisse da oltre Atlantico.
Andrea Zhok, nato a Trieste nel 1967, ha studiato presso le Università di Trieste, Milano, Vienna ed Essex.
È dottore di ricerca dell’Università di Milano e Master of Philosophy dell’Università di Essex.
È autore di numerose pubblicazioni, scientifiche e divulgative; tra le pubblicazioni monografiche: “Lo spirito del denaro e la liquidazione del mondo” (Jaca Book 2006); “Emergentismo” (Ets 2011); “Critica della ragione liberale” (Meltemi 2020).