di Piero Cammerinesi

Nel corso di una sua conferenza, tenuta a Berlino, cui ebbi il piacere di assistere alcuni anni or sono, Judith von Halle pronunciò delle parole che trovo estremamente significative:

La costruzione di comunità è un compito micheliano, e se non si riesce a portarlo a termine si ha il dovere, come seguaci della scuola esoterica, di guardarsi dentro e di chiedersi perché.

La von Halle parlava del karma della società antroposofica in relazione all’azione di Michele e della situazione non proprio rosea dell’antroposofia come comunità nel mondo.
Ebbene, anche noi oggi, se vogliamo essere autenticamente sinceri con noi stessi, cosa osserviamo se guardiamo alle comunità che coltivano la scienza dello spirito?

Vediamo sicuramente un grande interesse per lo studio ma anche – non sempre ma piuttosto spesso – il lavoro interiore, la cosiddetta via operativa.
È fondamentale nel nostro percorso l’ascesi individuale.
Insostituibile e basilare.
Sono necessari e non aggirabili gli esercizi; ci portano a trasformare la nostra entità umana, ad evolvere.

Tuttavia quando terminiamo la nostra concentrazione, o meditazione giornaliera e usciamo dalla nostra interiorità ci troviamo di fronte al mondo.
E il mondo è fatto di natura ma anche di altri uomini.
Nel mondo noi facciamo parte di comunità.
E forse su questo non riflettiamo a sufficienza tutti presi – come siamo – dal nostro percorso individuale.

LE COMUNITÀ

Le comunità sono di vario genere.
Apparteniamo alla nostra razza, al nostro popolo, al nostro ambiente sociale, alla nostra famiglia.
Inoltre ci formiamo anche delle comunità sulla base dei nostri gusti politici, sociali, culturali etc.
Abbiamo la comunità di Internet ma anche quella dei nostri gruppi di lavoro spirituale.

L’uomo è sempre vissuto all’interno di comunità e non da eremita.
Un tempo erano le comunità del villaggio, del sangue, della razza, del popolo, della casta, della religione, poi sono diventate quelle della classe sociale in cui l’uomo si è riconosciuto.
Ma dalla fine del Kali-Yuga – quindi nell’ultimo terzo del XIX secolo – l’uomo ha iniziato a sentirsi sempre più un essere individuale; ha sentito l’esigenza di unire il proprio puro elemento umano al puro elemento umano del suo simile.
L’uomo attuale vorrebbe avere dei legami sociali che abbiano però una caratteristica individuale, un po’ come le amicizie personali.

Questa tendenza tuttavia ha in qualche modo atomizzato le relazioni sociali e ognuno si sente di appartenere solo ad un piccolissimo gruppo.
In particolare con l’inizio dell’epoca digitale la differenziazione che le persone hanno iniziato a percepire tra di loro è aumentata esponenzialmente.

E questo lo vediamo anche all’interno dei nostri circoli di scienza dello spirito dove purtroppo non ci si sente uniti in una comunità più vasta ma piuttosto legati a varie ‘parrocchiette’ e dove emerge una litigiosità sempre maggiore, in particolare con la nascita di piattaforme social come Facebook nelle quali i ‘gladiatori da tastiera’ si sfidano in estenuanti duelli dialettici.

Siamo di fronte ad uno spettacolo deprimente e, consentitemi, a volte vergognoso.
Eppure l’esigenza di una autentica formazione di comunità è stata ribadita con vigore dai maestri spirituali.
Perché sia Rudolf Steiner che Massimo Scaligero hanno insistito tanto e da dove nasce l’esigenza di una comunità?

LE RADICI DELLE COMUNITÀ

Il linguaggio è la prima originaria formazione di comunità.

Poi viene il ricordo che è un livello più profondo del linguaggio perché riunisce nei nostri ricordi le persone in una comunità.
Pensate, ad esempio, a quando tramite Facebook avete ricontattato – e magari rincontrato – compagni di scuola di trenta o quarant’anni fa e con loro avete rievocato i ricordi passati. In quel caso le parole, il linguaggio usato, ha assunto un significato completamente diverso dal normale; qualcosa di più profondo si è acceso nell’anima in questi incontri.
Nei ricordi comuni quello che lega una persona all’altra, in momenti di comune appartenenza, risuona in organi più profondi quando ci si riunisce.

Un terzo livello è l’orientamento religioso; anche il culto produce una comunità.
Il culto è un’immagine di esperienze reali ma – diversamente dal ricordo – non sono esperienze che abbiamo vissuto qui sulla Terra ma che abbiamo invece portato dalla vita pre-terrena nella seconda parte del percorso tra morte e nuova nascita. Così, se quando ci riuniamo con amici di gioventù ci sentiamo trasportati negli anni trascorsi in cui abbiamo condiviso determinate avventure, nell’esperienza religiosa ci sentiamo trasportati – anche se inconsciamente – ad esperienze che abbiamo vissuto nell’esistenza pre-terrena.
Tuttavia va anche notato che la maggior parte delle comunità legate ad un culto religioso appartengono ad un periodo passato dell’evoluzione umana; oggi l’uomo sente di trovarsi nel periodo dell’anima cosciente.
L’entusiasmo religioso che trascinava un tempo i gruppi umani che si riunivano intorno ad un certo maestro, ad una certa divinità, non esistono più oggi, tranne rare eccezioni. E queste eccezioni – pensiamo all’integralismo islamico ad esempio – spesso sono profondamente contrarie all’evoluzione.

LA COMUNITÀ SPIRITUALE

In cosa consiste dunque una comunità spirituale?Noi come uomini, che viviamo alternativamente in uno stato di sonno e veglia, abbiamo quattro stati di coscienza:

coscienza di sonno senza sogni,
coscienza di sogno,
coscienza di veglia,
coscienza spirituale.

Dello stato di sonno senza sogni non abbiamo alcuna coscienza.
Nel sogno siamo totalmente immersi in noi stessi e non abbiamo nessuna esperienza del mondo esteriore.
Solo con la coscienza di veglia si inizia a vivere nell’ambiente circostante.
Il primo elemento che percepiamo è il mondo esterno, il suono, la luce, il calore ma anche gli altri uomini, l’esteriorità degli altri uomini.
Tuttavia, percorrendo un sentiero spirituale noi, oltre alla coscienza di veglia miriamo ad innalzarci alla coscienza spirituale.

Ebbene, l’ulteriore risveglio che deve avvenire oggi è quello relativo all’interiorità degli altri.
Se lavoriamo insieme spiritualmente ad altre persone, accogliendo i pensieri e gli stimoli degli altri per trasformarli in pensieri nostri, ci troviamo di fronte ad un Essere spiritualmente reale.
Se questo avviene il gruppo, la comunità che lavora spiritualmente non è solo la somma dei suoi partecipanti; abbiamo a che fare con una presenza soprasensibile di una reale Entità spirituale nell’ambito della nostra comunità.
Soltanto se siamo capaci di sentire questa Entità allora ci colleghiamo agli altri uomini in una vera comunità.
Tutta la natura ci fornisce degli esempi del lavoro comune delle singole parti, Pensiamo ad esempio al corpo umano, costituito da miliardi di piccoli e autonomi esseri viventi, le cellule.
Ogni cellula è autonoma, ma lavorano tutte per un principio comune.
L’anima vede con le cellule degli occhi, pensa con le cellule del cervello, vive con le cellule del sangue. Questo ci mostra cosa significa comunione. Comunione è la possibilità che un essere superiore si possa esprimere mediante i diversi membri.

Questo è il principio generale in ogni vita.

Cinque persone che si trovano insieme. che pensano e sentono armonicamente insieme, sono più di 1 + 1 + 1 + 1 +1; non sono solo la somma di questi cinque altrettanto poco quanto il nostro corpo è la somma dei cinque sensi.
Allo stesso modo che attraverso l’interconnessione, il lavoro comune delle cellule del corpo umano si esprime un altro essere, l’anima, ai cinque uomini di cui si è detto nell’esempio si aggiunge una nuova Entità superiore.
Questo è il profondo significato delle parole del Christo:

“Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”.

IL NUOVO IDEALISMO

Dunque la comunità spirituale è l’ambito misterioso nel quali scendono Entità spirituali elevate per lavorare nei singoli esseri umani, così come l’animo umano lavora grazie alle parti, le membra del corpo umano.
Quando poi agiamo o parliamo in qualità di membri di una comunità del genere, in noi non agisce o parla la singola anima, ma lo spirito della comunità.
Questo – sottolinea Rudolf Steiner – è un punto essenziale: agire a partire dalle comunità è il mistero del progresso dell’umanità futura.

Non agiamo nel senso reale della scienza dello spirito se parliamo soltanto del mondo spirituale e non riusciamo ad avere di fronte a noi, a comprendere la reale spiritualità la reale essenza di esseri spirituali intorno noi. Il nostro lavoro non deve andare semplicemente verso le idee dello spirito ma verso la comunione con lo spirito. Solo in questo caso la coscienza di questa comunione con il mondo spirituale diventa formatrice di comunità.
(Rudolf Steiner – Formazione di comunità, O.O.257)

E le comunità – che si formano evidentemente su base karmica – saranno allora un effetto della corretta coscienza della scienza dello spirito.
L’uomo moderno dopo molte esistenze terrestri ha accumulato molto karma; questo karma lo unisce a tutti gli altri esseri umani che incontra durante l’esistenza.
Quindi non c’è soltanto il ricordo dell’esistenza pre-terrena, del mondo spirituale che si può soddisfare attraverso l’ascesi interiore ma c’è il bisogno di farsi destare all’elemento animico-spirituale attraverso l’altro essere umano.

Questo Rudolf Steiner lo definisce il nuovo idealismo.

A questo punto potremmo domandarci se percorrere il sentiero spirituale da soli o insieme ad altri è la stessa cosa?

La risposta è no.

Quando ci incontriamo con altre persone per rielaborare insieme le conoscenze antroposofiche, questa esperienza di gruppo è sostanzialmente diversa dall’esperienza personale solitaria.
Steiner afferma esplicitamente che:

Persone che con idealismo si riuniscono in un gruppo e, sia leggendo ad alta voce, sia altrimenti, si comunicano vicendevolmente un contenuto antroposofico, arrivano ad una diversa comprensione. Attraverso l’esperienza comune del soprasensibile l’anima umana si desta all’altra nel modo più intenso, l’anima stessa si risveglia in una comprensione superiore, e quando questo atteggiamento è presente sorge qualcosa che fa sì che su quelle persone riunite per comunicare tra loro e per sperimentare insieme idee antroposofiche, discenda in comune un reale Essere. (Rudolf Steiner -Formazione di comunità O.O.257)

Cosa avviene in realtà?

Avviene che nel gruppo i pensieri e sentimenti delle persone vengono innalzati al mondo sovrasensibile. Se un gruppo di persone sperimenta il giusto atteggiamento nei confronti del contenuto soprasensibile, destandosi ogni anima umana all’altra, le singole anime vengono realmente elevate a formare una comunità spirituale.
Questa coscienza deve però essere presente.

Il lavoro di un gruppo antroposofico non consiste soltanto nel parlare di idee antroposofiche, ma in quanto uomini nel sentirsi uniti, in modo che l’anima si desti all’altra anima e che tutti siano elevati al mondo spirituale per essere realmente tre esseri spirituali, anche senza veggenza. Anche senza veggenza può essere un’esperienza.
(Rudolf Steiner – Formazione di comunità O.O.257)

Questo è il presupposto ad una formazione di comunità nel senso della scienza dello spirito.

ANTIPATIE

Ma in una comunità spirituale si aspira anche ad una visione di mondi spirituali…
E allora che cosa succede?
Che si incomincia litigare, a trovare tutte le occasioni di dissidio, di opposizione tra i vari gruppi che si contrastano tra loro.
Tuttavia, a differenza di altri uomini, noi, come discepoli della scienza dello spirito, abbiamo la possibilità di comprendere i motivi di questo fatto.
Perché dunque si incomincia a litigare?

Ebbene, ciò deriva dalle antipatie che si sviluppano nel mondo sovrasensibile fra la morte e la nascita, in quanto rimangono indietro dei resti, residui di antipatie, che ci portiamo dietro nell’esistenza fisica attraverso la nascita.
Proprio per compensare tali residui di antipatie il destino ci porta ad accostarci alla spiritualità, che dovrebbe creare appunto una compensazione per certe antipatie che sono rimaste dalla vita prenatale.
Insomma la tendenza verso la spiritualità condivisa con altre persone dovrebbe costituire la terapia per le antipatie che portiamo con noi scendendo nella nostra incarnazione.
Ma residui di queste antipatie sono inconsapevolmente presenti nei recessi più profondi dell’anima e, quando vengono alla superficie, portano allo sviluppo dell’impulso settario, alla formazione di sette, di congreghe.

Ecco perché – afferma Steiner – è raccapricciante quando gli uomini nella vita spirituale suscitano fratture, invece di, proprio nella vita spirituale, riunirsi sul serio.
La formazione di sette e di fratture settarie è un segnale del riverbero, che si trova ancora qui sulla Terra, delle antipatie dalle quali sorge tutta la vita spirituale, e per le quali essa in realtà dovrebbe svilupparsi come una terapia. (Rudolf Steiner – L’aspetto interiore dell’enigma sociale, O.O.193 Zürich 9/3/19)

E quali sono gli effetti di queste antipatie?

Il problema è che noi – grazie alla conoscenza antroposofica – siamo in grado di trasferire la nostra struttura animica della coscienza di tutti i giorni nel mondo superiore diventando partecipi del mondo superiore.
Ma qui può avvenire qualcosa di non corretto dato che ad ogni livello di coscienza (sonno, sogno, veglia e coscienza sovrasensibile) compete una legge differente. In qualche modo è come se noi trasferissimo la configurazione dell’immagine di sogno nella vita diurna; in questo caso trasferiamo le immagini della coscienza di veglia sul piano della coscienza spirituale.

EGOISMO

E cosa succede allora?
Succede che diventiamo terribilmente egoisti in modo del tutto inavvertito. Ciò accade quando non si è coscienti che si deve riconoscere le leggi e le realtà del mondo spirituale in un modo del tutto diverso da quello che si usa per le leggi e le realtà del mondo sensibile.
L’egoismo in qualche modo ci porta a ritenere che le immagini che noi ci siamo fatti della scienza dello spirito, del mondo spirituale, sono le uniche corrette.

Un’associazione spirituale è un organismo invisibile che si proietta sul piano visibile come forza risolutrice dei contrasti propri alla relazione egoica: contrasti che sono previsti, anzi necessari come materia dell’opera unificatrice, come sostanza dinamica dell’azione associativa.
(Massimo Scaligero – Dell’Amore Immortale)

Infatti purtroppo questa situazione di scismi e gruppi che si combattono tra di loro si accentuerà sempre di più, se non si reagisce in tempo.

E questo Caos – ci indica Rudolf Steiner – è uno dei più potenti mezzi di cui si serve Ahriman, per preparare il successo della sua incarnazione.

La logica del pensare è compatibile col più forte egoismo.
La logica del cuore è in grado di superare, a poco a poco, ogni egoismo e di rendere tutti gli uomini partecipanti di una comunità di esseri umani. Solo se le verità spirituali ci hanno compenetrato di calore vitale, abbiamo compreso giustamente gli impulsi della scienza dello spirito.
(Rudolf Steiner – Macrocosmo e microcosmo, O.O.119)

TOLLERANZA

Cosa fare dunque?

Qual è l’unica difesa contro questo che è un atteggiamento distruttivo delle comunità spirituali?
L’unica difesa è sviluppare nell’anima la tolleranza.
Questa attitudine va utilizzata al massimo nella coscienza spirituale.

Normalmente nella vita di tutti giorni è necessario soltanto un minimo di tolleranza. In effetti tendiamo a non ascoltare gli altri, a interromperli, a giudicare ancora prima che finiscono un discorso.
In qualche modo ci interessa solo la nostra opinione non quella dell’altro.
E questo atteggiamento, che già non è positivo nel mondo fisico, nel mondo spirituale è deleterio perché in esso l’anima dev’essere profondamente compenetrata di tolleranza.
Vale a dire che dobbiamo accogliere, accettare con calma anche opinioni e punti di vista con cui non concordiamo per nulla e non come con un atteggiamento di sufficienza ma considerandole come una legittima espressione dell’animo dell’altro.
In realtà solo se siamo in grado di accogliere l’opinione dell’altro esattamente come se fosse la nostra noi ci conquistiamo lo stato d’animo necessario per sperimentare – non solo per conoscere ma per sperimentare – quello che nella teoria viene annunciato dalla scienza dello spirito.

Questa è una base morale necessaria.

Comprendiamo appieno la scienza dello Spirito solo quando siamo capaci di stare seduti insieme in fraternità, malgrado la più grande divergenza possibile dai pensieri altrui. Non vogliamo soltanto prendere in considerazione e stimare la persona del nostro prossimo e avvicinarla riconoscendo pienamente la sua dignità umana, no, noi vogliamo, dal più profondo dell’anima, riconoscerlo come nostro fratello umano nella sua qualità animica. Ma dobbiamo allora stare seduti insieme e restare insieme anche quando si presenta la più grande divergenza di opinione.
Nessuno deve uscire dalla comunità e dalla fraternità scientifico-spirituale a causa di una divergenza di opinione. Questo è proprio il vantaggio dei discepoli: restare insieme in modo fraterno anche quando non hanno una stessa e unica opinione. Fintanto che non ci incontriamo come fratelli, non siamo in grado di portare a termine un’idea scientifico-spirituale fondamentale. Non ci sarà possibile far emergere dalle anime i segreti più profondi che vi dormono, le più profonde facoltà che vivono come addormentate in fondo alla nostra anima, che quando sarà per noi chiaro di poter agire insieme al nostro prossimo nonostante la differenza delle nostre rispettive opinioni.
(Rudolf Steiner – Impulsi originari della scienza dello spirito, O.O.96)

Spetta al futuro il compito di rifondare la fratellanza; dobbiamo imparare a condurre una vita comunitaria.
Chi ha avuto il privilegio di conoscere Mimma certamente ricorderà i suoi suggerimenti di non perdere occasioni di incontro tra i partecipanti ai nostri gruppi di lavoro spirituale – fossero pure dei funerali – proprio per alimentare questo germe di comunità.

Come si concilino la lotta per l’esistenza e l’amore fraterno?
È molto semplice. Dobbiamo imparare a sostituire la lotta, la guerra,  con il lavoro costruttivo, con l’ideale.
Cercate di introdurre nella vita quella che secondo la vostra esperienza e per quanto ne sapete si mostra essere la cosa giusta, di farla valere, senza lottare contro chi si oppone.
(Rudolf Steiner – Storia e contenuti della Sezione conoscitivo-cultica della Scuola esoterica 1904-1914, O.O.265)

I COMPAGNI DI PERCORSO

Chi sono i membri della comunità spirituale con cui ci ritroviamo?
Ebbene, dobbiamo distinguere tra coloro con cui abbiamo determinate relazioni karmiche e che, pertanto, incontriamo nella vita per lavorare insieme su questi nodi karmici provenienti dal passato e coloro che incontriamo indipendentemente dal nostro karma.

Le persone, ad esempio, con cui ci troviamo a lavorare spiritualmente non necessariamente

fanno parte di esseri che abbiamo conosciuto nella nostra vita precedente anche se ci sono naturalmente anche delle comunità che hanno lavorato insieme nella precedente esistenza.

In alcuni casi, infatti, questi incontri rimandano alla fine del periodo tra morte e nuova nascita, poco prima della nostra incarnazione allorché incontriamo delle Gerarchie spirituali a seconda del nostro grado di sviluppo ma anche altre anime umane che si incarneranno successivamente a noi, che, in un certo modo, dovranno ancora attendere per la propria incarnazione.
Abbiamo dunque molti incontri spirituali che facciamo proprio grazie al nostro grado di sviluppo prima di ritornare nuovamente sulla Terra attraverso la nascita. E queste forze che accogliamo ci mettono sulla Terra in quella specifica condizione ove ci è possibile vivere in comunità che possiamo definire terreno-spirituali.
Naturalmente, essendo il grado di sviluppo di tutti noi differente ci troviamo anche a fronteggiare – una volta scesi sulla Terra – ostacoli come quelli della contrapposizione – di cui si è detto – ma anche di quelli che Mimma indicava come i pericoli più subdoli del percorso spirituale, vale a dire la “mentalità antroposofica” e l’egoismo superiore.

IMPULSO KARMICO

In ogni caso nella nostra epoca materialista attuale chi attraverso – o nonostante – l’educazione e le connessioni della vita perviene alla scienza dello spirito vuol dire che vi è in lui un impulso karmico che lo spinge verso lo spirituale.
Tale impulso karmico è il concentrato di quanto egli ha attraversato prima della discesa in questa incarnazione.

Ciò che dà il vero senso alla vita, per esempio l’amore di una coppia umana, capace di trionfare di tutte le insidie terrestri e di superare i limiti della prosaicità quotidiana, così come un’amicizia fraterna capace del massimo dell’abnegazione e della lealtà, o la formazione di un gruppo spirituale, o di una comunità: è qualcosa che non s’improvvisa: rimanda a un germe posto sacrificalmente in una precedente esistenza.
Ogni superiore qualità umana rimanda alla volontà sacrificale sviluppata in altre condizioni di vita: la sua virtù karmica consiste nel suo poter agire ora come natura, sulla linea della spontaneità, senza necessitare di sforzo.
(Massimo Scaligero – Reincarnazione e karma)

LA SCUOLA DI MICHELE

Cos’è la Comunità Michaelita?
Sappiamo che all’inizio del secolo XV sorse nel mondo spirituale qualcosa che potremmo chiamare Scuola di Michele.
La saggezza di Michele – l’Arcangelo Solare –  che era vissuta un tempo nei Misteri solari rivisse nei mondi spirituali e tutti coloro che erano predestinati ad accogliere l’antroposofia ed a configurare il proprio karma in accordo con la scienza dello spirito hanno partecipato a quella scuola sovrasensibile.
Negli insegnamenti della scuola – sovrasensibile – di Michele veniva annunciato che con l’inizio della reggenza di Michele, intorno all’ultimo terzo del secolo XIX (1879) vi sarebbe stata una intelligenza svuotata di spiritualità quindi soggetta alle forze arimaniche, processo iniziato dal secolo VIII.
Tra la fine del secolo XVIII e l’inizio del XIX venne poi instaurato un culto nel mondo sovrasensibile che si svolse in potenti immaginazioni di vita spirituale. Ad esso presero parte tutti coloro che parteciparono alla Scuola di Michele e che portarono dunque inconsciamente dentro di sé i risultati di questa scuola sovrasensibile che poi si tradussero nella disposizione ad abbracciare l’Antroposofia.

In cosa consistevano gli insegnamenti della scuola di Michele?
Essi consistevano nella ripetizione degli insegnamenti impartiti in epoche passate nei misteri solari; nella visione profetica di ciò che sarebbe dovuto avvenire con l’inizio della nuova epoca di Michele e nella esortazione affinché coloro che erano intorno a Michele si inserissero nella sua corrente, ne afferrassero gli impulsi e facessero sì che l’intelligenza si riunisse di nuovo con l’entità di Michele.
Sappiamo che le forze di Michele agiscono con particolare energia su coloro che sono collegati alla sua scuola, perché permeano tutto l’essere umano.
Da questo ne consegue che il karma di tutti noi, di tutti coloro che sono collegati alla scienza dello spirito – comprese le manifestazioni di salute di malattia – lo si può comprendere solo se lo mettiamo in collegamento con la corrente micaelita.

Quello che accade è che – a differenza di quanto poteva avvenire nel passato per altri movimenti spirituali – coloro che sinceramente si accostano alla scienza dello spirito non possono non avere un destino profondamente influenzato da tale scelta. E questo vale anche per il destino futuro; se in questa vita possiamo essere caratterizzati dal fatto di essere italiani o tedeschi o russi verrà un tempo in cui il nostro essere sarà caratterizzato dal fatto di aver fatto parte di questa corrente della Scuola di Michele.
La nostra appartenenza a questa corrente plasmerà anche la nostra fisionomia esteriore, così come oggi traiamo la nostra fisionomia dalla nostra razza e dalla nostra ereditarietà.

PIANTARE OGGI SEMI DI COMUNITÀ

Il compito della comunità Michaelita è dunque fondamentale qui ed ora.
L’Arcangelo Michele riunisce nell’Io pensare, sentire, volere; quando li riunifica in armonia genera nel sentire la richiesta della compassione e della devozione.
La compassione significa se nei confronti dell’altro – anche se riconosciamo il suo errore – riusciamo a separare l’errore dall’errante, in modo da rivolgere la compassione al karma della persona.
La devozione invece ci porta a riconoscere il divino nell’umano dell’altro anche se, naturalmente, tale devozione va sempre all’idea e al divino.
Riuscire a separare l’errore dall’errante, significa portare veramente Michele come forza agente nel pensiero.

 

IL COMPITO FONDAMENTALE

Per concludere, se in questa incarnazione non cerchiamo di superare gli elementi di antipatia – dunque antisociali – ci troveremo nella Sesta Epoca nel bel mezzo della “guerra di tutti contro tutti” di cui Rudolf Steiner ci ha parlato più volte.
La vera realtà del male – che possiamo definire conoscenza terrena non redenta – porterà al culmine degli istinti antisociali.
Ma se ci saranno sufficienti gruppi di esseri umani che lavoreranno nel senso indicato potremo anche assistere – sempre intorno alla metà della Sesta Epoca – al sorgere della Comunità di Filadelfia nella quale gli impulsi anticomunitari e antisociali saranno superati.

Questo è il nostro obiettivo – certamente lontano – ma sul quale dobbiamo iniziare a lavorare sin da subito, magari coltivando il lavoro comune in armonia in piccole cellule dove educarci alla tolleranza verso le altre cellule e ad un grado elevato di amicizia, rispetto ed amore per i nostri compagni di percorso.

E, se non ci riusciremo – come nelle parole di Judith von Halle da cui siamo partiti…

“abbiamo il dovere, come seguaci della scuola esoterica, di guardarci dentro e di chiederci perché”.

 

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