Cina e Russia telecomandano i talebani 

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Pechino e Mosca fanno gli straordinari per cancellare l’etichetta ‘terrorista’ dei talebani per appoggiarli come movimento politico legittimo.

La prima conferenza stampa, dopo il terremoto geopolitico del momento di Saigon dello scorso fine settimana, condotta dal portavoce Zabihullah Mujahid, è stata di per sé un punto di svolta. 

Il contrasto non potrebbe essere più forte dei pressanti discorsi presso l’ambasciata talebana a Islamabad dopo l’11 settembre e prima dell’inizio dei bombardamenti americani, a dimostrazione che questa rappresentanza di talebani è un animale politico completamente nuovo. 

Combattenti talebani guidano un veicolo dell’Afghan National Army per le strade della provincia di Laghman il 15 agosto 2021. Foto: AFP

Eppure alcune cose non cambiano mai. Le traduzioni in inglese rimangono atroci. Ecco un buon riassunto delle dichiarazioni chiave dei talebani. Questi sono i punti fondamentali:

– Nessun problema per le donne di ottenere un’istruzione fino all’università e continuare a lavorare. Hanno solo bisogno di indossare l’hijab, come in Qatar o in Iran. Non c’è bisogno di indossare un burqa.  I talebani insistono che “tutti i diritti delle donne saranno garantiti entro i limiti della legge islamica”.

– L’Emirato Islamico “non minaccia nessuno” e non tratterà nessuno come nemico. Fondamentalmente, la vendetta – un asse essenziale del codice Pashtunwali – sarà abbandonata, e questo è senza precedenti. Ci sarà un’amnistia generale, comprese le persone che hanno lavorato per l’ex sistema allineato alla NATO. I traduttori, ad esempio, non saranno molestati e non dovranno lasciare il Paese.

– La sicurezza delle ambasciate estere e delle organizzazioni internazionali “è una priorità”. Le forze di sicurezza speciali talebane proteggeranno sia coloro che lasciano l’Afghanistan sia coloro che rimangono.

– Si formerà un governo islamico forte e inclusivo. “Inclusivo” è il codice per la partecipazione di donne e sciiti. 

– I media stranieri continueranno a lavorare indisturbati. Il governo talebano consentirà critiche e dibattiti pubblici. Ma “la libertà di parola in Afghanistan deve essere in linea con i valori islamici”.

– L’Emirato Islamico dei Talebani vuole il riconoscimento della “comunità internazionale” – codice per la NATO. La stragrande maggioranza dell’Eurasia e del Sud del mondo lo riconoscerà comunque.

 

Afgani in piedi su un aereo in attesa di fuggire all’aeroporto di Kabul il 16 agosto 2021. Foto: AFP / Wakil Kohsar


È essenziale notare, ad esempio, la più stretta integrazione della Shanghai Cooperation Organization (SCO) in espansione – l’Iran sta per diventare un membro a pieno titolo, l’Afghanistan è un osservatore – con l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico (ASEAN).

Per la cronaca, i talebani hanno anche affermato che hanno occupato tutto l’Afghanistan in soli 11 giorni: è abbastanza esatto. Hanno sottolineato “ottimi rapporti con Pakistan, Russia e Cina”.

Eppure i talebani non hanno alleati formali e non fanno parte di alcun blocco politico-militare. Sicuramente “non permetteranno all’Afghanistan di diventare un rifugio sicuro per i terroristi internazionali”. Questo è il codice per ISIS/Daesh.

Sulla questione chiave dell’oppio e dell’eroina, i talebani dicono che ne vieteranno la produzione.

Per quanto sconcertanti possano essere queste dichiarazioni, i talebani non sono nemmeno entrati nei dettagli sugli accordi di sviluppo economico e infrastrutturale, poiché avranno bisogno di molte nuove industrie, nuovi posti di lavoro e migliori relazioni commerciali in tutta l’Eurasia. Probabilmente verrà annunciato in seguito.

Ciò che questa prima conferenza stampa rivela è come i talebani rapidamente recepiscano le lezioni di base per le relazioni pubbliche  e i media da Mosca e Pechino, sottolineando l’armonia etnica, il ruolo delle donne, il ruolo della diplomazia e disinnescare abilmente in una sola mossa tutta l’isteria che si aggira nel NATOstan (terre della  NATO).

Il prossimo passo esplosivo nella guerra delle pubbliche relazioni sarà di tagliare la connessione letale e priva di prove dell’11 settembre dei talebani; in seguito l’etichetta di “organizzazione terroristica” scomparirà e i talebani come movimento politico saranno pienamente legittimati. 

Screenshot del video che mostra il leader talebano Mullah Baradar Akhund (davanti, al centro) che invia un messaggio di congratulazioni per le vittorie in Afghanistan a Kabul, domenica 15 agosto 2021. Foto: AFP via EyePress News

Mosca e Pechino preparano meticolosamente il reinserimento dei talebani nella geopolitica regionale e globale. Ciò significa che la SCO dirige l’intero processo: Russia e Cina applicano decisioni consensuali che sono state prese nelle riunioni della SCO (Organizzazione per la Cooperazione di Shangai).

L’attore chiave con cui i talebani parlano è Zamir Kabulov, l’inviato presidenziale speciale della Russia per l’Afghanistan. Ancora, cercando di  ridimensionare la narrativa del NATOstan, Kabulov ha confermato, ad esempio,

“non vediamo alcuna minaccia diretta per i nostri alleati in Asia centrale. Non ci sono fatti che dimostrino il contrario”.

La Beltway rimarrà sbalordita nell’apprendere che Zabulov ha anche rivelato:

“siamo stati a lungo in trattative con i talebani sulle prospettive di sviluppo dopo la presa del potere e hanno ripetutamente confermato di non avere ambizioni extraterritoriali, hanno appreso la lezione del 2000.”

Zabulov rivela “molte pepite” quando si tratta di diplomazia talebana:

“Se confrontiamo la capacità di negoziare di colleghi e partner, i talebani mi sono sembrati di gran lunga più aperti del governo fantoccio di Kabul. Partiamo dal presupposto che gli accordi devono essere attuati. Finora, per quanto riguarda la sicurezza dell’ambasciata e la sicurezza dei nostri alleati in Asia centrale, i talebani hanno rispettato gli accordi”.

Questi contatti sono stati stabiliti “negli ultimi sette anni”.

Gli afgani aspettano di lasciare l’aeroporto di Kabul il 16 agosto 2021, temendo una linea dura di governo islamista. Foto: AFP / Wakil Kohsar

Fedele alla propria adesione al diritto internazionale, e non all’“ordine internazionale basato sulle regole”, Mosca tiene sempre a sottolineare la responsabilità del US Security Council:

“Dobbiamo fare in modo che il nuovo governo sia pronto a comportarsi secondo le condizioni, come noi diciamo, in modo civile. È quando questo punto di vista diventerà comune a tutti, allora l’ter, per rimuovere la qualificazione dei talebani come organizzazione terroristica, inizierà”.

Così, mentre USA/UE/NATO fuggono da Kabul in preda al panico auto-indotto, Mosca mette in funzione la diplomazia. Zabulov aggiunge:

“Il fatto che abbiamo preparato il terreno per una conversazione con il nuovo governo in Afghanistan in anticipo è un vantaggio della politica estera russa”.


Nel frattempo, Dmitry Zhirnov, ambasciatore russo in Afghanistan, lavora oltre il necessario con i talebani, incluso un incontro di martedì con un alto funzionario della sicurezza talebana. L’incontro è stato “positivo, costruttivo… Il movimento talebano ha la più amichevole, la migliore politica verso la Russia…” Egli è arrivato da solo in un veicolo, senza guardie.

Sia Mosca che Pechino non si illudono che l’Occidente abbia già intenzione di impiegare tattiche di guerra ibride per screditare e destabilizzare un governo che non è nemmeno ancora formato e non ha nemmeno iniziato a funzionare. Non c’è da stupirsi che i media cinesi descrivano Washington come una “canaglia strategica”.

Ciò che conta è che Russia e Cina siano molto più avanti nel tragitto, lavorando parallelamente all’interno dei binari del dialogo diplomatico con i talebani. È fondamentale ricordare che la Russia ospita 20 milioni di musulmani e la Cina almeno 35 milioni. Questi saranno chiamati a sostenere l’immenso progetto di ricostruzione afghana e di piena reintegrazione dell’Eurasia. 

Pepe Escobar

Tradotto dall’inglese da Silvia Bertuglia per LiberoPensare

Fonte


Pepe Escobar è un giornalista brasiliano. È nato nel 1954. È corrispondente per Asia Times e per The Real News. Dopo l’11 settembre 2001 si è dedicato al Medio Oriente, all’Asia Centrale e alla Cina. In Italia ha contribuito al volume Tutto in vendita. Ogni cosa ha un prezzo. Anche noi (Nuovi Mondi Media, 2005). Vive tra São Paulo, Parigi e Bangkok.

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