Una prospettiva spirituale per affrontare le sfide del presente

di Piero Cammerinesi

Ad oltre quattro decenni dalla scomparsa sul piano fisico di Massimo Scaligero ed ad oltre trent’anni da quella di Bianca Maria Scabelloni, per tutti Mimma, credo sia lecito chiedersi quali siano oggi i frutti visibili del loro insegnamento.

Quelli invisibili naturalmente non sono compresi in questa domanda visto che la loro individuazione richiederebbe evidentemente una visione spirituale non a tutti accessibile.

Se vogliamo individuare due caratteristiche peculiari del lavoro di Massimo e Mimma possiamo ravvisarle nell’elemento della libertà e della fraternità.

Della libertà in quanto queste due straordinarie figure non solo non hanno fondato organizzazioni esteriori di sorta ma hanno tenuto in somma considerazione l’elemento della libertà di ogni persona che a loro si rivolgeva, rispettandone pensieri e convinzioni.

Della fraternità in quanto essi – schivi di ogni esteriorità – si sono sempre definiti “amici” e mai “maestri” – nonostante abbiano avuto esperienze spirituali di livello altissimo – ed abbiano dedicato la propria vita al servizio degli altri.

Giorno dopo giorno, anno dopo anno, senza sosta né risparmio di sé.

Con la memoria ed il cuore rivolti al ricordo di quanto ci hanno trasmesso – e sopratutto di quello che erano loro come esseri umani e come Maestri – devo dire che è vieppiù doloroso e disarmante contemplare lo spettacolo odierno di molti dei circoli e gruppi che a loro si ispirano.

Da chi proclama l’esclusività della propria interpretazione – naturalmente l’unica ‘vera’ – dei pensieri dei Maestri, a chi utilizza ogni sorta di comunità spirituale – reale o virtuale – unicamente per lanciarsi in polemiche – sino a chi tali comunità spirituali – pur instancabilmente raccomandate da Massimo e Mimma – sottovaluta, preferendo rimanere nella comodità della propria autoreferenzialità.

Vediamo, infatti, le cerchie dei discepoli – dei medesimi Maestri – contrapporsi in ‘fazioni’, l’una contro l’altra armata.

Anche aspetti particolari come, ad esempio, la prevalenza o meno del pensare sul sentire e volere (o viceversa) divengono motivi di critica, di discordia, di scontro.

Persino le modalità del lavoro di gruppo, o di come fare gli esercizi, si trasformano a volte in occasioni di litigio e di condanna.

E tutti sono invariabilmente convinti di essere nel giusto; anzi, che la propria posizione sia l’unica legittima, mentre gli altri sono dei traditori, o, nella migliore delle ipotesi, degli avversari da tacitare.

Trascurando il fatto fondamentale che gli altri, non solo non sono avversari, ma, se lavorano nella stessa mia direzione, pur vedendo alcune cose in modo diverso da noi, non vanno criticati ma ascoltati e compresi.

Il compagno di percorso può certamente avere un’opinione diversa dalla mia perché siamo esseri umani con talenti e temperamenti diversi, ma in fondo apparteniamo alla medesima famiglia, perché l’altro

…è la gamba sinistra ed io sono la destra…

come ben stigmatizza Judith von Halle.

In realtà l’altro, nella sua diversità, deve costituire per me un arricchimento in quanto mi offre l’occasione di capire le modalità del suo pensare/sentire/volere, mi dà la possibilità di accogliere pensieri, considerazioni, giudizi cui io – per la mia specifica natura – non sono in grado di arrivare.

È un errore colossale credere che colui che ha punti di vista diversi dai nostri, sia un nostro avversario.

Secondo quanto dice Rudolf Steiner:

Ascoltare l’altro con spregiudicatezza e fiducia dovrebbe scaturire come effetto necessario dalla mia via spirituale; il collegarmi con lui e l’agire – interiore ed esteriore – insieme a lui dovrebbe ‒ non nascendo da interessi personali o dal comune denominatore dell’appartenenza a un partito, a una religione ecc. ‒ porre le basi di una autentica fondazione di comunità (O.O. N° 127).

Oltre a ciò quello che sopratutto colpisce oggi nei nostri circoli è la mancanza di empatia e di equilibrio tra compagni di percorso. 

Basta rileggere il contenuto di “Perché una associazione spirituale viva” di Massimo Scaligero per comprendere come l’empatia e l’equilibrio siano elementi insostituibili di ogni associarsi con finalità spirituali.

E l’associarsi ha oggi una importanza fondamentale proprio sulla base della corresponsabilità di tutti rispetto ai particolari eventi storici che stiamo vivendo e della enorme responsabilità delle comunità spirituali.

Il quadro che ne risulta è deprimente e non possiamo – in particolare in un momento come questo di drammatica serietà per l’intera umanità – non farci delle domande.

Perché siamo giunti a questo punto?

Cosa è andato storto? Cosa abbiamo trascurato nel nostro sentiero?

La prima cosa su cui vorrei soffermarmi è che se gli esercizi dati da Rudolf Steiner come base per una equilibrata crescita interiore – concentrazione, meditazione, contemplazione pura e azione pura – sono stati portati avanti da molti in maniera costante e rigorosa, si sono drammaticamente trascurati i tre esercizi del sentire: equanimità, positività, spregiudicatezza. 

Concentrazione e meditazione, volontà (azione pura), equanimità, positività, spregiudicatezza sono le operazioni interiori che confluiscono nel cosiddetto equilibrio magico. Rudolf Steiner afferma testualmente che nessuno può pensare di progredire se non assolve a queste condizioni.

Domanda: siamo progrediti allora?

Steiner aggiunge anche che tutti gli esercizi di meditazione, di concentrazione e altro sono privi di valore e anche in qualche modo nocivi se la vita non si attiene al senso di queste prescrizioni, vale a dire al senso dei cinque esercizi nella loro completezza.

A questo punto credo sia importante notare come Rudolf Steiner abbia indicato come necessari, nell’intraprendere la via scientifico-spirituale, un esercizio sul pensiero, uno sulla volontà e tre sul sentire. 

Non può essere un caso, questo.

Un passo nella conoscenza e tre nella morale, nello sviluppo equilibrato dell’anima. 

Perché è nell’anima che noi siamo più deboli, nei nostri sentimenti, nella capacità di portare la scienza spirituale nella vita, nei nostri incontri, nel rapporto con gli altri.

Eppure non mancano gli esempi – ad esempio nel libro Iniziazione – nei quali viene messo in guardia il discepolo dalla predominanza di una delle tre forze dell’anima – pensare, sentire, volere – sulle altre.
Da questo possono nascere squilibri la cui gravità è direttamente proporzionale al cammino percorso e quindi al livello evolutivo raggiunto.

Una prevalenza del volere su pensare e sentire può condurre a iperattività e persino alla violenza; 

una prevalenza del sentire su pensare e volere può condurre a misticismo e debolezza interiore; 

un prevalere del pensare sulle altre due rischia di avvolgere il discepolo nella fredda forza contemplativa incapace di trasformarsi in sentimenti e azioni morali nei confronti degli altri.

Scaligero in Il Logos e i Nuovi Misteri scrive che:

La stessa Via del pensiero rischia di divenire una via dell’orgoglio o del sublime egoismo, se non conduce alla consacrazione di sé al Divino e all’amore illimitato per il prossimo: appunto il ritrovamento della Iside-Sophia.

Ecco perché, i tre esercizi – quelli che a volte vengono chiamati quasi con noncuranza gli “altri esercizi” quasi fossero di serie B – hanno, sopratutto oggi, un’importanza enorme e spesso non compresa o sottostimata.

In essi sono sono sintetizzati tutti gli esercizi del libro Iniziazione;  perché equanimità, positività e spregiudicatezza, racchiudono in realtà tutto l’insegnamento evangelico.

Forse però dobbiamo comprendere meglio quali siano le reali implicazioni ed applicazioni di questi esercizi.

EQUANIMITÀ 

L’equanimità è, come sappiamo, l’educarsi a non lasciarsi andare alle oscillazioni tra piacere e dolore, gioia e sofferenza, 

in modo che nessuna sofferenza ci schiacci, che nessuna esperienza vissuta ci trascini verso l’eccitazione o la collera smisurate, che nessuna attesa ci riempia di timore e di angoscia, che nessuna situazione ci faccia perdere il nostro equilibrio.

Il discepolo – scrive Rudolf Steiner in Teosofia – deve sviluppare in sé la facoltà di comportarsi riguardo alle cose e agli uomini secondo i loro caratteri, rispettando il valore, l’importanza di ciascuno.

Ecco questo mi sembra un punto di importanza fondamentale. “…comportarsi riguardo alle cose e agli uomini secondo i loro caratteri, rispettando il valore, l’importanza di ciascuno”

Indipendentemente da simpatia e antipatia, è necessario sviluppare la facoltà di 

non far subito seguire ad ogni sentimento di simpatia o di antipatia un giudizio o un’azione” (Teosofia).

E questo atteggiamento dell’anima, come è facile intuire, ha una applicabilità virtualmente illimitata alla nostra vita; nelle relazioni sociali, nella famiglia, nella comunità spirituale, nella coppia.

Se questo lavoro sull’anima ci deve portare ad un equilibrio del sentire – normalmente incline a passare senza soluzione di continuità dalla gioia al dolore, dall’entusiasmo alla depressione, balza subito all’occhio che nella grande prova per l’umanità che stiamo vivendo oggi, l’attuare l’equanimità dovrebbe aiutarci a vincere la paura che paralizza il nostro sentire facendo sorgere in noi quel coraggio micaelita che è l’obiettivo dell’uomo di quest’epoca.

Non è un caso che nell’epoca del coraggio sia stata diffusa la paura.

POSITIVITÀ

La positività, poi, non è soltanto cercare di trovare in tutti gli esseri, in tutte le cose, in tutte le esperienze, ciò che di buono, di bello, vi è contenuto, ma anche l’“astenersi dalla critica”.

Questo esercizio ci deve insegnare ad ascoltare gli altri quando parlano.

Il discepolo – scrive Steiner in Iniziazione – deve abituarsi, quando ascolta, a far tacere completamente la propria interiorità. Il discepolo deve mettere a tacere ogni approvazione o opposizione.

Di pari passo con ogni osservazione occulta sulla natura umana, l’autoeducazione deve condurre ad apprezzare incondizionatamente il pieno valore di ogni singolo individuo; ciò che risiede nell’uomo deve essere da noi considerato – anche nei nostri pensieri e sentimenti – come sacro e intangibile. Tutto ciò che è umano, anche se lo pensiamo come ricordo, deve riempirci di un senso di profonda venerazione.

È dunque un esercizio di fiducia nell’altro essere umano, la volontà di credere che l’altro, che magari ha sbagliato – come noi continuamente sbagliamo – possa sempre accorgersi del suo errore e riscattarsi.

È dunque una attitudine che implica l’accoglimento, l’assenza di giudizio, il perdono.

Volendo applicarlo al momento attuale, il suo compito dovrebbe essere quello non solo di ascoltare profondamente gli altri guardando alla loro parte di luce ma anche di cercare l’elemento spirituale che sottende gli accadimenti esteriori per quanto dolorosi essi siano e che ci riguardano come tappe della nostra evoluzione.

Un compito non eludibile dalle comunità spirituali.

Ricercare il senso spirituale di questa Agenda mostruosa.

SPREGIUDICATEZZA

Infine abbiamo la spregiudicatezza, vale a dire la capacità di “coltivare in sé il sentimento di spregiudicata apertura nell’affrontare ogni nuova esperienza”.

Essere pronti in ogni momento ad accettare di fare un’esperienza nuova.

Una applicazione fondamentale di questo esercizio è quella di astenerci da ogni pre-giudizio sulle persone che ci circondano ma anche sugli eventi che il destino ci porta incontro. 

“Chi voglia intraprendere – scrive Steiner in Teosofia – il “sentiero” della conoscenza superiore deve esercitarsi a potere in ogni momento spegnere se stesso con tutti i suoi pregiudizi. In quanto egli spegne se stesso le cose si riversano in lui”.

Applicata al momento attuale questa attitudine ci dovrebbe portare a non escludere nessuna possibile interpretazione di quanto sta accadendo nel mondo spingendoci ad approfondire la conoscenza degli eventi con quello che Steiner chiamava “l’entusiasmo dell’attenzione”.

Dunque, riassumendo abbiamo:

Equanimità: comportarsi riguardo alle cose e agli uomini secondo i loro caratteri, rispettando il valore, l’importanza di ciascuno. Sviluppare il coraggio.

– Positività: l’”astenersi dalla critica” ed imparare ad ascoltare veramente gli altri, cercare il senso spirituale-evolutivo degli eventi.

Spregiudicatezza: astenerci da ogni pre-giudizio sulle persone che ci circondano e non fermarci alla prima interpretazione degli eventi esteriori ma approfondire i fatti e cercarne il vero senso. 

Ora è evidente come queste indicazioni – se applicate – sarebbero in grado di trasformare completamente le nostre vite a partire dalle persone a noi più vicine, il famoso “prossimo” cosa che, guardandoci intorno, è ben lungi dall’essere stata realizzata.

Ma c’è dell’altro.

Applicare questi esercizi nella vita rappresenta l’unica difesa da qualcosa che oggi ci sta aggredendo da ogni lato: la paura e la sensazione di dissolvimento di sé.

In alcune conversazioni di diversi decenni fa Mimma ci anticipò alcuni aspetti del futuro che oggi si sono presentati;

gli esercizi, i nostri incontri e persino l’euritmia, se non diventa qualcosa che in corrispondenza della vita divenga, non una legge, ma un’attuazione pratica derivante sempre da un’autoconoscenza – oggi diventa un atto distruttivo all’esterno”. 

Quindi, non solo non porta utilità a niente e a nessuno, ma comincia a diventare dannoso, perché il tempo che stiamo attraversando e che voi attraverserete è veramente un tempo nuovo.

Qui incontriamo la corresponsabilità occulta con quanto abbiamo seminato e sta accadendo nel mondo.

Ci troviamo dunque di fronte ad un argomento fondamentale: la responsabilità delle comunità spirituali per quello che ci troviamo ad attraversare in questo momento storico.

Una frammentazione coatta cui noi dobbiamo rispondere con il lavoro in comunità per lo spirito.

Solo il lavoro – affermava Mimma – per una amicizia nel Logos è ciò che libera dalla paura, perché siamo posti tra due polarità, due prove: paura e senso di dissolvimento di noi stessi.

E mai come in questo momento storico questo caveat è stato più attuale, per lo meno nell’arco delle nostre vite.

La paura – a livello consapevole ed inconsapevole – nelle tre dimensioni: 

– paura corporea,
– paura psico-animica
– paura spirituale

Paura fisica: 

La stiamo osservando quotidianamente. Indotta ed amplificata dai media afferra la quasi totalità delle popolazioni mondiali.
Produce una vera e propria paralisi delle nostre forze di reazione, rendendoci più aggredibili da agenti patogeni esterni.
Si tratta di una condizione di paura che non afferra solo la fisicità, ma dal corpo si riverbera sull’anima e, pertanto interferisce nel nostro lavoro spirituale.

Paura animica, psico-animica: 

Temiamo di non essere in grado di affrontare la situazioni che ci troviamo di fronte, proviamo sfiducia in noi stessi.
Ci sentiamo persi, senza forze, non abbiamo il coraggio di affrontare gli eventi.
La depressione e la disperazione si stanno diffondendo a macchia d’olio intorno a noi.
Anche in questo caso la paralisi che afferra la nostra anima indebolisce la nostra capacità di reazione, rendendoci manipolabili e soggiogati.

Paura spirituale: 

La più seria: aver paura di riconoscere la controparte spirituale che c’è in ciascun avvenimento della nostra vita. Non essere in grado di riconoscere il senso degli eventi che ci coinvolgono pur sapendo che ognuno di essi ha la sua radice sul piano spirituale e ci coinvolge in termini di destino.
Un destino che abbiamo scelto a livello individuale ma anche a livello di genere umano.

CONCLUSIONE

Possiamo concludere dunque che i cosiddetti “esercizi dell’anima” – lungi dall’essere esercizi di serie B – sono il banco di prova della nostra capacità di trasformare la nostra vita nella sua interezza in conformità alla via scientifico-spirituale.

Naturalmente seguendo la direttiva critica dell’“ama il prossimo tuto come te stesso” dobbiamo principiare con l’amare noi stessi, evidentemente non in modo egoico ma nel riconoscimento della nostra entità spirituale, e poi le persone più prossime – più vicine a noi.

E chi sono le persone più vicine a noi?

Naturalmente quelle con cui spesso il compito è più arduo.

I nostri parenti, i nostri amici, i compagni di percorso spirituale, il nostro partner di vita, se ne abbiamo uno.

Questa è la parte più delicata ma anche più importante, se pensiamo che il lavoro sulla coppia umana è senso più profondo del lavoro di Massimo Scaligero e di Mimma.

Talmente importante e imprescindibile che se in futuro non si realizzasse la dimensione dell’Amore Sacro, se la dimensione dello Spirito vitale – della Buddhi – non fosse sperimentabile dalla coppia umana, ciò impedirebbe il nascere di un livello di consapevolezza più elevato ed una relazione diretta con il mondo spirituale a tutta l’umanità. 

Ciò produrrebbe un ritardo nel percorso evolutivo umano in quanto le forze spirituali che agiscono comunque in questa direzione, mancando la consapevolezza umana potrebbero addirittura trasformarsi nel loro contrario, divenendo strumento dell’ostacolo, forze di anti-amore. 

Forze dunque che, dirette al volere cosciente, potrebbero ben essere prese in mano nel futuro dalle entità asuriche.

Parliamo del “male consapevole”.

Per concludere vorrei rilevare come nell’ultima strofa della Pietra di Fondazione di Rudolf Steiner possiamo notare che nell’implorazione al Christo-Sole viene richiesta una azione sul cuore prima ancora che sulla mente.

I quelle righe, grazie al calore donato al cuore – prima ancora che alla chiarezza donata alla mente – è possibile trasformare – affinché diventi buono – quel che fondiamo col cuore e vogliamo attuare con la mente.

Con queste parole Rudolf Steiner sigillò quasi cento anni fa il più alto lascito di Anthropos-Sophia, un seme che, piantato nei cuori degli uomini, avrebbe dovuto costituire la reale prosecuzione della sua missione nel mondo.

Luce divina,
Cristo – Sole,
Riscalda
I nostri cuori;
Illumina
Le nostre menti;
Affinché diventi buono,
Quel che fondiamo col cuore,
Quel che con le nostre menti
Vogliamo portare alla meta.

 

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