A differenza del film Lucy, dove il background ideale sottostante era profondamente amorale e, di fatto, invero diabolico, fatemi spezzare una mezza lancia in favore di The Maze Runner – Il labirinto.
di Piero Cammerinesi (corrispondente dagli USA di Coscienzeinrete Magazine e Altrainformazione)
Mezza perché il film potrebbe essere definito come un’occasione perduta. Vale a dire che la base ideale che lo sottende avrebbe potuto – se si fosse rinunciato all’ormai inevitabile impostazione hollywoodiana – portare ad un risultato interessante.
Anche questo film ci porta in un mondo distopico, post-apocalittico.
Il protagonista Thomas si trova, senza alcuna memoria del suo passato, in un’ampia radura, chiusa e circondata da alte mura di pietra insieme a altri ragazzi, alcuni dei quali vi si trovano già da tre anni. I residenti della radura si sono dati in questi anni delle regole e delle leggi. Intorno alla radura si estende il Labirinto, dove vi sono i Grievers, i dolenti, mostri che uccidono chi vi si inoltra. Ogni giorno, tuttavia, alcuni ragazzi vi entrano per mapparlo, con la speranza di trovare una via di uscita, ma fino al momento dell’arrivo di Thomas, senza risultati significativi. L’arrivo di una ragazza con un biglietto sarà l’inizio della svolta.
Ora – a parte gli evidenti richiami ad Arianna e il Minotauro – tutta la vicenda può essere letta come una metafora della vita terrestre. Nasciamo senza memoria del passato e raggiungiamo sulla Terra persone che vi si trovano già da tempo e che ci trasmettono le loro esperienze, persone che hanno creato una struttura sociale gerarchica, con leggi e usanze a noi ancora sconosciute.
Thomas ha vaghi ricordi del passato; si rammenta vagamente solo di essere stato immerso in acqua, non ricorda neppure il proprio nome.
Naturalmente la maggior parte degli uomini dimentica le vite precedenti prima di scendere sulla Terra. I Greci chiamavano “fonte dell’oblio” quella cui beviamo prima di scendere nell’incarnazione terrestre.
Anche l’acqua ha un suo specifico significato; richiama alle ultime sensazioni che l’anima ha prima di ‘tuffarsi’ nell’incarnazione.
Il nome poi è il simbolo della propria identità – non rammentandolo egli è disconnesso dal suo destino.
Ma Thomas è diverso dagli altri ragazzi che, in fondo, si sono adattati a quella vita; capisce presto che quella non è una vita naturale, che sono tutti intrappolati in un labirinto ed è essenziale liberarsi.
Tra gli esseri umani ci sono – da sempre – quelli che si accomodano nella vita senza farsi troppe domande e quelli che vogliono comprendere il significato della propria esistenza; ci sono quelli che ritengono la Terra l’unica e sola dimora e coloro che pensano che l’attuale realtà sia solo un episodio di una esistenza più completa.
A seconda di quello che ritengono vero articolano i propri sentimenti e le proprie azioni, si sentono più o meno in sintonia con il mondo e con le ideologie dominanti.
Intorno alla radura si estende il Labirinto – che cambia ogni giorno – con i “dolenti” – Grievers – ma Thomas vuole uscire e cerca di far capire ai suoi compagni corridori – i runner – che è necessario unire le forze per andare verso la libertà.
Quando scendiamo sulla Terra abbiamo un’area di relativa tranquillità nella nostra quotidianità – la radura – intorno alla quale si estende il nostro karma – il Labirinto – che si modifica continuamente. Dobbiamo essere molto svegli, molto ‘veloci’ interiormente per comprendere il senso di quanto ci viene incontro dal destino. A ogni angolo di strada, a ogni passo che facciamo, possiamo imbatterci nell’ignoto, nell’incidente, nella sofferenza. I “dolenti” – rappresentano queste incognite del destino, o, meglio, la paura e l’ansia che noi proviamo nei confronti del futuro. Ma possiamo affrontare e vincere le nostre sfide interiori con il coraggio e con l’aiuto degli altri.
Il coraggio di Thomas viene ostacolato da chi vuole restare nella radura e vuole ucciderlo perché ha infranto le regole che i ragazzi si erano dati.
Ogni persona che intende liberare i propri simili dalla schiavitù che si sono autoimposti diventa il bersaglio dei farisei e degli scribi di ogni epoca. La legge contro l’innovazione, la regola contro la libertà.
Qualcosa – non posso dire troppo altrimenti rovino la visione del film a chi non l’avesse visto – fa capire a Thomas che tutto l’insieme è una messinscena in cui i ragazzi non sono che cavie da esperimento; c’è chi li sta monitorando costantemente. Grazie a questo troverà l’energia e le risorse per progettare l’uscita dal Labirinto.
Solo quando comprendiamo davvero che la nostra vita è un test, una prova, possiamo trovare la chiave e, di conseguenza, la forza interiore per liberarci dai condizionamenti e afferrare tutto il nostro destino e non solo quella piccola parte che si trova all’interno del labirinto della nostra esistenza terrena.
Bene, questo è il film; come si può facilmente comprendere, se questi stimoli fossero stati trattati in modo meno superficiale e scenografico si avrebbe avuto un prodotto che, magari, una volta tanto, avrebbe anche potuto far…pensare.
Ma forse è chiedere troppo.