Mai, come in queste elezioni, il re è stato nudo. Mai, nella centenaria storia degli USA, elezioni così volgari, piene di odio, violenza, colpi bassi, complotti e menzogne.
di Piero Cammerinesi
Questo è il primo elemento che colpisce ed ecco che sorge spontanea la prima domanda: “Perché un sistema così complesso e avanzato non è riuscito a dar vita – almeno a beneficio del popolo bue – ad un agone elettorale minimamente dignitoso?”
Ebbene, probabilmente perché in queste elezioni i due schieramenti – li chiameremo quello global-imperialista e quello isolazionista-protezionista – si stanno giocando, come mai prima d’ora, il tutto per tutto.
Senza esclusione di colpi.
Nel panorama globale di un mondo che si sta risvegliando dal torpore della morte degli ideali, sempre più diffidente nei confronti delle manipolazioni mediatiche ad opera delle élite, sempre più alla ricerca dei veri valori dell’esistenza, che si rivolge in misura sempre crescente alla rete, abbandonando l’influsso della televisione con i suoi persuasori occulti, le élite, le cupole che vogliono controllare il pianeta temono di avere poco tempo per mantenere il proprio indiscusso dominio.
La seconda domanda che nasce nel seguire i dibattiti tra i due sfidanti alla presidenza degli Stati Uniti è “Com’è possibile che un Paese di 320 milioni di persone, dal quale sono usciti pensatori, scrittori, poeti, scienziati e anche politici di altissimo livello, si sia ridotto a scegliere come candidati alla presidenza questi due impresentabili personaggi?”.
Trovare una risposta a questa domanda ci aiuterà a capire meglio il funzionamento di quella che si spaccia come la più avanzata democrazia al mondo, la cui ‘esportazione’ è costata milioni di vittime in tutto il mondo.
Come ho avuto modo di sottolineare nel mio precedente intervento sull’argomento, Vinca il peggiore!, chi conosce a fondo il sistema americano sa bene – per citare ancora una volta Gore Vidal – che “nel momento in cui un candidato viene considerato ‘materiale presidenziale’, lui (o lei) è stato comprato dieci volte”.
Vale a dire che le cupole di potere che hanno ‘creato’, sponsorizzato e lanciato i candidati che usciranno dalle primarie polarizzano su di loro tutte le aspettative che hanno nel Big Game che deve assicurare loro il pieno possesso dell’unica superpotenza e, di conseguenza, del mondo intero.
Queste cupole sono ormai, per tale motivo, decisamente sovranazionali, contenendo al loro interno Corporations, Lobbies, senza contare il Military-industrial Complex, nonché reti di Intelligence, alleanze e connivenze in ogni Paese del mondo.
Naturalmente, considerando la posta in gioco, è facile comprendere come i ‘finalisti’, da cui uscirà il nuovo presidente, siano sostanzialmente degli yes-man, che devono prendere ordini da chi li ha ‘creati’ e finanziati.
Fu questo il motivo per cui il giorno stesso dell’insediamento del primo mandato di Barack Hussein Obama, ascoltando il suo discorso, ma soprattutto consultando la lista dei finanziatori della sua campagna elettorale, espressi in un articolo, Obamarea, notevoli perplessità nei suoi confronti.
Fui, ovviamente, criticato aspramente in particolare da quelle ‘anime belle’ che pendevano dalle sue labbra, fiduciose che le sue parole si sarebbero trasformate ben presto in azioni.
A distanza di otto anni, come ampiamente previsto, abbiamo visto che nessuna delle sue promesse è stata mantenuta; Guantanamo non è stata chiusa, la vendita di armi è raddoppiata rispetto alla presidenza Bush, la pace – a dispetto del vergognoso Nobel che gli è stato conferito – è rimasta una chimera, sia fuori dai confini americani, con le benemerite “rivoluzioni colorate”, sia nelle strade del suo Paese, dove una polizia violenta compie stragi quotidiane, l’Obamacare, la sua riforma sanitaria si è rivelata un disastro e la crisi finanziaria del 2008 è stata gestita con un bail-out a tutto vantaggio delle banche e non dei cittadini.
Senza parlare della dissennata mattanza condotta dai droni in ogni parte del mondo anche nei confronti di cittadini americani, del rinnovo di ulteriori 4 anni del Patriot Act e dello spionaggio sistematico da parte della NSA nei confronti della popolazione americana ma anche internazionale.
Tuttavia, a sua parziale discolpa, va detto che il buon Barack Obama, nonostante le migliori intenzioni, non avrebbe potuto fare altrimenti, dato che chi ha pagato la sua elezione non si è certamente dimenticato di presentargli il conto.
Conto da saldare senza fiatare, meno di non voler fare la fine di Lincoln o dei Kennedy.
Naturalmente non solo il presidente deve essere uno yes-man; tutti i politici che arrivano a posizioni di reale potere devono essere manipolabili ma soprattutto ricattabili.
Chi conosce i retroscena sa, con matematica certezza, che è quasi impossibile che una persona onesta e senza scheletri nell’armadio possa sedere nella stanza dei bottoni.
Sarebbe troppo pericolosa.
In genere sono persone deboli, spesso con forti squilibri caratteriali, cui viene permesso ogni profitto e consentito qualsiasi vizio o perversione fintantoché seguono le direttive dei loro mandanti.
Salvo poi, se si allontanano dal sentiero obbligato, tirare fuori dal cassetto lo scandalo di turno.
Basti pensare a Berlusconi, Bill Clinton, Strauss-Kahn e molti altri.
E se non hanno vizietti e scheletri nell’armadio ma vogliono fare di testa loro?
Allora, purtroppo, fanno la fine dei fratelli Kennedy o di Sankara, tolti di mezzo senza troppi complimenti.
Pertanto, se le cose stanno in questi termini, appare evidente come le elezioni siano sempre state il classico specchietto per le allodole, utile a far credere alla gente che il votare l’uno o l’altro dei candidati possa realmente cambiare le cose.
La dialettica republican-democrat induce l’elettore, il cui candidato ha vinto, a credere di aver messo in una posizione di potere qualcuno che rappresenti le sue idee, senza accorgersi – meglio sarebbe dire volersi accorgere – che quel candidato segue ben altre direttive, impartite non certamente dal popolo ma da gruppi di potere oligarchici sovranazionali.
Per questo motivo tali gruppi non si sono mai preoccupati in modo particolare di chi avrebbe vinto le elezioni.
Tanto sono, comunque, sempre loro a vincere.
Tuttavia, questa volta, le cose potrebbero andare diversamente.
Potrebbe darsi che la tranquilla elezione del futuro presidente degli Stati Uniti, di regola già designato ancor prima che inizi la campagna elettorale, non sia questa volta così…tranquilla.
Personalmente ho sempre ritenuto – e l’ho scritto sin dalle prime battute delle primarie, seguendo i confronti televisivi dei candidati – che The Donald fosse stato tirato fuori dal cappello a cilindro dello spin doctor di turno per far ‘digerire’ al popolo americano il candidato designato alla presidenza, la mefitica Hillary.
Troppo compromessa con gli eventi di Bengasi, troppo guerrafondaia, troppo legata a doppio filo con Wall Street, con Israele, con gli estremisti arabi che fanno il gioco di Israele e di chi vuole disarticolare il Medio Oriente con una ‘guerra di tutti contro tutti’ per procura, per venir eletta senza troppi mal di pancia.
Ci voleva allora qualcuno che fosse palesemente impresentabile, che rappresentasse la pancia della gente, un po’ self-made-man, un po’ imbroglione, ferocemente anti-establishment e quel tanto che basta di maniaco sessuale in salsa razzista.
Ma soprattutto che avesse dei begli scheletri nell’armadio, pronti all’uso per pilotare la campagna al momento giusto.
Allora la gente – guidata dai pifferai di Hamelin della stampa, ormai totalmente manipolata – si sarebbe turata il naso e avrebbe votato a valanga la Clinton piuttosto di dare il voto all’istrionico Trump.
E così è stato; gli scheletri sono stati tirati fuori dall’armadio con tempismo perfetto, per poter dare a tutti il messaggio giusto: “non vorrete mica vedere alla Casa Bianca un farabutto e uno stupratore seriale come Trump, no?”.
Così il classico fair play anglosassone del pre-elezioni questa volta è stato spazzato via da una valanga d’improperi e di dichiarazioni contro The Donald. Dalla First Lady a Obama, dalle Nazioni Unite alle star di Hollywood quasi al completo, dai suoi stessi compagni di partito al mainstream media, che sta strombazzando ai quattro venti che Hillary ha già vinto, che è in testa ai sondaggi, che il risultato è ormai certo.
Ma, a quel punto, qualcosa è andato storto.