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Premesso che ritengo i social media uno strumento interessante e stimolante per incontri che, da virtuali, possono (e dovrebbero) diventare reali, confesso di trovare risibile l’atteggiamento di chi, pur utilizzandoli, li disprezza.
Il giudizio tranchant su alcuni aspetti del nostro mondo, come i social ad esempio, circonfuso di un malinteso alone di spiritualità, rivela sovente la pochezza del pensiero da cui origina.
È ben vero che gli strumenti della civiltà digitale sono estremamente pericolosi – e spesso addirittura nefasti – legando l’uomo ad una realtà virtuale che è solo la caricatura dell’autentico mondo immateriale, ma è altrettanto vero che questo è il mondo che ci siamo costruiti e pertanto la necessaria conseguenza della nostra evoluzione trascorsa.
È un mondo con cui non possiamo non fare i conti e che siamo chiamati a trasformare dall’interno; “cavalcando la tigre”.
Il futuro ci riserva un sempre più stretto connubio uomo-macchina e a questo non possiamo sfuggire.

Potremo però influenzare questo futuro in senso positivo realizzando una trasformazione globale del livello morale dell’umanità.

Partendo da noi stessi.
Iniziando anche da piccole cose.
Faccio un esempio.

Nelle interminabili discussioni sui social che mi capita di scorrere rapidamente (credetemi, non è spocchia, ma non vi partecipo quasi mai perché ritengo inutile imporre la mia opinione a persone che si tengono saldamente avvinghiate alla propria), discussioni che vertono su contenuti spirituali e che sovente sono solo una manifestazione del proprio ego e dei propri moti istintivi mi sono accorto che non c’è mai nessuno che ad un certo punto digiti le parole: “hai ragione”. O “mi sono sbagliato”.

Mai.

Si scende nell’arena dello scontro verbale di turno ben armati dei propri convincimenti, della ragionevolezza del proprio argomentare, della potenza della propria affabulazione, difendendo la propria tesi fino alla morte.

Come novelli gladiatori…da tastiera.

E se l’altro non recede dall’insano proposito di voler aver ragione a tutti i costi lo si ridicolizza, lo si insulta, lo si banna.
Comportamenti che mai avremmo sul piano reale (o sbaglio?) ma che sul piano virtuale sono la norma.
Temiamo di perdere la nostra immagine, l’immagine che ci proviene dalle opinioni degli altri su di noi, se, avvedendoci che le tesi dell’altro sono corrette (alle volte sbagliamo anche noi…) pronunciamo le fatidiche paroline: “hai ragione, mi sono sbagliato”.
Pensiamo che riconoscere un errore sia segno di debolezza, mentre in realtà è segno di forza e di libertà.
La forza e la libertà di chi sa rinunciare finanche alle proprie verità quando si avvede della loro parzialità.

Piero Cammerinesi

* * *

Se avete ragione, potete permettervi di scusarvi; e se avete torto, non potete permettervi di non farlo.

Edgar Wallace

 

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