A volte nel corso della nostra esistenza ci troviamo – verosimilmente per karma – a dover fare dei lavori che proprio non ci vanno giù.
Non dico che siano dei lavori indegni – nessun lavoro lo è mai – ma sono delle attività che proprio non riusciamo a sentire nostre, a fare con entusiasmo e serenità.
Probabilmente quel tipo di attività lavorativa ci mette di fronte ai nostri limiti, ci chiede di fare un salto per superarli; in fondo ciascuno di noi non lavora mai per se stesso ma per la collettività.
Per quanto riguarda me il lavoro che mi è pesato di più è stato il venditore.
Intendiamoci, non è che vendessi pentole o set di lenzuola – per carità oggetti rispettabilissimi, mica parliamo di droga o armi – ; nella mia attività di editore i maggiori clienti delle mie riviste volevano trattare con me per le campagne pubblicitarie, invece che con i miei account.
E così, ad ogni inizio anno, dovevo andare in pellegrinaggio presso le aziende a sciorinare i pregi dei miei magazine al fine di raccogliere le inserzioni pubblicitarie dell’anno a venire.
Era per me una sofferenza indicibile, avrei preferito andare a spaccar pietre in miniera.
Non riuscivo ad indossare quella indecenza propria ad ogni venditore che magnifica la sua merce e sminuisce quella dei concorrenti.
E forse proprio per questo – a detta dei miei clienti – ero un ottimo venditore e portavo a casa centinaia di migliaia di euro ogni anno di ubblicità. Forse proprio per il fatto che sentivano che io, di fatto, non ero un venditore, ero me stesso e non volevo infinocchiare nessuno.
Comunque stiano le cose ho dovuto subire con grande fatica queste forche caudine per diversi anni prima di cedere l’azienda e trasferirmi a lavorare negli USA.
Ma la fobia per la vendita mi è rimasta.
Tant’è che qualche settimana fa, pur appoggiando la “Lista del Popolo” di Giulietto Chiesa ed Antonio Ingroia, allorché mi è stato proposto di candidarmi alle politiche del 4 Marzo, ho sentito dentro di me il rifiuto dell’ex-venditore.
Eh sì, perché se nel passato vendevo pubblicità oggi dovrei vendere un partito, un movimento.
Vendere qualcosa significa non aver diritto alla propria verità; è necessario dire che NOI abbiamo sempre ragione e gli ALTRI sempre torto; non si può dire che in questo o quest’altro il mio partito sbaglia e gli altri hanno ragione anche se è la mia convinzione.
Ma questo non fa per me, in nessun modo.
Così ho declinato l’invito e ho risentito – consolatorie – dentro di me le parole di Massimo Scaligero:
“Non sono un politico, non sono mai stato un politico: per temperamento,per costituzione interiore, per vocazione, non potrei esserlo. Se dovessi definire me mediante unopposto, potrei dire che sono ilcontrario di quelche è un uomo politico”.
Piero Cammerinesi