Calda o fredda purché sia fusione. Scienza tra euforia e manipolazione 

di Piero Cammerinesi

Alcuni giorni fa una notizia ‘esplosiva’ ha improvvisamente messo in agitazione le agenzie stampa ed i media di tutto il mondo, interrompendo per un momento le stantie retoriche belliche e pandemiche.  

Così, sulla spinta della novità – che fa sempre bene alle vendite dei media perché ‘risveglia’ il lettore-spettatore dal consueto torpore semi-ipnotico – i redattori di tutte le testate internazionali si sono precipitati sulla succulenta notizia, cercando di ricavarne un senso coerente.  

In realtà poi – controllare per credere – i ‘pezzi’ erano sempre gli stessi, cambiavano solo le posizioni delle frasi e i titoli, ma per il resto – come è ormai consuetudine per le moderne presstitute – si trattava di un abile copia/incolla dalle veline delle agenzie. 

Ci riferiamo alle anticipazioni del Financial Times e Washington Post dell’annuncio del dipartimento dell’energia degli Stati Uniti secondo il quale in un esperimento di fusione nucleare sarebbe stato ottenuto – per la prima volta nella storia – un aumento netto di energia rispetto a quella spesa per innescare la fusione stessa.

Ciò avrebbe avuto luogo presso il Lawrence Livermore National Laboratory, un centro di ricerca federale in California.

Secondo il Washington Post, si tratterebbe di

“una pietra miliare nella decennale e costosa ricerca per sviluppare una tecnologia che fornisca energia illimitata, pulita ed economica”, il “Santo Graal dell’energia senza emissioni di CO2”

che gli scienziati ricercano sin dagli anni ’50 del secolo scorso. 

Nelle redazioni di casa nostra si è naturalmente fatto un gran lavoro di copy/paste, per meglio compiacere i padroni d’oltreatlantico anche in questo. 

Ecco alcuni titoli: 

Focus: Il grande passo avanti nella fusione nucleare
ANSA: Usa annunciano la ‘svolta storica’ sulla fusione nucleare
AdnKronos: Fusione nucleare, notizie rivoluzionarie in arrivo dagli Usa
Corriere della Sera: Fusione nucleare: verso la “svolta” negli USA: più vicini ad un’energia illimitata e pulita 

Ora a chi, come noi, è abbastanza allergico alla retorica della scienza – e non solo – di provenienza estremo-occidentale qualcosa ha suonato fasullo in tutta la vicenda. 

E per due buoni motivi. 

Prima di tutto perché ricordiamo il ripetersi di questi annunci trionfalistici sulla fantomatica fusione nucleare – a cadenza regolare da almeno sessant’anni – senza alcun seguito concreto.  

Ma, si sa, anche nel caso del Lawrence Livermore National Laboratory ci dicono gli “esperti” – ah, menomale che ci sono loro a illuminarci il cammino – che ci vorranno ancora decenni per le applicazioni pratiche, per avere finalmente tra le mani questo “Santo Graal dell’energia” come trionfalisticamente – e anche in modo un po’ sacrilego – è stata denominata la fusione nucleare. 

In secondo luogo, perché appare davvero grottesco veder esaltare – e finanziare con un fiume di miliardi – qualcosa di lontano nel tempo ma proveniente dagli USA e al tempo stesso aver assistito al boicottaggio ed insabbiamento di una straordinaria scoperta italiana che avrebbe potuto avere davvero ricadute rivoluzionarie. 

Ci riferiamo alla fusione fredda ed agli esperimenti della fine degli anni ’80 a cura di Emilio Del Giudice, Giuliano Preparata e Antonella De Ninno.

Studi e ricerche che – dopo una iniziale attenzione e finanziamento da parte delle istituzioni – vennero rapidamente insabbiati, come ben narrato dal documentario Rapporto 41 

Per questo motivo abbiamo voluto fare chiarezza con due protagonisti di questo settore: i fisici Roberto Germano, che ha pubblicato nel 2000 il primo saggio in Italia sulla fusione fredda e Antonella De Ninno responsabile del gruppo di ricerca sulla medesima e che ringraziamo per la disponibilità. 

 * * * 

1 – Dunque, Roberto, ci puoi dare un tuo giudizio su questo ‘lancio’ trionfalistico dei media di tutto il mondo sull’esperimento di fusione nucleare del Lawrence Livermore National Laboratory? 

Si tratta della cara vecchia inesistente Fusione Termonucleare controllata, futuristica, ma vicinissima all’applicazione fin dagli anni ’60 del secolo scorso. Pura propaganda che si ripete identica a se stessa da 60 anni! Giustificata” davvero solo dalle ricadute militari. 

Io ho quasi 54 anni e ricordo quando da bambino leggevo in vecchi numeri del Corriere dei Ragazzi, conservati 10 anni prima da mia sorella e mio fratello maggiori, che “tra 20 anni” la Fusione Termonucleare controllata sarebbe stata una realtà… E così la cronaca ha continuato ineffabilmente a cianciare, fino ai giorni nostri. 

Emilio Del Giudice, mio amico e maestro, uno dei padri dell’interpretazione della cosiddetta Fusione Fredda, che assieme a Giuliano Preparata, e ad Antonella De Ninno all’ENEA, realizzò un esperimento di successo in questa poco frequentata ricerca, amava dire che “La Fusione Termonucleare è l’energia del futuro, nel senso che non sarà mai l’energia del presente…”. 

 

 

2 – A te, Antonella, mi piacerebbe chiedere qual è – in poche parole – la differenza tra la fusione nucleare del Lawrence Livermore National Laboratory e la fusione fredda su cui hai lavorato per anni? 

La fusione fredda e la fusione a confinamento inerziale hanno in comune soltanto il tipo di reazione nucleare, ossia la fusione di due nuclei leggeri per dar luogo ad un nucleo più pesante con relativo rilascio di energia. Queste reazioni sono estremamente difficili da ottenere in laboratorio per via della tremenda forza di repulsione che si esercita tra due nuclei e che cresce al diminuire della loro distanza. Per ovviare a questo “inconveniente” occorre comunicare ai nuclei una forza ancora maggiore di quella che li fa respingere.  

Ciò si può ottenere sostanzialmente in due modi: con le buone o con le cattive.  

Le cattive maniere, più spicce e più muscolari consistono nel riscaldare i nuclei a temperature spaventose (milioni di gradi) in modo tale che collidano a velocità altissime. Questo può essere fatto riscaldando un gas fatto di nuclei ed elettroni (plasma). Purtroppo, però, un gas riscaldato tende ad espandersi, come sappiamo tutti dall’esperienza quotidiana, ed i plasmi sono molto difficili da confinare anche perché, essendo così terribilmente caldi, non possono essere contenuti in nessun tipo di contenitore fatto di materiali terrestri, che altrimenti vaporizzerebbero al contatto. La cosa si può risolvere in due modi: utilizzando potenti campi magnetici come confinamento (fusione termonucleare controllata) oppure realizzando un’onda di confinamento ottenuta sparando con dei laser ad altissima potenza su di un bersaglio opportunamente sagomato e contenente i nuclei che si vogliono fondere (in realtà un pellet di gas solidificato a bassissime temperature che poi si trasforma in gas, poi in plasma ad altissima densità), quest’ultima è la fusione inerziale ed è la tecnica usata ai Lawrence Livermore Laboratories. 

Le buone maniere cercano invece di farsi aiutare dalla natura sfruttando le proprietà di alcuni reticoli metallici, in opportune condizioni di preparazione, di schermare queste potenti forze repulsive e “convincere” i nuclei ad avvicinarsi quel tanto che basta per dare origine a reazioni di fusione. In questo caso le altissime temperature e densità non servono perché i campi elettromagnetici presenti nella materia fanno il lavoro di abbattere la barriera coulombiana (la forza repulsiva) e portano via l’energia prodotta distribuendola tra un numero enorme di atomi di modo che le temperature non raggiungono mai valori elevatissimi, e questa è la fusione fredda.  

Un’altra grande differenza è, ovviamente, la quantità di risorse necessarie per perseguire il risultato 

3 – Roberto, che ne pensi di Iter, la versione avanzata di Jet, il progetto di ricerca sulla fusione di Cadarache, nel sud della Francia, che cerca di dimostrare la fattibilità tecnica e scientifica dell’energia da fusione? E, infine, secondo te saremo mai in grado di produrre energia da fusione nucleare per coprire TUTTI i fabbisogni umani? 

Disporre di energia a piacimento potrebbe addirittura essere pericoloso per una società abbagliata dal falso mito della crescita continua, anche se non c’è dubbio che la cosiddetta Fusione Fredda, cioè le Reazioni Nucleari a Debole Energia, possa condurre verso una rivoluzionaria quanto benefica decentralizzazione della produzione di energia.

Il vero problema è, però, la visione del mondo meccanicistica che, malgrado tutto, risulta purtroppo ancora imperante. Dalla nuova Fisica non emerge una visione del mondo come costituito da oggetti separati che interagiscono urtandosi più o meno forte, ma una visione del mondo, invece, che scopre come grazie alla “sintonia” e all’interrelazione, alla cooperazione, si possano “evocare”, quasi magicamente, correlazioni inusitate, potenzialità finora inimmaginabili.

Come si dice… se abbiamo come unico strumento un martello tratteremo tutto come se fosse un chiodo. 

 

 

4 – Antonella, per concludere, pensando a un reale beneficio a livello globale per un pianeta assillato dalla ricerca spasmodica di energia da un lato e dai rischi di inquinamento da combustibili fossili dall’altro, come vedi in termini di prospettiva temporale una possibile svolta grazie ai risultati della fusione nucleare – fredda o calda che sia? 

Bisogna innanzitutto fare una premessa: se è vero che la domanda di energia dipende strettamente dal modello di sviluppo e, dato un modello di sviluppo, si arriva facilmente alla conclusione che le risorse del pianeta sono limitate, è anche vero che la tecnologia consente di spostare continuamente più lontano il limite dello sviluppo consentendo di ottimizzare le risorse e ripartirle tra un numero maggiore di abitanti del pianeta.
La fusione nucleare, se realizzata, sicuramente consentirebbe di avere accesso ad un’altra fonte energetica a limitato impatto ambientale, che questa fonte sia realmente più economica è tutto da vedere. Infatti la via della fusione termonucleare o inerziale richiede la realizzazione di grandi impianti tecnologicamente molto complessi e costosi e tutto lascia pensare che chi avrà il know-how ed il denaro per realizzarli e gestirli si affermerà come una nuova egemonia al pari di quella dei produttori di combustibili fossili.

Senza cambiare modello di sviluppo ma sostituendo una fonte di energia con un’altra non vedo una effettiva rivoluzione.
Diversa storia sarebbe l’affermazione di una tecnologia estremamente più semplice ed economica in grado di produrre modeste quantità di energia distribuita (un impianto di autoproduzione per una utenza).

Questo richiede però una decisione politica che non si vede all’orizzonte.

 

* * *

Ringrazio entrambi per questi importanti chiarimenti su un argomento che – nonostante la sua estrema importanza per le possibili ricadute pratiche sulla vita di ciascuno di noi – a causa della sciatteria e manipolazione dei media mainstream, viene di regola poco o per nulla compreso da un pubblico non specialista.

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