Alle radici dell’anima umana

Screenshot 2023 01 14 At 10.59.41

In un momento storico così convulso, ripieno di pensieri fuorvianti ed estreme tensioni interiori, potrebbe essere determinante per tutti coloro che lavorano nell’ambito psicoterapeutico accogliere una rappresentazione quanto più corretta ed esaustiva dell’anima umana. 

In apparenza, ma appunto soltanto in apparenza, potrebbe sembrare che su di essa molto, se non proprio tutto, sia stato detto. La Psicologia Accademica ha collezionato teorie su teorie e, aiutata dalle nuove Neuroscienze, che paragonano il funzionamento dell’organo cerebrale a quello dei più sofisticati computer, presumono di aver decodificato i “meccanismi”, le “dinamiche” e i “processi” di pensiero che la caratterizzano. 

Su questa base, la Psichiatria suppone di poter intervenire sulla “mente” con molecole chimiche (farmaci) in grado di regolarne e ottimizzarne il funzionamento (omettendo, però, di rendere noti i parametri di salute sulla base dei quali si orienta). Mentre le Psicoterapie più raffinate si ingegnano di intervenire in maniera “strategica”, con l’obbiettivo di sradicare il sintomo grazie a sofisticate manipolazioni dei processi cognitivi attraverso i quali il paziente si relaziona alla realtà. 

Per entrambi, la storia attraverso la quale l’Io del paziente si è evoluto, le eventuali vicende più o meno drammatiche attraversate, le risorse uniche e irripetibili con cui ha risposto a tali vicende e il significato esistenziale di cui molto spesso i sintomi hanno finito per farsi portavoce… molto semplicemente non sono rilevanti. Sono solo superstiziose lungaggini nei quali si cullarono le prime inadeguate esplorazioni della psiche… veri e propri rituali apotropaici che le Neuroscienze non possono più avallare, occupate come sono ad essere veloci, efficaci e definitive. 

Tuttavia, ci si potrebbe chiedere che fine abbiano fatto le così dette Psicoterapie Mitteleuropee: la Psicologia del profondo di C. G. Jung, la Logoterapia di V. Frankl, la Psicosintesi di R. Assagioli, la Gestalt di K. Koffka, la Psicologia umanistica di C. Rogers 

Oh, be’… ancora sopravvivono! Raccolgono gli ultimi consensi da parte di uomini e donne per lo più adulti, provenienti da una società e da una cultura che presto saranno dimenticate perché seppellite sotto le proprie macerie. Noi, adulti di oggi, infatti, quando eravamo giovani non fummo in grado di proporre alternative valide all’irruzione selvaggia del Web, dell’informatica, dei mille paradisi artificiali… distratti dal benessere della nostra propria vita, non ci prendemmo cura delle future generazioni e delle loro più profonde necessità di crescere a fronte di modelli umani sani da imitare, di concetti sui quali esercitarsi a pensare in maniera libera e creativa, nonché di tutte le più antiche e moderne testimonianze filosofiche, scientifiche, artistiche e religiose con le quali confrontarsi. Non offrimmo loro grandi e futuribili scopi da realizzare. 

A cavallo tra la fine del secolo e l’inizio del nuovo millennio la scuola si svuotò della meraviglia. L’università iniziò ad offrire competenze quanto più tecniche e funzionali possibili, i mass-media presero a vomitare menzogne, sciattezza e volgarità e in tutto questo bailamme la morale… oh, la morale perse il suo rapporto di purezza con le stelle (Kant) e si andò radicando nelle viscere, nella sentimentalità quando non addirittura nell’ipocrisia. 

Perciò è legittimo chiedersi: quanto potranno durare le Psicoterapie Umanistiche? Quanti saranno coloro che tra soli cinque o dieci anni si ricorderanno cosa mai volessero rappresentare, in una coscienza collettiva che sarà sempre più povera e dimentica di sé? 

D’altra parte, la morte della psicologia umanistica era stata annunciata. 

Nessuna delle correnti nelle quali si era espressa, infatti, era mai stata in grado di FONDARE la propria prassi in una realtà antropologica che desse ragione della natura ultima dell’uomo. Sì, certo… parlavano dell’anima (Jung)… qualcuno si era spinto a parlare dello spirito (Assagioli) o finanche di Dio (Frankl). Ma ad un uomo come quello moderno-occidentale, “tutta testa”, condizionato da una razionalità astratta che lasciava ben poco spazio ad altre e più profonde esperienze di sé stesso e del mondo, quelle parole dovevano risultare altrettanto indeterminate, teoriche e irreali quanto quelle ben più in voga di psiche o di mente. 

Da questo punto di vista, allora, la celebre frase di Jung 

Una psicologia che ritenesse l’anima un mero epifenomeno dei processi cerebrali meglio farebbe a chiamarsi psicobiologia” 

più che un avvertimento o una denuncia, piuttosto, potrebbe essere intesa come una triste profezia che le Neuroscienze hanno provveduto ad incarnare. 

E così, oggi, alle soglie di quella mutazione antropologica verso la quale insistono i padroni del potere economico, tecnologico e mediatico, oramai giunti sulla linea di demarcazione oltre la quale si va delineando l’orrore del transumanesimo, quali correnti psicologiche accademiche oseranno più anche soltanto lontanamente accennare alla realtà dell’anima? Quali teorie sentiranno di averne necessità a fronte di una “salute mentale” i cui parametri saranno vieppiù tarati sulla distruzione radicale di tutte quelle priorità che una volta sembravano inalienabili? Perché mai gli ignoranti insediati ai massimi poteri politici o amministrativi, i disonesti arricchiti, i dipendenti da droghe, video-giochi o siti porno, i fluidi Gender o i pedofili riabilitati dovrebbero sentirne l’esigenza? 

La vita fine a sé stessa, tesa ad affermarsi per come può fino ad esalare l’ultimo respiro, non ha bisogno alcuno dell’anima né di una teoria che la contempli. Le crisi esistenziali, più o meno occasionali, troveranno la molecola giusta per essere contenute. 

 

Nel quadro fosco che abbiamo tratteggiato, tuttavia, permangono isole di resistenza. Tra queste, la Psicoterapia ad orientamento antroposofico, radicata nei principi gnoseologici e epistemologici della scienza dello spirito, potrebbe essere considerata una leder porta-bandiera. 

Non a caso, quello che i suoi operatori hanno sempre sostenuto e divulgato è la visione tripartita dell’uomo e la necessità che ogni sua espressione nel mondo, sia essa sana o malata, vada letta e interpretata in quella luce. L’uomo è un essere spirituale-animico-corporeo e solo da un’accurata valutazione delle relazioni tra queste tre componenti costitutive possono derivare interventi che lo aiutino a realizzare nel miglior modo possibile il proprio destino. 

Tuttavia, proprio perché la nostra civiltà è giunta sulla soglia dell’indicibile a causa della totale astrattezza e vacuità del pensare con cui tutti noi pensiamo il mondo, ci chiediamo se come terapeuti antroposofi, pur senza rendercene conto, abbiamo commesso gli stessi identici errori dei nostri perduti colleghi. Certo… magari non tanto al livello di indagine personale, bensì al livello comunicativo. Su ampia e generica scala, infatti, quanto l’asserzione della natura tripartita dell’uomo può risultare astratta, immaginaria, indeterminata e vaga all’uomo della strada? Quanto la difesa della natura spirituale-animico-corporea dell’uomo rischia di cadere nella vacuità visto che, per necessità linguistiche, è costretta ad usare gli stessi termini di tante altre concezioni? Spirito… Anima… non sono forse parole del tutto simili a quelle di altre concezioni… non sono identiche a quelle pronunciate, ad esempio, dalle psicologie umanistiche del passato… oppure da diversi altri indirizzi filosofici o religiosi, oppure ancora dalle mille e variegate correnti New Age di ispirazione più o meno orientale. 

Sforzandosi di essere onesti, bisogna ammettere che il rischio è concreto, soprattutto per tutti coloro che non hanno cumulato un percorso di conoscenze che gradualmente abbia loro permesso di prendere atto delle profonde differenze tra quanto divulgato dall’antroposofia e quanto, invece, dalla maggior parte delle altre concezioni.  

Volendo dunque ingegnarsi di testimoniare la fondatezza della visione tripartita dell’uomo, si dovrà essere così umili da evidenziare eventuali errori commessi e così spregiudicati da volerli superare rintracciando una modalità comunicativa in grado di evitarne l’astrattezza. 

Più volte, in queste stesse pagine, è stato sostenuto come la natura autonoma dell’anima non possa essere sostenuta se non riconoscendola come intermediaria tra la dimensione corporea e quella spirituale. Più volte è stato sostenuto come l’anima evolva e maturi proprio grazie allo scontro, o meglio ancora all’urto, tra l’Io spirituale di ogni singolo uomo e lo spirito fattosi mondo ben prima che il suo germe fosse donato all’umanità dagli Spiriti della Forma e discendesse infine nell’attuale realtà spazio-temporale. 

Ma è proprio nell’uso generico di questi termini – anima, spirito, dimensione spirituale, o io spirituale – che offriamo il fianco all’astrattezza propria del pensare contemporaneo. Perché, sarà bene ripeterlo, quale differenza possiamo pretendere di rappresentare agli occhi disincantati dell’uomo moderno? Cosa distingue la Weltanschauung antroposofica da tutte le altre? Quale elemento potrebbe essere così determinante da differenziare i suoi fondamenti ultimi? 

Si potrebbe tentare di riproporre, ancora una volta, il percorso gnoseologico di Filosofia della libertà di Rudolf Steiner o quello del Trattato del pensiero vivente di Massimo Scaligero… così da illustrare una reale possibilità di sperimentazione pratica a quanti volessero davvero afferrare la propria dimensione spirituale. Sì, certo… questa sarebbe la via diretta e la più corretta. Fin troppo ovvio per chi sia già stato attratto in quella direzione. 

Sappiamo, però, quanto fosse difficile già ai tempi del Dottor Steiner muoversi su quella via (non a caso chiamata, in occultismo, la Via Secca) e, una volta riconosciuta come praticabile, quanti sforzi e quanto tempo occorresse (in ottemperanza ad ogni singolo destino) per coglierne i primi frutti. 

Perciò, in un mondo devastato come quello nel quale noi tutti oggi soggiorniamo, possiamo chiederci se nel voler presentare la visione della tripartizione dell’essere dell’uomo non possa esistere una comunicazione in apparenza più semplice, ma essenziale, che ne dia ragione. Possiamo chiederci se non sia possibile trovare un’immagine, o un pensiero, che fin da subito, con immediatezza, permetta di afferrare la realtà di quella dimensione che chiamiamo spirituale. 

In realtà un’asserzione di questa natura già esiste, non va escogitata…  Forse dovremmo fare solo uno sforzo di estrema spregiudicatezza… o, meglio, di fedeltà interiore e trovare il coraggio di riconoscere apertamente che si può parlare di una dimensione spirituale come l’ultima e più intima natura di un Dio.  Una rivelazione tale – dicevamo – non va escogitata, bensì solo riproposta facendo affidamento alla Potenza che la sottende. In altre e ben più semplici parole si tratterebbe di far precedere e radicare ogni studio dell’uomo alle sue origini: 

 

In principio era il Verbo
e il Verbo era presso Dio
e il verbo era Dio. 

Egli era all’inizio presso Dio,
Tutte le cose furono fatte per mezzo di lui
e senza di lui nulla fu fatto di tutto ciò che è stato fatto. 

 Al di la dell’apparente ingenuità di questa proposta, potrebbe essere interessante osservare come solo nel riconoscimento del Christo come Logos Pantocrator si annienterebbero tutte le possibili vacue astrazioni del pensiero moderno che sarebbe perciò costretto a riconoscere la gerarchia originaria della creazione. Fu un Dio, un Essere Spirituale, che attraverso le sue Gerarchie creò questo mondo… c’è un Essere alle origini del tutto, non un pensiero astratto, un simbolo, un’idea, una vacua fantasia, bensì un Essere di cui tutto l’universo che conosciamo, e tutti noi con la nostra Terra, condividiamo l’intima natura. C’è un Essere all’origine dei quattro stadi cosmici attraverso i quali l’Amore precipitò, condensandosi sempre più, fino a perdersi in quella dimensione spazio-temporale nella quale tutti noi oggi viviamo. 

Sarebbe sciocco ora dilungarsi su una cosmologia che ogni antroposofo (si spera) dovrebbe conoscere, più o meno bene. Quello che sarebbe invece fondamentale chiedersi ora è se, in attinenza con l’epoca dell’anima cosciente, dato il momento storico che stiamo vivendo, e in concomitanza con la vicinanza del Christo Eterico alle anime dell’uomo, non sia doveroso per tutti coloro che si sforzano di sistematizzare una Psicoterapia Antroposofica, uscire allo scoperto e testimoniare il primato non più di una generica dimensione spirituale, bensì appunto di Colui che si presentò con le parole:  

Io sono la Via, la Verità, la Vita.

Una testimonianza del genere, semplice e diretta, lungi dall’essere sterile, permetterebbe di trasmettere una definitiva conoscenza della natura ultima dello Spirito ma anche dell’Anima umana. Perché quest’ultima, anziché essere immaginata come un epifenomeno dell’attività cerebrale, o una realtà dalla natura più o meno misteriosa che certifica sé stessa (l’Inconscio degli psicanalisti), potrebbe essere invece descritta come una Entità che prese vita nel momento in cui il germe spirituale dell’Io (donataci dagli Spiriti della Forma, come potenzialità) venne inserito nei tre involucri fisico, eterico ed astrale, e iniziò così il lungo cammino della propria individuazione.  

È nella relazione di questo germe spirituale con l’attività dei tre corpi inferiori, infatti, che si andò generando l’Essere dell’anima, a testimonianza del processo di crescita ed evoluzione dell’Io. Tuttavia, nel compiere questo sottile lavoro l’Io si andò identificando con i processi che in essa avevano luogo. L’Io a cui l’uomo fa di continuo riferimento, infatti, non è mai il proprio Io Spirituale, cioè l’Essere Transeunte che passa di vita in vita conservando le esperienze fatte e maturando grazie ad esse, bensì la sua identificazione con la condizione immanente raggiunta di volta in volta dalla propria anima. A causa, o meglio, grazie all’attuale condizione evolutiva, questo nostro Io Spirituale acquisisce infatti coscienza di sé “riflettendosi” nell’organismo neuro sensoriale e finendo per identificarsi con tutti i processi che attraversano l’anima: dai più elementari (impulsi organici) ai più raffinati (emozioni, sentimenti, pensieri).  

Per questo motivo, anche grazie all’intervento delle due Entità Ostacolatrici che da sempre accompagnano la nostra evoluzione, l’Io, rispecchiandosi nell’anima, è in un qualche modo vittima e responsabile nello stesso tempo del suo imprigionamento nel mondo sensibile. 

Basterebbe pensare, tanto per citare ancora una volta Jung, ad una delle sue più contraddittorie definizioni:

L’Io è un contenuto dell’anima”. 

Certo che così è, visto l’attuale stato delle cose… ma è così solo perché l’attuale coscienza di sé dell’uomo moderno contemporaneo non è in grado di differenziarsi dall’immagine che vede riflettersi nel sistema neuro-sensoriale e che in tal modo contamina il proprio mondo interiore. 

La missione cosmica dell’Io però, non è stata pensata per esaurirsi a questo punto: anzi… una volta raggiunta questa primitiva e riflessa presa di coscienza di sé e del mondo, la speranza delle Entità Creatrici è che l’Io dell’uomo si riconosca almeno in parte responsabile della prigionia della propria anima e, attraverso una libera e autonoma decisione, si impegnasse per affrancarla. 

Solo allora scoprirebbe non soltanto la propria più autentica e spirituale natura, bensì anche quella dell’Anima riconoscendola nell’Archetipo Vivente della Vergine-Sophia di cui ci parla Dante nel XXXIII canto della Divina Commedia: 

Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio,
umile ed alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio. 

Tu sei colei che l‘umana natura
nobilitasti, sì che il suo fattore,
non disdegnò di farsi tua fattura. 

Maria, madre del Christo-Gesù, si può dunque dire che incarnò e testimoniò l’Eterno Femminino che, nella sua virginità originaria e incontaminata, poté portare in grembo il proprio creatore. 

Questa, dunque, è l’immagine simbolica dell’anima umana: una entità divino spirituale che, una volta affrancata dalle catene che la vincolano alla caverna del Drago, partorirà il Fanciullo Divino. Tuttavia, l’Io Eroe che potrebbe affrancarla, e partecipare a un tale trasmutamento, dovrebbe essere ovvio, non è l’Io ordinario, o fenomenico, o ego… quello che abbiamo detto essere riflesso nel pensiero ordinario. Perché sia il pensiero pensato, sia il pensiero pensante, sono entrambi condizionati dalla corporeità cui l’anima è tutt’ora avvinta. 

- Non l’Io pensa il pensiero — ci ha ricordato Massimo Scaligero nel suo impareggiabile “Trattato del Pensiero Vivente” — ma l’anima legata alla corporeità. 

Perciò, la prima necessaria azione dell’Io ordinario sarebbe proprio quella di liberare il proprio pensare dalla riflessità attraverso la quale si è finora percepito per sapere di sé. 

In altre e più semplici parole, è come se l’Io, liberando sé stesso dall’identificazione con i processi che si svolgono l’anima, nel contempo liberasse anche quest’ultima, restituendole quella natura spirituale e virginale che le era propria fin dall’origine della creazione. 

L’Io di cui parliamo è l’Immortale, Colui che passa di vita in vita… Colui che non si vede ma che vede, che non si ode ma che ode, che non si percepisce col pensiero ma che pensa, che non si conosce ma che conosce. 

A questo punto, però, ma solo a questo punto, l’Anima liberata e redenta dal proprio Io Spirituale Transeunte potrebbe aprirsi all’esperienza paolina: 

 Non Io, ma il Christo in me 

 …generando così, in sé, il Vero Io Spirituale. 

Come in un gioco dai mille specchi che si riflettono uno nell’altro, l’Io Eroe libera dunque la propria Anima dai ceppi che l’avvincono alla materia… affinché sia poi quest’ultima a liberare lui dall’inganno della propria singolarità. 

È il Christo, infatti, come Logos Creatore, ad essere l’Io Cosmico della Gerarchia Umana. 

L’Io Cosmico – si trovò a testimoniare perciò, e non a caso, Massimo Scaligerosi individua nell’uomo… e più l’uomo è autenticamente individuo, più si collega con l’Io Cosmico.”   

 

Piero Priorini


Psicologo psicoterapeuta ad indirizzo Psicanalitico Junghiano.
Antroposofo, conferenziere ed autore di libri ed articoli.
Specializzato in bioenergetica, transazionale, ipnosi e sessuologia.

Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo!

Facebook
Pinterest
Twitter
Email
Telegram
WhatsApp

Ti potrebbero interessare:

it_IT

Accedi al sito

accesso già effettuato